di Massimo Biecher. Nell’analisi dei nomi, il temperamento dei personaggi mitologici.

In questa seconda parte proseguiremo l’analisi del mito dal vello d’oro riletto e reinterpretato attraverso le lenti della psicologica archetipica di James Hillman.
Nella prima parte avevamo presentato un riassunto della storia per inquadrare l’argomento in maniera tradizionale, per poi addentrarci nei primi passai dell’analisi di ciò che il mito dell’ariete dal vello d’oro incarna secondo la nostra chiave di lettura.
Per comprendere alcune delle caratteristiche di questo animale prodigioso, avevamo parlato anche dei suoi genitori.
Che cosa significa Atamante?

Cominciamo allora con Atamante, il figlio di Eolo, che a sua volta era il figlio di Poseidon e di una donna. Eolo era il Re eponimo degli Eoli, una popolazione che occupava la regione che comprende il monte Olimpo e che fu una delle prime tribù fondatrici della cultura dell’antica Grecia così come oggi la conosciamo. Porta lo stesso nome dio dei venti Eolo detto Αἴολος – aiolos, col quale però non va assolutamente confuso.
È in ogni caso interessante osservare che questo nome proprio, deriva dall’aggettivo αἰόλος – aiolos, che significava mobile, agitato, veloce, celere e rapido. Tutti aggettivi che ben si addicono al comportamento bizzarro ed imprevedibile del vento.
Ma secondo i vocabolari da noi consultati e reperibili in bibliografia lo troviamo tradotto con mutabile, variabile ed incostante.
Applichiamo anche in questo caso, l’ipotesi, già verificata in passato, secondo cui l’analisi etimologica del nome dei protagonisti di questi racconti contengono riferimenti al temperamento del loro carattere, il quale a loro volta, viene in parte ereditato dai figli.
Ricordiamo che quello che solitamente viene definito temperamento, riguarda quegli aspetti psicologici che costituiscono l’insieme di impulsi, istinti e tendenze che sono innate, ossia indipendenti dagli influssi esterni che subisce l’individuo nell’arco della propria vita. Gli stessi che Hillman chiama “la ghianda che è in noi” e che rappresenta il nucleo essenziale che può essere assimilato da un punto di vista filosofico, al concetto platonico di φύσις – physis.
Inoltre, sempre secondo il modello interpretativo proposto dalla psicologia archetipica, il temperamento sarebbe il risultato della coesistenza e dalla compartecipazione di più archetipi, che possono essere paragonati, pur essendo distinti, al concetto delle Idee sempre del filosofo ateniese. Archetipi che all’interno dei racconti antichi, assumono le sembianze dei protagonisti della mitologia antica.
Figli da tre mogli diverse

Fatte queste precisazioni, possiamo supporre che Atamante abbia fatto almeno in parte proprie alcune delle qualità evocate dal nome del padre.
Ci riferiamo in particolare all’essere mutevole ed incostante. Ipotesi che troverebbe conferma dal fatto che egli ebbe figli da tre mogli diverse.
Assieme alla prima, cioè Nefèle, mise al mondo i gemelli Frisso ed Elle, gli stessi che, come vedremo più avanti, cavalcarono l’ariete. Da Ino, l’altra protagonista di questo racconto, ebbe Learco e Melicerte. Infine, si sposò una terza volta con una donna di nome Temisto.
La prima cosa che verrebbe da pensare è che questo personaggio fosse un uomo poco fedele, cosa ricorrente tra i protagonisti delle storie dell’antichità, ma il metodo della lettura in trasparenza, che abbiamo appreso da James Hillman, ci ha insegnato ad essere prudenti nelle attribuzioni e basarci anche su altri indizi.
Gli archetipi incarnati dal marito di Nefèle

Ampliamo lo sguardo su quelli che possono essere gli archetipi incarnati dal marito di Nefèle.
Atamante, in greco antico si scriveva Ἀθάμας – athamas.
Supponendo che esso sia composto dalla cosiddetta ἁ – alfa privativa, ovvero un prefisso che serve ad esprimere negazione o assenza e dall’avverbio θαμά – tamà che può essere tradotto con spesso, abbondantemente, frequentemente, all’ascolto del nome del Re della Beozia, gli antichi Greci associavano concetti e quindi immagini, come raramente, sporadicamente, saltuariamente, come se gli antichi volessero dirci che egli fosse incostante, non perseverante. Proprio come il padre Eolo appunto. Ma c’è dell’altro.
Chi era veramente Nefèle?

Nella bibliografia da noi consultata abbiamo trovato che Nefèle, la madre dei due gemelli, Frisso ed Elle, a causa dell’analisi etimologica intorno al nome proprio, viene definita la Ninfa delle nubi.
Non ci siamo accontentati di questa attribuzione e siamo andati alla ricerca di qualcos’altro. Ed infatti, il sostantivo νεφέλη – Nefèle, non vuol dire solamente nubi, ma secondo il vocabolario Olivetti, in maniera figurata, sta per oscurità, mentre il vocabolario LSJ, ci rinvia a concetti come pena, afflizione e tristezza.
Grazie a ciò possiamo desumere che la moglie del Re della Beozia delinei i tratti psicologici di colei o colui che convive soggetto a malinconia o tristezza. Pensiamo per esempio alle donne che soffrono del cosiddetto maternity blues o di depressione post partum, oppure allo stato d’animo in cui cadono coloro che subiscono un tradimento od una separazione da parte del proprio compagno.
Come fu nel caso di Nefèle che fu abbandonata da Atamante per Ino, figlia dell’eroe Cadmo e della figlia di Ares ed Afrodite, Armonia. Ma questa storia ci parla anche di un legame indissolubile che si crea tra la madre ed i suoi figli.
Salvati da un ariete dorato

Infatti, quando Frisso ed Elle che erano andati a vivere con il padre e la matrigna vengono a sapere che sarebbero stati di lì a poco sacrificati, si rifugiano, come recita Pseudo Igino, in preda alla follia in un bosco.
Scrive Caio Giulio Igino o Pseudo Igino: “Mentre Frisso ed Elle, in preda alla follia, inviati da Liber [Dioniso greco] stavano vagando in una foresta, si dice che Nebula [Nephele] la loro madre sia venuta lì portando un ariete dorato, progenie di Nettuno e Teofane. Ha ordinato ai suoi figli di salire su di esso [… ]. Frisso alla fine giunse in Colchide, dove, come sua madre gli aveva ordinato, sacrificò l’ariete e pose il suo vello dorato nel tempio di Marte”.
Così si dice che sia stato fatto e quando [i fratelli] furono saliti sul montone ed esso li aveva portati in mare, Elle cadde dal montone, motivo per cui il mare Ellesponto è così chiamato, portò Frisso fino in Colchide dove sacrificò il montone e per ordine di sua madre mise la sua pelle dorata nel tempio di Marte, che si dice servì a Giasone”.
Cosa sottintende in realtà Pseudo Igino ? Che Nefele percepisce a distanza lo stato d’animo dei figli.
In particolare, quando nel primo passo compare il verbo errarent, che può anche essere tradotto anche con esitare o essere incerti.
Ed è proprio il riferimento ad una esitazione o ad una incertezza da parte dei due giovani che ci fornisce un’altro indizio utile alla comprensione dell’archetipo incarnato dall’ariete dal vello d’oro, il quale di li a poco, su richiesta della madre dei ragazzi, andrebbe a prenderli per condurli in salvo.
In copertina: Arcangelo Michele Migliarini, “Atamante preso dalle Furie”
Per saperne di più:
Daniele Lo Rito e Marianna Velotto, saggio: «Analisi del mito di Cerbero Orfeo ed Euridice » di Massimo Biecher incluso nel libro intitolato: «La mitobiografia e l’iridologia»
Francesco Perri – “Dizionario di mitologia Classica” Garzanti
Karoly Kerenyi – “Gli dei e gli eroi della Grecia” Il Saggiatore
Waldemar Deonna – “Il triangolo sacro” Edizioni Medusa 2008
Paul Veyne – «I greci hanno creduto ai loro miti?»
Plotino – Enneadi: Testo greco a fronte Mondadori ed 2012
Jung – L’uomo ed i suoi simboli” – Raffaello Cortina editore 1983
James Hillman – Il codice dell’anima: carattere, vocazione, destino – trad. Adriana Bottini, Adelphi, Milano 1997
James Hillman – “Plotino, Ficino e Vico precursori della psicologia junghiana” da Academia.edu
James Hillman – “Re-visione della psicologia” Adelphi
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