Testo: Giuseppe Tornatore.
Protagonisti: Glauco Mauri e Roberto Sturno;
e con: Giuseppe Nitti, Amedeo D’Amico, Paolo Benvenuto Vezzoso, Marco Fiore.
Versione teatrale e regia: Glauco Mauri.
Scene: Giuliano Spinelli.
Costumi: Irene Monti.
Musiche: Germano Mazzocchetti.
In scena al Teatro Carcano di Milano fino a 26 aprile 2015.
La stagione teatrale del Teatro Carcano di Milano si chiude in bellezza con lo spettacolo “Una pura formalità”, scritto da Peppuccio Tornatore per il cinema e adattato per le scene da Glauco Mauri, una delle personalità più affascinanti del teatro italiano, che a dispetto della sua età anagrafica (il 1° ottobre compirà 85 anni!) continua ad appassionarsi ed appassionare le platee, con una presenza scenica che incanta e sorprende. Al suo fianco come sempre l’inseparabile Roberto Sturno, con il quale Mauri fa coppia artistica dal 1981.
La storia prende il via in un misterioso commissariato di polizia, in un luogo e in un tempo non meglio identificati, in una notte di tempesta. Qui arriva uno scrittore (Sturno) che è stato trovato vagare, in stato confusionale, in un bosco, dove è stato ritrovato anche un cadavere. L’uomo è dunque sospettato di omicidio, sebbene sembra aver perduto del tutto la memoria. Ad interrogarlo è un commissario (Mauri) il quale, con la lucidità di una coscienza vigile, solo apparentemente giudicante, ma in fondo clemente e comprensiva, aiuterà progressivamente l’uomo a riconnettersi con un passato doloroso e a confessare, non tanto il suo reato, quanto la sua vera identità.
Una metafora evidente della ricerca di se stessi, che equivale all’attraversamento di una “notte di tempesta” e di prigionia, ma che porta ad un finale a sorpresa, che è l’ingresso – per il protagonista, quanto per lo spettatore – in una nuova dimensione del proprio essere, principio di una libertà fino a quel momento sconosciuta e insospettata.
La recitazione ineccepibile. L’emozione garantita. Uno spettacolo da non perdere, che verrà replicato in Italia anche nella prossima stagione. “Non credo in Dio” commenta Glauco Mauri, quando gli si chiede come mai abbia scelto un testo a sfondo metafisico “ma credo fermamente nell’essere umano”. E, francamente, si vede!
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