Cerchio Demofilo Fidani. L’importanza della consapevolezza di “essere” nella Luce, per poi poter agire e amare
Non si può prescindere dalla gioia di essere, quando per “gioia” si intende consapevolezza, presenza e infinita voglia di amare. D’altro canto, se voi considerate queste cose marginali, sentite allora che la vita non ha più un valore. Come potete amare, se non capite di essere? E come potete essere, se non amate? Forse pensate che, facendo delle cose, voi potreste anche trovare una soddisfazione, ma sono cose così futili di fronte a quella che è la gioia immensa che è nelle vostre mani! Io non sprecherei un tesoro per una cosa di nessun valore.
Perciò il tema che vorrei proporvi è il tema fondamentale: se noi non partiamo dall’essere, non potremmo certo giungere al fare o a dare un significato all’agire o a spiegare poi in tutti i meandri possibili quelle che sono le complicazioni della vita sulla Terra. Se io non sono consapevole di essere, io non vivo, ho un’illusione, che poi avrò modo di rileggere, che potrà darmi tante cose, ma forse è meglio non abbandonarsi a delle illusioni per accorgersi poi che erano tali. Forse è meglio fin dall’inizio capire dove sta quella Luce.
Ecco, allora partiamo da questo punto, fratelli: come si può essere nella Luce. Quello che posso dirvi è questo, non posso certo insegnarvi come comportarvi, non è questo il mio compito.
Ognuno ha la sua responsabilità e ognuno fa giustamente le sue scelte, ma quello che posso dirvi è che la Luce è la coscienza e tutto ciò è l’essenza, dalla quale si dirama tutta l’esperienza. Se voi non collegate la vostra esperienza alla coscienza, allora cosa vi produrrà questo agire? Non lo so.
Temo che avrete poi modo di rivedere e capire che non tutte le azioni sono utili, anche se, come tante volte abbiamo detto, l’utile si ricava anche dall’inutile e l’errore non è mai un errore, ma è pur sempre un’esperienza.
Eppure ci sono varie qualità di esperienza: perché scegliere quelle meno ricche? Una scelta potrebbe essere anche un po’ più consapevole. Io dico questo, fratelli, perché vedo che molti esseri si agitano, soffrono e ignorano il loro essere.
Cercano delle cose e non hanno la coscienza di essere, se non come qualcosa che si manifesta con delle necessità e a volte anche con degli obiettivi, ma come può essere questo, quando la tua coscienza più profonda, quella dell’anima, come la chiamate voi, dell’essere spirituale, come dite, non è presente?
Ecco, questo è il punto. Non basta saperlo, non basta parlarne; forse anche leggere o scrivere libri non basta proprio, fratelli. Occorre entrare nel profondo di questo essere fino a sentirne il palpito e, quando questo palpito si manifesta, allora la gioia fiorisce, fratelli.
La gioia fiorisce come un albero che sale verso il cielo e non ha bisogno di motivazioni esterne, ha in sé la sua linfa; non trae le sue energie dalle cose, ma le illumina, le vitalizza e irradia nelle cose l’energia che l’anima ha in sé.
Ma, se questa energia voi la tenete chiusa, essa non può manifestarsi, e come può allora la vita sorridervi, quando attende da voi la forza per manifestarsi?
E voi la cercate invece come se fosse nelle cose. Questo, diciamo, è il punto cruciale di chi sceglie l’esperienza della materia, perché la materia, come dice la parola, è soltanto un’energia passiva, che pure ha una sua carica consistente, ma altro non attende se non di essere da voi plasmata in un’esperienza dove la coscienza dà forma e significato.
Quando invece voi pensate che le cose abbiano un loro valore, un loro contenuto e credete che possano in qualche modo appartenervi, voi perdete il bene che è nell’anima.
Ecco, questo è qualcosa che l’uomo tende a fare, perché la materia ha il suo peso e non si lascia così facilmente guidare, finché la coscienza non raggiunge un certo livello: allora la materia obbedisce, perché la materia è al servizio dello spirito, non è lo spirito sottoposto alla materia. Non siete voi che dovete soggiacere alle cose, però occorre raggiungere un certo livello vero, reale, di consapevolezza. La materia aiuta a questo.
Quando voi siete infelici e insoddisfatti, è il messaggio che la materia vi amplifica, dicendo: «Che cosa ti manca, fratello, dal momento che io posso anche sfamarti, arricchirti e soddisfarti?».
Ma tu non sei felice, fratello. La materia aiuta, perché, essendo lì proprio come elemento di esperienza, non ci inganna, ma ci suggerisce di andare più in profondità nel nostro agire.
Se noi invece non lo facciamo, la materia sembra ostile, ma non lo è affatto. Non è mai ostile, perché tutto concorre al bene, voi lo sapete. Non c’è nulla che contrasta, tutto è in un disegno perfetto e, quando voi sentite che c’è qualcosa che fa attrito, è perché c’è un suono che vi parla e sta a voi decifrare le sue parole.
Perciò, fratelli, ecco il tema centrale, quello di essere e non di fare soltanto. Io vi dico questo non perché sia così saggio: anch’io ho vissuto tante vite, tante volte ho provato la materia come qualcosa che mi allontanava dallo spirito, ma poi a un certo punto, proprio perché ha un suo limite, essa mi diceva: «Fratello, ora che bene hai soddisfatto questo tuo desiderio, ma è proprio questo che tu volevi?».
E io dicevo: «Ma io non so cosa desidero. Pensavo che, realizzando questo mio obiettivo, sarei stato contento, ma mi rendo conto che non lo sono più di tanto». E allora la materia mi diceva: «Perché tu non mi hai usato nel modo corretto.
Hai voluto pensare che io fossi un fine, ma io sono un mezzo, un mezzo perché tu possa vedere la tua luce interiore». Allora io ho domandato: «Ma come vedo la mia luce interiore?». «Semplicemente, fratello, ascoltando il tuo cuore».
Il tuo cuore ti dice che non sono parole vane quelle che la tua bocca pronuncia, quando a volte ti fa invocare Qualcuno che la tua mente forse ostacola. Quando la tua bocca dice: «Signore, se tu esisti, fa che io mi accorga della tua presenza», ecco è il tuo cuore che parla attraverso la bocca, fratello.
Quelle sono parole che salgono spontanee e tu quasi non le senti e non ti accorgi che stai pregando, ma cerchi ancora nella materia la tua soddisfazione. Non capisci nemmeno come la natura attraverso di te ti spalanchi all’universo, ma tu continui a pensare che queste siano cose così lontane e così astratte, mentre è l’unica realtà, che ti costituisce.
Ecco, fratelli. Io parto da questo, perché potremmo parlare di molte cose, ma non si può escludere quello che è il centro di tutto: il tuo essere! Come puoi, fratello, trascurare il tuo essere, immergendoti in situazioni che ti sembrano così reali da sentiti infelice!
La tua infelicità nasce dal fatto che il tuo essere è trascurato, non dal fatto che le cose siano ostili o comunque “complesse”, come a volte dici. Tu stai dimenticando perché hai scelto la tua esperienza e, se dimentichi il fine, come puoi usare il mezzo correttamente?
Ecco, quindi questo è il punto su cui insistere, perché non basta parlarne, ma occorre sentirlo come un alito forte che chiede spazio, come un bisogno vero che finalmente si manifesta, in cui ti riconosci e dici: «Ecco, qui io sono. Io sono qui, non sono in quelle situazioni. Ho la Luce nel cuore. Ho tutto. La mia gioia è che io esisto».
Capite che allora quello che i Maestri dicono da sempre, “salvezza dell’anima”, “ricchezza di sentimenti”, “felicità”, non sono termini così vuoti, ma potrebbero essere pieni, se tu li vivessi nella tua interiorità; mentre sono così astratti e inafferrabili, perché sembrano in qualche modo legati a un mondo superiore rispetto a quello che percepisci come realtà, la quale è soltanto un’illusione transitoria, che ti lascerà alla fine solo ciò che tu hai immesso di coscienza nel tuo agire.
Ma, se non immetti coscienza nell’agire, essa ti lascerà questo vuoto, su cui riflettere, eppure sarà un’esperienza non disprezzabile, ma nemmeno tanto augurabile.
Ecco, fratelli, perciò io vi invito in questo momento a sentire questo soffio dentro di voi: non è un pensiero, non è un sentimento, non è un concetto, è un palpito, è un soffio che è dentro di voi, è il vostro esistere.
Questo è il punto da cui affacciarsi al mondo della materia. Si vi guardate attraverso questa lente, vedrete che avete già tutto, potete solo alzare le mani al cielo e dire: «Grazie, Padre, io esisto e questo è un dono meraviglioso!
Come potrò goderne? Non mi manca nulla. Dovrò soltanto effonderlo e condividerlo, rendendolo ancora più bello attraverso la comunione con i fratelli. È questo che tu mi doni, un’esperienza di espansione di coscienza attraverso la condivisione con i fratelli».
Ecco il motivo per cui scendo qua sulla Terra. Non faccio altro che questo: rendere più chiara la mia coscienza e la mia capacità di amore. Perché coscienza è amore, non è un insieme di pensieri: anche questo è un punto che non sempre è chiaro.
Sembra infatti che la coscienza sia, per così dire, un archivio di pensieri, dove tanto più sono i pensieri, tanto più la coscienza è espansa, mentre in realtà non è proprio così. Basta solo un pensiero e dire: «Fratello caro, tu sei parte di me e io di te, e Dio è noi», e questo pensiero è già sovrabbondante.
La coscienza non è pensiero, la coscienza è amore, è dire: «Io gioisco, perché sono». Questa è la coscienza. Se non c’è questo, è solo la mente, che raccoglie tutto e somma tutto e dà l’idea di conoscere, ma non è così, fratelli: conoscenza è un’altra cosa.
La sapienza è fatta di amore, non di sagge massime o di pensieri profondi, i quali possono sempre derivare, ma sono così piccoli rispetto all’amore, che potrebbero anche mancare.
Perciò il silenzio è molto più profondo che non un pensiero saggio. Credetemi, vi dico questo, perché a volte si pensa che la coscienza sia un archivio di conoscenza, ma non è così.
Tutto si perde, tutto fluisce, le vite scorrono come l’acqua. Nulla si conserva che non sia prezioso, come l’essenza stessa, che mai viene meno. Ma le forme mutano, il sapere è un’illusione, mentre amare è una realtà, fratelli. Sentire Dio nel cuore è coscienza. Non c’è altro.
Non c’è un fine, non c’è uno scopo, ma essere e basta. Anche se il divenire ci sembra una cosa così tangibile, voi sapete bene che non è così, ma occorre questa illusione, perché attraverso la fusione di due opposti l’uno risulti come assoluto.
E l’Assoluto in quanto tale non ha opposto, ma è comunione e infinito sentire di coscienza, di cui noi siamo una piccola parte, una scintilla di coscienza, che ha la possibilità di gioire e di amare.
Non c’è altro. Le situazioni sono soltanto delle mutevoli circostanze, perché la coscienza possa sempre più approfondirsi, anche se è già profonda, ma richiede da parte nostra un’adesione, un “risveglio”, come viene detto, una capacità di essere quello che sei. Ecco l’insegnamento: «Sii quello che sei».
Non c’è divenire, non c’è accrescimento, se non illusorio, anche se questo nella materia è l’elemento fondamentale che ci costituisce l’esperienza, ma, quando questo poi giunge al termine, voi vi accorgete che non è accaduto nulla, se non qualcosa che era da sempre, ma che la coscienza ha attraversato idealmente come un lampo e ha portato con sé un frammento di luce un po’ più vivo.
Questo è vivere, il resto è soltanto un affannarsi, come dice la Bibbia, sotto il sole, anche se tutto giova e tutto serve. Nulla è inutile, però, capite, fratelli, che, se partiamo con questa idea, il cammino può essere molto lungo e faticoso: il sole può veramente arderci. Meglio camminare all’ombra, vero? E allora qual è l’ombra? L’ombra della gioia che il mio cuore mi dona e che dà frescura a ogni mia azione.
Ecco. Non vi do insegnamenti saggi, non vi do dotti o occulti consigli, ma vi dico: «Accorgetevi di esistere e dite: “Grazie, Signore, dal momento che io sono e da questa gioia intendo far fiorire la mia vita sulla Terra”». Pace e bene.
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