di Alida Mazzaro. se io non sarò me stessa, chi altro lo farà per me?

Per il mio compleanno, mi sono fatta un regalo: trascorrere una settimana all’Eremo di Camaldoli, in Toscana.
Era un desiderio che coltivavo da anni, uno dei tanti. Cercavo un’esperienza monastica, vivere in mezzo alla foresta, pregare, ascoltare in silenzio e con attenzione.
Mi piaceva l’idea di un monastero cattolico. Dalla Chiesa mi sono allontanata, le risposte che arrivano alle tante domande che pongo sono buie e frettolose e insufficienti a placare la mia anima incontentabile.
Anche questo è stato uno dei motivi per cui ho voluto fare l’esperienza in un eremo di monaci camaldolesi, che vivono in una parziale solitudine, fra preghiere in comune e in solitaria.
E poi, poiché nulla accade per caso, proprio in quei giorni c’era un corso sulla “preghiera del cuore” che volevo approfondire da tempo. La preghiera del cuore è una pratica che ha origini antichissime, addirittura al III-IV secolo d.c. Risale ai Padri del Deserto, che ripetevano in maniera continua e senza interruzione un breve mantra con il nome di Gesù. L’obiettivo è realizzare la pace interiore. La peculiarità è che si tratta di una pratica che favorisce l’unione tra corpo, mente e spirito. Forse per questo spesso viene accostato al termine “yoga” che significa unione corpo-mente.
È accaduto tutto, anche di più.
Stanza 1. l’Eremo e i suoi abitanti
L’Eremo di Camaldoli esiste da circa 1000 anni. La foresta che lo circonda da molti molti di più. Sono due posti sacri che si proteggono a vicenda.
L’Eremo nasce per il silenzio, la preghiera, la meditazione, il raccoglimento: per questo gli eremiti sono sempre stati attivi nella scrittura, nella lettura, nella liturgia e nello studio. Con gli ospiti condividono i momenti legati al cibo, alla liturgia, alla preghiera corale.
D’estate si giunge all’Eremo con un autobus che si ferma al convento di Camaldoli, qualche chilometro più in giù. Il cammino da percorrere a piedi in questo caso è di circa 3 chilometri, quindi fattibile. Per tutto l’inverno invece l’Eremo è parzialmente isolato e spesso ricco di neve, come deve essere un Eremo. In questi anni gli eremiti che ci vivono sono nove, ognuno in una piccolissima autonoma casa di pietra con un giardino.
Qui arriva chi cerca risposte e domande. Io ci sono andata a cercare il mio tempo.
Stanza 2. Le Camere

Le camere sono poche: una parte nella zona da poco attrezzata all’ospitalità, altre situate nella parte più antica. La mia era una di quelle antiche, con la cappa del camino e il passa vivande, una delle camere in cui dormirono prelati o addirittura i papi che vennero in visita all’Eremo.
Un lettino ad una piazza che a malapena mi potevo girare, un lavandino una scrivania ed un armadio. Stanza con l’essenziale, le lenzuola e gli asciugamani puliti e soprattutto una finestra dalla quale guardavo il piccolo giardino pieno di rose appartenente a san Romualdo, il benedettino che ha avuto in dono il luogo per poterci vivere da eremita e che lui condivise con i suoi compagni di viaggio. I monaci Benedettini (come tutti i monaci e le monache dei vari ordini) vivono del loro lavoro, delle loro produzioni, delle ospitalità, delle donazioni. Non lo sapevo.
Stanza 3. La Foresta
La foresta esiste. Non ha obiettivi, non cerca, sta. Semplicemente, con chiarezza e armonia. Gli alberi ascoltano, condividono, vivono esattamente nel presente. È questo il modo in cui ci aiutano a esistere, a non correre, a respirare.
Gli alberi, ah! gli alberi. Silenziosi e presenti, altissimi imponenti e fragilissimi. Abeti rossi, Faggi, Abeti bianchi, Pini… molte delle loro radici sono superficiali ed allora ogni tanto svengono e cadono, perché non reggono il peso del loro tronco e dei loro rami.
Non c’è dolore, nella foresta, gli alberi sani guardano i loro amici che si sfaldano, che ritornano alla madre terra con compostezza dignità e nobiltà. C’è vita dove c’è morte.
Ogni giorno camminavo per sentirli sussurrare, guardarli e riconoscermi in emozioni vissute. Amano raccontare storie di amori, di bellezza, di lotta e di quelli che hanno raggiunto il cielo e di quelli che sono caduti da piccoli. È una foresta vera, protetta e piena di cervi, lupi, gatti selvatici, ghiri, procioni. Quelli non li ho visti. Purtroppo.
Stanza 4. Le funzioni. Gli altri nella chiesa
La chiesa non ha il Santissimo Sacramento, è però il luogo dove ci si incontra nei momenti di preghiera, colorati da canti e da letture. Il “Corpo di Cristo” è custodito in un’altra piccola cappella a lato della chiesa. Una delle peculiarità di questo magnetico posto.
Le preghiere ed i canti sono una modalità per stare con gli altri, una modalità per aprire il cuore. La prima funzione inizia alle sei; sono sempre mancata. La pigrizia è uno dei miei peccati. La seconda (lodi) alle 7.30, la terza (ora media) alle 12, la quarta (i vespri) alle 19.00 e alle 20.30 la preghiera detta completa. Poi il silenzio e il ritiro nelle proprie camere. I primi giorni non avevo idea della logica. Poi, mentre mi plasmavo nella logica del convento, così mi ammorbidivo nel canto.
Stanza 5. La convivialitá. Gli altri nel cibo e nelle camminate
I momenti di convivialitá sono: colazione dalle 8 alle 8.30, pranzo dalle 12.30 alle 13.00 e cena dalle 19.30 alle 20.00. Cibo buonissimo ed abbondante.
Poi, le camminate nella foresta. Piccoli ruscelli, salite e discese, l’aria pulita, le confessioni e le riflessioni in solitudine e con gli altri.
Ho incontrato persone simili. In cerca di Dio, non importa se Dio interno od esterno, uno è il riflesso dell’altro. La ricerca delle risposte che non sono risposte ma è la conoscenza di sé, un lavoro importante e prezioso.
Per la prima volta nella mia vita ho parlato a lungo e comunicato profondamente a lungo con suor Carla, dell’ordine delle Clarisse. Una comunicazione immediata, le maschere cadute e frantumate, la fragilità vista a pelle.
Qui non c’è bisogno di nascondersi, anche se anche qui ci si nasconde.
Stanza. La comunione
Domenica. La messa qui viene celebrata solo la domenica, perché è la giornata dedicata al Signore E ci sono andata, come sono andata a tutte le orazioni. Non sono cattolica da tanto tempo, forse un poco cristiana, però sono stata battezzata e tutto il resto. Pratico la meditazione, cerco risposte e urlo domande, unisco quello che mi dice Buddha e quello che mi dice Cristo, cercando di andare all’essenza. Quel giorno, non so perché, ma per la prima volta dopo decenni, mi sono comunicata. Non sono cambiata, mi sono fidata.
Stanza 7. La bottega
Un piccolo negozio all’entrata del convento. Pieno dei prodotti dei benedettini, vino, creme, olii essenziali, qualche oggetto orientale e soprattutto una quantità meravigliosa di libri sulla spiritualità. Da perderci il cuore.
Stanza 8. I gatti
Sono tre. Il maschio, grigio piombo, un muso bellissimo, un corpo da re. Le due femmine grigie striate. Due regine. Tre animali stupendi. Pieni di cibo e di coccole, appena qualcuno si avvina, si mettono con la pancia all’aria e rimangono in attesa delle carezze. Rufus, il maschio va a caccia nella foresta ed arriva con scoiattoli, a volte dei ghiri e spesso topolini. Purtroppo l’ho visto arrivare con un topino, ormai svenuto o morto, e mangiarlo tutto soddisfatto davanti a me ed alla gatta che lo guardava un po’ schifata ed un po’ invidiosa.
Stanza 9. La partenza
Partire. Quando partiamo lasciamo le illusioni, le presenze, le bellezze, chiudiamo con dei sogni, delle realtà e ne apriamo delle altre. Andarsene a volte è doloroso, altre liberatorio. Partire è lasciare tutto quello che abbiamo creduto di essere, di diventare. Quando mi sono seduta sulla corriera che mi portava al treno, ho pensato che ci sarei sicuramente ritornata. So anche che mi racconto delle bugie, perché quando vivo profondamente in un luogo, difficilmente ritorno.
Stanza 10. Cosa ho preso in questo posto?
Se chiudo gli occhi vedo gli alberi. Svaniscono le persone con cui ho parlato, i cibi, le preghiere, i salmi. Svanisce la comunità umana, così ciarlona e confusa e mi rimangono le cortecce, le foglie, l’acqua, i licheni, il grigio e l’azzurro, i tronchi, i rami lunghissimi, l’odore forte e i colori mescolati.
Sono loro, dentro me.
Per saperne di più:
Sulla preghiera del cuore
E ancora, sull’esicasmo
Racconti di un pellegrino russo – Rusconi ed.
Leave a Reply