di Antonella Santoro. Storia di uno dei brani più famosi e più eseguiti della musica jazz
I dettagli sono importanti. Sono i dettagli a fare sempre la differenza. Anche la scrittura è fatta di dettagli, quelli che catturano il lettore, che lo conducono per mano tra le righe di una storia e danno spessore e magia alla scrittura. Tra i dettagli, però, non rientra la grammatica con i suoi accenti, apostrofi e coniugazioni. L’uso corretto della grammatica di qualsiasi lingua, infatti, è un dovere e non un dettaglio per chi scrive.
Lo scrittore deve al lettore accuratezza e proprietà di linguaggio prima di pretenderne attenzione e ammirazione. Una scrittura che non si dimeni scompostamente tra errori, sviste e disattenzioni è oggi molto rara, esclusione fatta per le fortunate eccezioni, soprattutto in rete, emblema del paradosso della tecnologia con la sua globalizzante e mortificante attitudine.
George Balanchine
Eppure, esistono ancora isole felici della scrittura e, tra queste, quella dei libri. Quei libri ai quali, fortunatamente, il mondo moderno consente ancora di esistere nella loro fisicità, quelli che puoi tirar giù da uno scaffale, tenere in mano sfogliandone le pagine che odorano di carta, mentre ne assapori forma e consistenza.
Conversations avec George Balanchine -Variarions sur Tchaïkovski (ed. L’Arche) è proprio uno di questi libri del mio scaffale. Il suo autore Solomon Volkov intervista George Balanchine uno dei più geniali coreografi del XX secolo, che, come lui stesso afferma, pur solitamente “restio a parlare di sé o della danza”, racconta con eleganza Tchaïkovski e la sua musica, rivelando “cose che nessun altro conosce”.
Šostakovič, un’autobiografia controversa

Ma Solomon Volkov dedica i suoi scritti anche a un altro genio della musica: Dmitrij Šostakovič.
La controversa autobiografia Testimony, pubblicata a New York nel 1979 (ed. Harper & Row), benché la sua autenticità non sia certa, offre molte informazioni sulla figura del musicista sovietico che ha testimoniato, attraverso le sue pagine, uno dei periodi più burrascosi della storia iniziato con la rivoluzione dell’ottobre 1917.
Tra le pagine di Šostakovič che non si limitano alle sue celeberrime sinfonie, troviamo anche un arrangiamento di Tea For Two, brano del repertorio jazz scritto da Vincent Youmans e Irving Caesar. L’espressione che dà il titolo al brano ha origini nel XVIII secolo quando veniva usata dai venditori ambulanti inglesi per convincere la clientela che la loro tazza di tè aveva il prezzo più conveniente: tè per due, appunto!
“No, no, Nanette”
Le armonie del brano originale, tratto dal musical No, No, Nanette, sono state rivisitate dai più grandi nomi della storia del jazz. Da Art Tatum a Benny Goodman, da Thelonious Monk a Bud Powell (impossibile citare tutte le versioni di Tea For Two dal 1924 a oggi) i musicisti di jazz hanno contribuito moltissimo alla sua popolarità.
Così come sono innumerevoli le versioni cantate che si sono alternate nel corso degli anni con approcci e interpretazioni dal carattere sempre diverso. Penso a quella morbida e rilassata di Ella Fitzgerald, quella up-tempo di Anita O’Day, quella più “rarefatta” di Jacky Terrasson e Cassandra Wilson del 1997. Tra le cantanti che hanno portato Tea For Two sul grande schermo, anche Doris Day nel film omonimo del 1950.

L’arrangiamento per orchestra di Šostakovič del 1927, originariamente intitolato Tahiti-Trot, frutto di una sfida lanciatagli dall’amico e direttore d’orchestra Nikolai Malko, non venne gradito dall’establishment sovietico. Il brano, da cui Šostakovič scelse allora di prendere le distanze, riacquistò vigore solo agli inizi degli anni ’80 del XX secolo.
È solo dopo la morte del compositore, infatti, che il suo balletto The Golden Age, il cui secondo atto si apre proprio con Tea For Two, venne portato in scena con le bellissime coreografie di Yuri Grigorovich.
Chissà se la velocità con cui Šostakovič orchestrò Tea For Two, e che gli consentì di vincere i cento rubli scommessi con Malko, non possa essere legata ad una sua peculiarità! La troviamo in uno dei testi più interessanti del neurologo Oliver Sacks: “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”. Eccone la trascrizione (dalla collana Gli Adelphi): “Il mese dopo il mio incontro con la signora O.M, sul New York Times apparve un articolo intitolato: Šostakovič aveva un segreto?
Il segreto di Šostakovič
Il “segreto” di Šostakovič secondo un neurologo cinese, il dottor Dajue Wang, era la presenza di una scheggia metallica, un frammento mobile di granata, nel cervello, nel corno temporale del ventricolo sinistro.
Pare che Šostakovič fosse molto restio a farlo rimuovere: “Da quando c’era quel frammento, disse, ogni volta che piegava la testa da un lato sentiva della musica. Aveva la testa piena di melodie, sempre diverse, cui egli attingeva poi nel comporre”.
A quanto si disse, i raggi X avevano mostrato che la scheggia si spostava quando Šostakovič muoveva la testa, e quando la inclinava premeva contro il lobo temporale ”musicale” producendo un’infinità di melodie che il suo genio poteva utilizzare.”
In copertina: Dal balletto The golden age del Bolschoi
Per saperne di più:
Balletto di Balanchine su musiche di Tschaikovsky
Alcune versioni di “Tea for two”
Sostakovič: Taiti Trot
Doris Day nel film “Tea for two”
Cassandra Wilson, dall’album Rendez vous
Anita O’ Day in un concerto in Svezia.
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