Il 07/12/2012 è stato pubblicato un Decreto da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che prevede la possibilità di effettuare un prelievo forzoso su tutti i detentori di Titoli di Stato di nuova emissione, con durata superiore a dodici mesi, a partire dall’1 gennaio 2013 e per importi inferiori ai 100.000 euro. In altre parole, tutte le emissioni di Titoli di Stato italiani che hanno una durata superiore a un anno sono soggette a Clausole di Azione Collettiva (cosiddette CACs). Queste clausole prevedono che i termini e le condizioni dei contratti d’investimento in Titoli di Stato possano essere modificati mediante un accordo tra l’Emittente (lo Stato o Ente collegato) e una percentuale di detentori (gli investitori). Le percentuali sono, a seconda dei casi, il 75%, il 66% e 2/3%, e, in alcuni specifici casi, il 50%. Una volta raggiunte tali percentuali le modifiche dei termini e delle condizioni pattuite a contratto, si applicano a tutti i detentori indistintamente. L’unico limite è rappresentato dal fatto che i Titoli emessi con le CACs non può eccedere il 45% dell’intero ammontare emesso nell’anno di riferimento. Sappiate però che ogni Paese europeo, in caso di necessità, potrà legittimamente ricontrattare le condizioni pattuite all’emissione, qualora dimostri di non poter mantenere le condizioni originarie (interessi e scadenze), perché considerate effettivamente insostenibili. Ciò riguarda, quindi, anche tutti i Titoli di Stato degli altri Paesi e non solo quelli italiani. Si consideri che il limite del 45% sopra menzionato, ritenuto apparentemente come parametro di tutela, può essere messo facilmente in discussione alla luce dell’attuale situazione debitoria degli Stati (soprattutto quelli periferici dell’area euro).
E’ ragionevole pensare che, in casi di forte tensione politica, economica e sociale, lo Stato non abbia difficoltà a raggiungere tali percentuali, grazie alla sua supremazia e alla forte influenza che può esercitare sulle singole parti sociali. Le suddette modifiche possono avvenire nell’importo rimborsabile, nella loro durata, nella data di scadenza delle cedole periodiche e perfino nella valuta in cui i Titoli sono denominati. Questo è il disposto della Legge.
Possiamo proteggere il nostro patrimonio?
L’obiettivo che ci poniamo in questa sede è quello, a distanza di poco più di due anni dall’emanazione di questo Decreto, di inquadrare insieme la fondatezza di tale minaccia e quali possano essere i rimedi che ciascun investitore possa adottare per proteggere il proprio patrimonio.
Innanzitutto, analizzando i contenuti della Legge, i titoli aggredibili sono solo quelli nuova emissione (dall’1 gennaio 2013 in avanti) e con durata superiore ai dodici mesi. Ciò significa che la Legge non ha effetto retroattivo e che salva l’integrità di tutti i Titoli di Stato di emissione precedente. In secondo luogo, tuttavia, dobbiamo effettivamente tenere conto che un tale Decreto legittima lo Stato ad intervenire in qualunque momento sul denaro degli investitori, a sua semplice discrezione, come e quando vuole. Ciò conferma la classificazione di queste clausole come vessatorie, nei confronti di tutti i cittadini che abbiano dei risparmi investiti in banca sotto questa forma. Abbiamo, purtroppo, ancora davanti ai nostri occhi eventi storici precedenti, che dimostrano la fondatezza di questo pericolo: basti pensare all’intervento del Governo Amato in Italia nel 1992, per arrivare ai casi più recenti di Argentina, Grecia e Cipro.
Possiamo quindi affermare che, almeno in linea teorica, il rischio c’è ed è fondato e dipende direttamente dalla volontà del legislatore.
A questo punto, ciascuno si chiederà quali possano essere le azioni e i comportamenti da tenere per difendersi con le proprie forze e creare uno scudo contro questo potenziale attacco da parte delle istituzioni.
Le strategie per difendersi
Vediamo, dunque, quali possano essere le strategie più efficaci per far fronte alla minaccia descritta dettagliatamente poco sopra.
1) Per prima cosa, è necessario ridurre la quantità di denaro liquido detenuto presso istituti bancari e finanziari al minimo necessario per il mantenimento del proprio cash-flow personale, familiare e lavorativo. La percentuale dipende, ovviamente, dal tenore di vita e dalle esigenze di ciascuno. Si tenga presente solamente che, tanto maggiore è la quantità di denaro contante e investito in Titoli di Stato detenuto in banca, tanto maggiore sarà il rischio di riduzione patrimoniale in caso di attuazione del prelievo forzoso.
2) In secondo luogo, sarà meglio orientare i propri investimenti in beni reali, quali metalli preziosi, come oro e argento o immobili.
3) Sarebbe preferibile investire in quote societarie e partecipazioni in capitale di rischio aziendale, perché proteggono da interventi di appropriazione indebita da parte dello Stato.
4) Almeno parte del proprio denaro andrebbe portata all’estero, sotto forma di quote in società fiduciarie, indipendenti dal sistema bancario o di Trust, soprattutto qualora l’ammontare del proprio patrimonio sia cospicuo.
Per coloro che avessero timori sulla liquidabilità dei propri investimenti, qualora fossero detenuti in forma diversa da quella comoda e facilmente monetizzabile dei Titoli di Stato, mi permetto di far riflettere sul fatto che spesso e volentieri tali investimenti vengono detenuti anche per diversi anni nella stessa forma (si pensi ad esempio ai BTP a 5/7 anni), vale a dire nel medio-lungo periodo. Ciò significa che questa porzione del proprio patrimonio può essere tranquillamente detenuta in forme diverse, offrendo al detentore una solida e costante tutela del proprio denaro.
Fortunatamente, anche grazie a Internet, la cultura finanziaria della popolazione sta crescendo molto rispetto al passato e ci sono sempre maggiori opportunità per conoscere sempre più e sempre meglio queste forme alternative d’investimento, che sono ormai alla portata di tutti e non solo destinate a pochi privilegiati.
Occorre però un nuovo tipo di approccio e una nuova mentalità verso il proprio denaro, che richiede maggiore impegno da parte dei risparmiatori che decidono di delegare la gestione dei propri investimenti a terzi soggetti, soprattutto nella fase di valutazione degli esperti finanziari che prenderanno in carico la gestione del proprio patrimonio, in fiducia e sicurezza; e maggiore impegno per coloro che opteranno per il fai da te, perché le competenze oggi richieste non sono più così facilmente acquisibili. Il compenso, però, per tale impegno e attenzione verso il proprio denaro, sarà quello di riuscire a proteggerlo e a mantenere e conservare nel tempo a beneficio dei propri eredi e delle generazioni a venire. Ciò contribuirà, in questo modo, allo sviluppo di conoscenze che né a scuola, né in altri contesti vengono insegnati, per evidente interesse di coloro che esercitano il potere politico e che si arrogano il diritto di decidere il destino di tutti noi, semplicemente perché detentori del potere legislativo.
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