Martedì 21 ottobre si è svolto a Milano il Lang Philantropy Day, promosso dalla Fondazione Lang Italia, la cui anima ispiratrice è stato il Presidente Tiziano Tazzi con tutto il suo staff di professionisti e collaboratori.

Ospite d’onore della giornata è stato l’antropologo americano David E.K. Hunter, oggi consulente a livello internazionale per finanziatori e organizzazioni sociali, attive nel settore pubblico e non-profit, che aiuta a sviluppare strategie orientate ai risultati, seguendo le regole della Theory of Change (modelli per il successo).
Gli altri relatori del Convegno erano Dominique Corti, Presidente della Fondazione Piero e Lucille Corti, Claude Frosio, Responsabile della Divisione Wealth and Tax Planning della Fondazione di Bank Vontobel AG, e Federico Moro, Fondatore della Fondazione Robert F. Kennedy Europa.
Filantropia, ovvero amore per il prossimo
Prima di tutto cerchiamo di definire il concetto di Filantropia: con questo termine, che risale al XVI secolo, s’intende amore (in greco philia) per il prossimo (àntrophos, gli uomi), che induce a compiere atti di solidarietà. I filantropi, pertanto, sono coloro che aiutano concretamente il prossimo. Filantropo è stato senz’altro il noto personaggio della Bibbia, il “buon samaritano”, ma lo sono anche tutti coloro che offrono ogni tipo di risorsa, personale, culturale o finanziaria, al servizio del prossimo o per uno specifico scopo sociale. Esistono, infine, coloro che hanno scelto di far diventare tali finalità una vera e propria professione, creando organizzazioni cosiddette “non-profit”. La cosa più bella e che chiunque era presente, come me, al Lang Philantropy Day, ha potuto respirare e toccare con mano, è stata l’enorme energia sviluppata dagli individui che si dedicano a tali attività e la tenacia con cui, quando i valori in gioco sono la salute e il benessere sociale dell’uomo, sono in grado di esprimere per perseguire l’obiettivo finale.

Ma proprio qui emerge l’aspetto più interessante e innovativo di quest’area delle attività umane e che tutti i relatori di questa giornata, primo fra tutti David E.K. Hunter, hanno condiviso con il pubblico presente: un nuovo concetto “efficiente” di Filantropia. Per troppo tempo, infatti, a fronte di obiettivi sociali di inestimabile valore, sono susseguiti una serie di progetti che hanno avuto un impatto trascurabile o addirittura nullo a livello sociale ed economico, con la relativa perdita delle risorse finanziarie ad essi dedicati. Attraverso la Theory of Change, David Hunter analizza nella sua esposizione un modello teorico ad alta applicabilità, che permette a tutti coloro che lo mettono in pratica, dai finanziatori individuali alle Fondazioni, alle organizzazioni non-profit e agli Stati stessi, di realizzare un progetto non-profit in modo ben organizzato e strutturato, mantenendo il focus dell’obiettivo finale ed evitando di perdersi per la strada o di ridurre o annullare la relativa efficacia. Infatti, se un’idea non è seguita da un progetto che aiuti a realizzarla, è come se mancasse il “come”. Nei soli Stati Uniti ogni anno viene speso un trilione di dollari nel sociale, ma purtroppo i risultati sono solo del cinque per cento.
Nei soli Stati Uniti ogni anno viene speso un trilione di dollari nel sociale, ma purtroppo i risultati sono solo del cinque per cento.
Secondo Hunter, l’obiettivo principale della Filantropia è quello di studiare il modo migliore su come fare “bene sociale”. Purtroppo le ultime stime effettuate, hanno prodotto come risultato che l’88% dei soldi stanziati non produce soldi, sono solo una perdita secca e irrecuperabile. Su cinque programmi filantropici intrapresi, il primo ha prodotto un risultato del tutto trascurabile (5%) e gli altri si sono esauriti completamente nell’arco di soli tre anni. Risultato: non sono state più effettuate donazioni su programmi. Ora l’investimento viene effettuato solo di fronte ai risultati. David Hunter conferma l’importanza dell’outcome finale, cioè “occorre avere sempre dei precisi risultati quantificabili da raggiungere”. Deve essere sempre chiaro l’importante aspetto dell’organizzazione della struttura e le sue caratteristiche peculiari, con lo scopo finale di ottenere maggiore successo con minori fallimenti. La sua ricetta è: “ridurre le strategie e focalizzarsi sulla Theory of Change”. E’ importante creare una leadership preparata e adatta all’iniziativa e investire in modo oculato sulla base dei risultati che ci si pone di raggiungere. Altrettanto importanti dovranno essere le evidenze contabili del Progetto intrapreso, quantificandone azioni e ritorni economici. A titolo di esempio, le spese generali dovranno avere un’incidenza almeno del 30-35% sul totale delle spese messe a bilancio, diversamente non si arriverà al risultato. La redazione di un adeguato Business Plan permetterà di applicare un efficiente monitoraggio dell’attività svolta.
I tre principi cardini della Theory of Change
A partire dagli Stati Uniti d’America la Theory of Change ha già ispirato parecchi progetti in varie parti del mondo e lo farà sempre più perché, come tutti i modelli validi e già testati sul campo, permette di ottenere i migliori risultati. Non è nell’intento di questo articolo approfondire i dettagli di questa teoria, al cui studio ed approfondimento rimando il lettore alla lettura del libro sopra indicato; tuttavia enuncierò i principi cardine su cui si basa, allo scopo di aiutare il lettore a capirne i fondamenti. Il sistema si basa essenzialmente su tre grandi pilastri: 1) la performance leadership, ovvero il comando legato al risultato degli obiettivi; 2) il sistema di gestione; 3) la produzione di formazione e conoscenza.
Come si può facilmente comprendere, la sua struttura è semplice ed fondamentale al tempo stesso, perché a monte del progetto, richiede una guida efficace, che conduce al risultato (punto 1), un sistema gestionale adeguato, secondo un preciso modello di contabilità e budgeting (punto 2), e infine l’osservazione e la rilevazione quantitativa dei risultati ottenuti sul campo (punto 3).
Il Convegno è continuato con l’intervento di Tiziano Tazzi che ha esposto dettagliatamente la realtà attuale italiana, iniziando dall’affascinante storia della Fondazione Lang e continuando poi soffermandosi sull’importante effetto in valori finanziari di un aumento di efficienza nel Terzo Settore. Tazzi ha anche richiamato l’attenzione degli spettatori sull’efficacia di lavorare “in rete”, cioè la creazione di un vero e proprio “network” tra i donatori, favorendo le collaborazioni e potendo offrire in questo modo flussi costanti e crescenti di risorse economiche su tutto il territorio nazionale, evitando sovrapposizioni. Ha introdotto il concetto di SROI (Social Return On Investment), ormai condiviso ed utilizzato su sempre maggiore scala da Fondazioni e Organizzazioni non-profit. Tazzi ha infine offerto un’evidenza quantitativa degli enormi effetti positivi che i concetti della “Nuova Filantropia” potranno offrire a questo settore, considerando i soli benefici sociali e non tenendo conto dei benefici sulla salute, fattore, questo, che dà ancora maggior peso a questi effetti.
Il terzo relatore intervenuto nella giornata è stata Dominque Corti, figlia di Piero Corti e Presidente della Fondazione Piero e Lucille Corti, nata nel 1993 con lo scopo di offrire il sostegno e l’assistenza del St. Mary’s Hospital Lacor, situato a Gulu, nel cuore dell’Uganda. Dopo toccanti testimonianze legate alla nascita e alla storia della Fondazione, curata con anima e corpo dai propri genitori e alle sfide affrontate per diventare la realtà di riferimento per la sanità e il benessere degli abitanti della città di Gulu e delle zone limitrofe, ha passato la parola al responsabile finanziario della Fondazione, Laura Suardi, che ha dettagliatamente riassunto i cardini del successo ottenuto dalla Fondazione Corti semplicemente applicando i concetti della Nuova Filantropia. Successivamente il Dott. Claude Frosio, Responsabile della Divisione Wealth and Tax Planning della Fondazione di Bank Vontobel, ha esposto la realtà delle Fondazioni svizzere, soffermandosi sui benefici fiscali che molte di esse riescono ad ottenere grazie a questa attività, unendoli al profondo contributo al bene sociale ed economico che esse offrono nel territorio elvetico. Ha inoltre sottolineato la forte e costante crescita dell’interesse per questo settore, riscontrata non solo in Bank Vontobel, ma in tutta l’area d’oltralpe. Infine, Federico Moro, fondatore della Fondazione Robert F. Kennedy Europa, è intervenuto con un’interessante analisi tecnica sull’approccio applicato nella Fondazione cui ha dato vita, specificandone gli aspetti strutturali con cui è stata organizzata, quali la propria vision, la propria mission, i sostenitori cui essa è rivolta e gli strumenti normativi utilizzati per ottenere i migliori risultati in ambito europeo (marchio europeo e regime fiscale adottato, in ottemperanza al Regolamento Fondazione Europea). Anche qui si torna con decisione ai postulati della Theory of Change e ai propri parametri valutativi, poiché lega la performance della Fondazione ai concetti di benchmark e di rating, parametri ritenuti essenziali nelle strutture aziendali di altri settori operativi.
Tutto questo, implicando un approccio del tutto nuovo e avanzato in questo settore, richiede uno sforzo psicologico da parte di tutti gli operatori di un progetto filantropico, affinchè vengano soddisfatti questi princìpi, perché rientrano in un campo di attività dove è il cuore ad essere il motore principale del loro sviluppo e dove, d’ora in poi, occorrerà ragionare e comportarsi anche con la mente. Questo approccio, sia ben chiaro, non va assolutamente a ledere o ridurre gli effetti di uno slancio spinto dall’amore verso il prossimo, anzi, lo stimola e lo potenzia.
Qui non si tratta di sacrificare il cuore per il cervello o di asservirne i propri nobili intenti, ma di rafforzare la sua potente energia costruttiva, già insita nell’uomo, per arrivare veramente, nel modo migliore e più efficiente possibile, ai risultati desiderati all’inizio.
Il precedente modo di pensare della Filantropia portava a snobbare questo approccio scientifico, perché lo vedeva come una minaccia ai sacri valori cui si ispirava; purtroppo non teneva conto che cuore e mente possono viaggiare insieme, fianco a fianco, in pieno accordo e arrivare a braccetto alla destinazione finale. Questo è il contenuto della Filantropia moderna e degli argomenti che tutti i relatori hanno esposto concordemente al Lang Philantropy Day e che, seppure nell’ambito della propria area di competenza, hanno voluto trasferire al pubblico. Vi confesso che, ascoltandoli attentamente, chiudendo gli occhi ho immaginato la gioia e il benessere di tutte quelle persone che hanno beneficiato e in futuro beneficeranno dei risultati di questi lodevoli progetti. Per il piacere di sentire le notizie dei mass-media che echeggeranno in tutto il mondo, parlando del successo dei progetti filantropici al servizio dell’umanità, sentivo dei forti brividi di emozione e calore, al pensiero che tutto ciò sia possibile con il nuovo concetto di Filantropia. Questo è il passo che ora viene chiesto alla Società e a tutti coloro che la compongono, Governi compresi, perché è venuta l’ora di lavorare in tutti i campi sulla gestione e la razionalizzazione degli sprechi, piuttosto che nella continua ricerca dell’accumulazione e della crescita ad ogni costo. I protagonisti della nuova Filantropia l’hanno perfettamente compreso e sono tutti concordi nel pensare e agire in questa direzione. Ora, la sfida più importante sarà quella di abituare persone e istituzioni a ragionare in questo modo e a offrire una formazione adeguata a tutti i protagonisti, presenti e futuri, che vi operano quotidianamente, dai leader e i manager direzionali fino al più semplice dei collaboratori. Questi ultimi svolgono un ruolo importante, perché sono proprio coloro che danno forma ed efficacia alle attività, visto che sono sempre sul campo.
Vivere la Filantropia in questo modo permetterà una maggiore cooperazione a tutti i livelli e massimizzerà la condivisione della conoscenza manageriale sperimentata con successo in altri campi; solo che qui, in gioco, non è la sola realizzazione di un sogno imprenditoriale, ma il bene comune e il progresso dell’uomo e della società.
Per saperne di più:
Sulla Theory of change: David E.K. Hunter Working Hard Working Well – Guida Pratica al Performance Management (Ed. Lang Italia).
Sito web: www.dekhconsulting.com
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