Negli anni Settanta diverse correnti artistiche aboliscono la soggettività dell’autore per dedicarsi alla ricerca di una oggettivazione dei linguaggi espressivi, indagando le caratteristiche fenomeniche e percettive di forma, colore e spazio, rifacendosi anche a due importanti studi pubblicati in Italia all’inizio degli anni Sessanta, che informavano il dibattito: quelli sulla percezione della struttura dell’immagine di Rudolf Arnheim e quelli sul colore di Johannes Itten.

Questi ultimi rimangono insuperati nell’insegnamento del linguaggio cromatico, avulso da ogni referente figurativo e significante in se stesso. Itten organizza i colori puri in un disco suddiviso in 12 sezioni che corrispondono ai 3 colori fondamentali (giallo, rosso e blu), ai 3 colori secondari (arancione, verde e viola) e ai 3 terziari, la cui disposizione circolare crea delle opposizioni sui diametri. Inoltre attribuisce ad ciascuno dei 6 colori principali un valore spaziale di quantità e descrive il fenomeno della post-immagine, per cui dopo l’osservazione prolungata di un colore si crea illusoriamente la produzione del suo contrario. Da questa geometrizzazione e matematizzazione dei rapporti cromatici nasce la possibilità di operare diversi contrasti e combinazioni nello spazio-colore.
A Trento, un gruppo di indagine ed espressione
Nella zona di Trento alcuni artisti accomunati dallo sviluppo di questo metodo fondano nel 1976 un gruppo di indagine e di espressione in cui condividere premesse ed esiti delle loro ricerche pittoriche. Sono i giovani Mauro Cappelletti (1948), Diego Mazzonelli (1943), Gianni Pellegrini (1953) e Giuseppe Wenter Marini (1944), raccolti attorno alle figure carismatiche dei due più maturi Aldo Schmid (1935) e Luigi Senesi (1938).
Nel gennaio del 1977 il gruppo pubblica il manifesto ‘Astrazione oggettiva’ e si presenta al pubblico nella biblioteca comunale di Pergine Valsugana con una cartella di sei serigrafie (cm. 70 x 100) tirate in 60 esemplari. L’improvvisa morte per un incidente ferroviario dei due artisti leader segna la prematura fine dell’esperienza comune.
I due principali protagonisti: Aldo Schmid…
Con questa mostra il MART ne ricorda il valore e l’attualità. Vediamo le opere dei due principali protagonisti.
Aldo Schmid nasce a Trento nel 1935 da una famiglia di origini viennesi, frequenta i corsi superiori all’Istituto magistrale di Trento e i corsi d’arte della Sommerakademie di Salisburgo (Austria). Il suo percorso artistico lo conduce gradualmente ad abbandonare la figurazione per dedicarsi esclusivamente al colore, di cui le opere degli anni Settanta, in mostra, testimoniano l’approdo.

Mediante due o più colori ottiene una trascolorazione graduale, fluida e continua, generando un chiarore cangiante interno al quadro. In Senza titolo (1973) una forma circolare blu cobalto su verde scuro è attraversata da un’intersezione trasparente al cui cuore pulsa un vermiglio luminoso, con effetto tridimensionale. I colori si attraggono per contrasto, come gli opposti sul cerchio di Itten, creando una tensione dinamica il cui metodo generativo inizialmente è descritto dai titoli stessi: Dal giallo al Viola, Verde/blu/giallo, Contrasto Vi/B/AR/, Contrasto Gi/AB/V. Poi si trasformano in sigle: V/BV/Gi (1975), seguiti infine da numerosi Senza titolo. Quindi alle combinazioni bicromatiche prive di intervallo visivo, accosta bipartiture e tripartiture verticali in cui le trascolorazioni si incontrano al centro nella zona della tinta carica, formando un confine netto e tagliente in cui convergono i movimenti.
Schimd dichiara che per lui “la sintesi degli opposti cromatici è lo stadio del loro annullamento ma anche la condizione del loro mutamento (…) una tensione come necessità del mutamento degli opposti cromatici che trovano nella sintesi il momento dinamico della loro trasformazione infinita”. In Non colore (1976), composto da 720 variazioni ottenute dai 6 colori principali, litografate su carta e racchiuse in un cubo di plexiglass, mostra l’aspetto più radicale del suo pensiero artistico.
… E Luigi Senesi
Luigi Senesi nasce a Pergine Valsugana nel 1938. La sua formazione artistica avviene all’Istituto d’Arte di Trento e all’Istituto d’Arte di Firenze dove, nel 1958, ottiene il Magistero in pittura murale e affresco; infine nel 1971 segue un corso di Calcografia a Urbino dove approfondisce la tecnica grafica dell’acquatinta.

Tornato in Trentino dopo l’esperienza fiorentina insegna disegno nelle scuole medie e si dedica alla pittura con una progressione che dalla figurazione lo conduce alla stilizzazione in forme geometriche primarie e quindi, negli anni Settanta, esposti in mostra, al puro colore.
In Gradualità monocromatica (1975) suddivide con una perizia strabiliante lo spazio quadrato della tela in una serie di sottili fasce che digradano dalla base verso l’alto dal nero al bianco, nuovamente al nero al centro della composizione, poi al bianco e al nero finale, tagliate da due ortogonali poste a sezione aurea dello spazio, creando sottili vibrazioni di luce.
Il rapporto tra il colore e la luce è il soggetto dei successivi lavori, realizzati con idropittura e colori acrilici, dove fasce di colori saturi si polverizzano sulla superficie con una luminosità evanescente, si intersecano e fedono lo spazio, come in Pulsazione-Trasparenza oggettiva e Trasparenza O/S RVG, (del 1976).

Quindi nelle opere successive che riprendono il motivo della scansione a sottili fasce, crea delle interferenze con fessure di luce tra i sottili passaggi tra un colore e l’altro, come in Verticali cromatiche e Margini orizzontali (1977).
Post cromatico, composto da 57 soluzioni combinatorie di colore per un unico modello grafico (1976-1978) si rivela opera riassuntiva del suo credo.
Quando entrambi gli artisti perdono la vita, rispettivamente a 43 e a 40 anni, il gruppo si scioglie, lasciando un’eredità tutt’ora attuale.
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