di Cristina Penco. Il futuro – personale e collettivo – fa paura a tutti, ma soprattutto ai giovani.
Stress, inquietudine, tristezza, angoscia, paura per il futuro, un tormento che può sfociare in veri propri stati depressivi. Non più il desiderio di fare progetti di vita, ma l’affanno di chi deve fare tutto ora, perché poi non c’è più tempo. Sono tante, in tutto il mondo, le persone sempre più preoccupate per il cambiamento climatico e la salute del pianeta, a tal punto che, già da qualche tempo, si parla di ecoansia: si tratta di un vero e proprio disturbo psicologico che affligge soprattutto gli appartenenti alla cosiddetta Generazione Zeta – i nati dal 1995 al 2010 (o dal 1997 al 2012, in base ad altre classificazioni) – e che è legato alla condizione degli ecosistemi, gravemente danneggiati dalle variazioni delle temperature e dei modelli meteorologici.
Paura del futuro

A luglio 2023, durante un dibattito organizzato nell’ambito del Giffoni Film Fest, la storica manifestazione dedicata al cinema per ragazzi in provincia di Salerno, Giorgia Vasaperna, scrittrice e attrice catanese under 30, rivolgendosi al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – che si è commosso – ha ammesso tra le lacrime di soffrire per l’appunto di ecoansia e di non voler mettere al mondo dei figli in un contesto globale così precario e pieno di rischi. La testimonianza di V asaperna è stata l’espressione di un disagio che la accomuna a molti altri suoi coetanei. Sconforto, ansia generalizzata e mancanza di visione del futuro sono stati acuiti dagli anni della pandemia, in cui, tra l’altro, molti sostenitori adolescenti e ventenni dei “Fridays for Future” – un movimento globale nato per sensibilizzare l’opinione pubblica e richiamare l’attenzione sulle questioni legate ai cambiamenti climatici e all’urgente necessità di adottare misure per combatterli, lanciato dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg – non hanno potuto scendere nelle piazze per riunirsi com’erano abituati a fare, in momenti di condivisione, protesta e supporto collettivi. Un malessere, il loro, peggiorato dopo l’emergenza sanitaria, tra crisi economica, incertezza, inflazione e prospettive buie in vista del domani.
Temperature record

La temperatura media globale di luglio 2023 è risultata la più elevata mai registrata per qualsiasi mese. Durante lo stesso periodo, le temperature medie globali della superficie marina hanno continuato ad aumentare, dopo un periodo prolungato di temperature straordinariamente alte a partire da aprile 2023, raggiungendo livelli record al culmine dell’estate.
Questi dati sono stati rilevati dal Copernicus Climate Change Service (C3S), un programma condotto dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea con il sostegno dei fondi europei dell’Unione.
In particolare, luglio 2023 è stato 0,72°C più caldo rispetto alla media di luglio 1991-2020, 0,33°C più caldo rispetto al precedente “primato” di luglio 2019 e ben 1,5°C più caldo rispetto alla media del periodo tra il 1850 e il 1900. Onde di calore sono state riscontrate in varie regioni dell’emisfero settentrionale, compresa l’Europa meridionale, ma anche in numerose aree del Sud America e in gran parte dell’Antartide.
Luglio 2023, poi, si è concluso con violenti temporali soprattutto nella parte nord-orientale dello Stivale, tra grandinate anomale, bombe d’acqua, trombe d’aria, tempeste di vento accanto a ondate di caldo torrido, eventi praticamente raddoppiati di oltre l’80% rispetto allo stesso periodo del 2022 (dati dell’Eswd, European Severe Weather Database).
I ghiacciai

Nel cuore delle Alpi, in alta Valmalenco, il ghiacciaio Fellaria è apparso come uno dei tanti simboli del cambiamento climatico dell’ultima estate. Nelle giornate più calde, enormi blocchi gelati hanno continuato a staccarsi dalle grotte della “vedretta”, la parte più bassa della struttura, galleggiando nel laghetto quasi fossero piccoli iceberg. Qualcosa di analogo sta accadendo anche in altre parti dell’arco alpino, dal Monte Rosa alla Marmolada.
Lo status attuale dei ghiacciai nazionali e globali è una delle cartine di tornasole del climate change in atto. Da uno studio pubblicato da poco su Nature e guidato dal Conservatorio delle Aree Naturali dell’Alta Savoia di Annecy, in Francia, emerge che la Terra così come la conosciamo si sta trasformando a un ritmo sempre più veloce. Entro il 2100 la metà delle terre ora coperte da ghiacciai – escludendo Antartide e Groenlandia – potrebbero essere rimpiazzate da nuovi habitat.
Un’altra ricerca pubblicata su Plos Climate, condotta sotto la supervisione di Amy Cassandra Wrobleski dell’Università Pennsylvania State, evidenzia come quasi 800 specie di piante e licheni siano a rischio di estinzione a causa di fattori quali il riscaldamento globale provocato dall’uso di combustibili fossili, la deforestazione e altre attività umane solo negli Stati Uniti.
Ambiente e salute mentale

Il termine ecoansia è stato coniato per la prima volta nel 2017 dall’American Psychological Association che l’ha definita come una forma di preoccupazione costante riguardante il deterioramento dell’ambiente naturale.
Nel corso del 2019 ondate infuocate di calore e vari episodi catastrofici legati al clima, dai diluvi torrenziali e improvvisi all’intensa siccità fino a incendi diffusi, hanno occupato le prime pagine dei giornali e le aperture dei notiziari in tv e online.
L’eco-ansia ha avuto un’ampia diffusione in Occidente, eppure, nonostante ciò, sono i Paesi in via di sviluppo ad aver subito finora i maggiori impatti dei cambiamenti climatici. Studi sulla salute mentale condotti dalla Groenlandia all’Australia, inoltre, hanno dimostrato un aumento segnalato di stress e depressione correlati al clima.

Aumentano le richieste di aiuto
Significativamente, negli ultimi mesi, è cresciuto l’interesse per il Good Grief Network, un’organizzazione statunitense che coordina gruppi di supporto per coloro che soffrono di eco-ansia. Nuove sedi dell’ente sono state istituite in diversi stati.
Nel Regno Unito, la Climate Psychology Alliance, un gruppo di professionisti della psicologia che si occupa di questioni legate al clima, ha registrato numerosi allarmi e richieste di supporto terapeutico.
Caroline Hickman, psicoterapeuta e membro della stessa Climate Psychology Alliance, ha spiegato che l’ecoansia “non è una patologia da curare, ma una risposta sana a una minaccia reale”, aggiungendo che molti Gen Z, e non solo, cercano aiuto per sviluppare una maggiore resilienza emotiva.
Sono messi alla prova per i genitori, che si trovano spiazzati e incerti, non sapendo bene come riorientare la loro guida e i loro consigli. Perché una cosa è certa: non è sufficiente provare a rassicurare i ragazzi dicendo che tutto andrà per il meglio, senza proporre alternative concrete e valide.
Nuove sfide

Ha spiegato Katia Marilungo, presidente dell’Ordine degli Psicologi delle Marche, in riferimento agli accadimenti legati al cambiamento climatico: «Oggi questi episodi irrompono nella vita quotidiana di ciascuno di noi – portando a sentirsi vulnerabili e suscettibili, di avvertire di non avere il controllo della propria vita, con una generale tendenza alla tristezza».
La paura non riguarda solo l’immediata possibile ripercussione per la propria incolumità o i beni, ma porta a mettere in discussione anche il futuro: «Ci sono giovani che tendono a sospendere varie progettualità di vita, come trasferirsi per motivi di lavoro, acquistare una casa, programmare vacanze e addirittura mettere al mondo figli perché in balia dell’eco-ansia. Pensare al futuro per alcuni rischia di diventare una vera sfida», ha proseguito Marilungo. Tra i rimedi consigliati ci sono la ricerca di sostegno da amici, familiari o da psicologi per consulenze ad hoc, ma in aiuto possono venire anche la meditazione, l’esercizio fisico, la riduzione dell’accesso a notizie negative o persino la partecipazione ad azioni di attivismo climatico.
Ecopsicologia

Occorre una prospettiva nuova, al passo coi tempi, con cui sfidare la crisi ambientale dei nostri giorni. Un’idea che tenga conto della questione esistenziale sottostante tutti i ragionamenti sull’ambiente e sulla sua tutela: chi è l’essere umano e qual è il suo posto nel mondo? Sono domande chiave per capire come possiamo e dobbiamo intervenire in fretta se vogliamo trovare soluzioni inedite in grado di riorganizzare in maniera sostenibile la nostra presenza e la nostra azione sulla Terra.
E sono quesiti di fondo che caratterizzano l’ecopsicologia, nata nel 1989 all’interno dell’Università di Berkeley. In Italia la insegna Marcella Danon, psicologa, formatrice e giornalista che ha fondato e dirige a Osnago (Lecco) “Ecopsiché – Scuola di Ecopsicologia” ed è docente della materia nel Corso di laurea in Scienze e tecniche psicologiche presso l’Università della Valle D’Aosta. Questa dottrina si rifà alla concezione sistemica della vita – elaborata, tra gli altri, dal fisico e filosofo Fritjof Capra – per proporre una nuova visione della relazione tra uomo e natura in cui la seconda diventa un punto di partenza e di arrivo di un percorso di crescita personale del primo.
L’ecopsicologia viene presentata come una “psicologia del noi” capace di stimolare un senso di collettività più ampio attraverso strategie concrete applicate in ambito terapeutico, educativo, ambientalista, formativo e comunitario. È un invito ad agire, a fare qualcosa perché tutto quello che sta accadendo ci riguarda in prima persona. “Occuparsi della salute del Pianeta significa guarire le nostre ferite e prenderci cura di noi stessi significa rispettare la Terra”, si afferma nella presentazione del libro di Danon, Ecopsicologia. Come sviluppare una nuova consapevolezza ecologica, pubblicato da Aboca nel 2020.
Consapevolezza

Un altro testo interessante a proposito di queste tematiche è quello, più recente, di Matteo Innocenti, Ecoansia. I cambiamenti climatici tra attivismo e paura (Erickson, 2022) in cui l’autore, medico chirurgo, psichiatra, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e terapeuta EMDR, dopo aver illustrato le principali conseguenze psicologiche del cambiamento climatico (come stress post-traumatico, ansia e depressione), propone alcune strategie utili per ridurne gli effetti sull’esistenza e sulla salute delle persone.
A partire da un presupposto: prendere coscienza del proprio senso di sgomento di fronte agli effetti disastrosi del climate change è il primo passo per modificare il proprio modo di vivere. Un esempio è la biofilia, cioè la ricerca attiva di armonia nell’interazione individuale e collettiva con la natura, per volgere in positivo l’ecoansia e trasformarla in amore per quello che ci circonda.
Per saperne di più:
Giorgia Vasaperna, la ragazza che ha fatto piangere il ministro: video
AGI, agenzia Italia: Luglio, nuovi record temperature globali
Fonde il ghiacciao Fellaria: Video di Repubblica tv
Scioglimento dei ghiacciai in Italia: Tg4 Sky
ANSA: Allarme ecosansia, a rischio i giovani
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