di Vincenzo Nicolosi. Sicilia. Il difficile e complicato acquisto da un tabaccaio scontroso e diffidente.
Traffico caotico. Sono in ritardo. Mi aspettano a cena e devo comprare le sigarette.
Ecco una insegna. Facendomi quasi tamponare da un rumoroso motorino, blocco l’auto in terza fila e mi precipito nel negozio. “Un pacchetto di MS Blu, per favore!”
Il padrone è anziano, indossa una vestaglia grigia come le pareti, il banco e gli scaffali della sua vecchia bottega. Ha uno sguardo strano, devo averlo infastidito mentre faceva qualcosa di importante e non sembra gradire la mia presenza.

Sono costretto a ripetere la mia richiesta. Mi guarda fisso negli occhi e domanda incredulo: “Blu?” Confermo. Allora lui si gira lentamente e guarda sconsolato verso l’esposizione delle bionde, alla ricerca dell’oggetto sconosciuto. “Chiddi janchi li canusciu, chiddi blu… mai li vitti!”
Lancio un’occhiata anch’io e le trovo subito. “Sono lì, guardi, in alto sulla destra”.
Il suo sguardo mi fulmina come dicesse “faccia il suo mestiere… che io faccio il mio”. Protende comunque un braccio verso l’obbiettivo e si accorge che è del tutto fuori portata; allora si volta e mormora abbattuto: “Mizzica, cci voli ‘a scala!”.
Fremo, ma devo ammettere che almeno nell’eloquio è sintetico. Faccio un segno, come per dirgli che non mi sento responsabile e lui, dopo un po’, indica il retrobottega e vi si dirige contrariato.
Passano interminabili secondi, forse minuti, poi rispunta con uno sgabello alquanto male in arnese e lo posiziona davanti agli scaffali.
Vi sale con fatica, prende il pacchetto incriminato, lo guarda con curiosità mista a disgusto, scende e lo appoggia sul banco con molta enfasi. Io non ricordo mai il prezzo delle cose e poi è quasi sempre mia moglie che compra le sigarette.
“Quanto?” chiedo estraendo il portamonete dalla tasca con gesto veloce.
Mi guarda incredulo e comincia ad alterarsi. “Chi ffà, pigghia ppu culu? Si nno sapi Voscienza!?”
Ma io non ne ho la più pallida idea e allora insisto perché sia lui a dirmelo.
“Malu pi nnui!”, borbotta mettendosi teatralmente le mani nei capelli e comincia ad aprire qualche cassetto del bancone alla vana ricerca del listino. Vedo uscire di tutto dagli stipetti, ma non ciò che mi serve.
Non sono il solo nel negozio. Dietro di me si è formata una piccola fila in cui molti hanno familiarizzato, raccontandosi malattie ed anche affari di famiglia. Tutti si lamentano di qualcosa e ricevono in cambio solidarietà; nessuno sembra far caso al tempo che scorre.
“Saprebbe dirmi”, chiedo al signore più vicino, “quanto costano le MS Blu?”.
Lui atteggia la bocca ad un boh!, ma è subito consulto. Si appura che un cugino dell’ultimo della coda, che soffre di enfisema, le fuma perché costano come le altre e sono meno dannose.
Offro le conclusioni al padrone che, al momento, non sembra propenso ad una soluzione così semplice. Eppure, dopo un lungo silenzio, cede sconsolato e sancisce: “Trimmila e cincucentu liri”.
Per tutto il tempo non ho mai riposto il borsellino nella tasca, quindi impiego una frazione di secondo ad aprirlo ed a tirare fuori la banconota più piccola che possiedo, un logoro pezzo da cinquemila.
Il padrone mi guarda sconcertato e sibila: “Nonn’haju restu!”.
Mi accorgo solo adesso che tra i molti cartelli esposti nella bottega per terrorizzare i clienti riguardo ad ipotetici crediti al consumo ed altre simili facezie, uno campeggia con maggior evidenza e recita così: “NON SI CAMBIANO BANCONOTE E NON SI DA RESTO!”
“Vada cortesemente a cambiarmele da qualche negoziante qui intorno”, suggerisco ignorando l’incombente avviso.
“Ci annassi voscienza, jo non pozzu lassari ‘u storu!”, mi risponde secco e sgarbato ed accompagna la sua sentenza con un gesto di disagio ad indicare la folla ormai raccoltasi dentro e davanti al suo piccolo negozio.
Ancora una volta respingo la tentazione di abbandonare. Intanto perché, per mia natura, io non uscirei mai da un cinema prima della fine dello spettacolo, anche quando non mi piacesse, e poi a causa del fatto che quello che mi sta capitando è persino meglio di un film.
Nessuno dei futuri acquirenti di sigarette può aiutarmi, allora mi avventuro in strada, accompagnato dal muto consenso della piccola folla e… vengo baciato dalla fortuna: una signora, in fila nella vicina pasticceria, mi porge cinque pezzi da mille con uno sguardo del tipo “… se non ci aiutiamo tra noi!”.
Torno indietro, dopo aver appurato che la mia auto non è ancora stata portata via dai vigili. Cammino cercando nel borsellino una moneta da cinquecento da aggiungere ai tre fogli da mille e mi accorgo di avere quelle microscopiche monete da cento e da cinquanta lire, di nuovissimo conio, che mi sono fatto dare dalla mia banca di Milano per stupire i bambini. Ne conto per cinquecento lire ed, entrato nella tabaccheria, appoggio il pagamento sul banco. Attendo quindi, con un po’ di emozione e più che un filo di sadismo, la reazione del vecchio che quasi certamente non avrà ancora visto la nuova emissione.
Il padrone incassa le banconote e, dopo un lungo tentennamento, raccoglie i soldini nella mano. Definirlo perplesso è eufemistico. Li gira e rigira tra i polpastrelli spostando lo sguardo continuamente dalle monete a me e da me agli altri avventori. La decisione non deve essere facile: rischiare una fregatura o fare una figuraccia sono le uniche scomode alternative.
Pondera probabilmente le varie opzioni e sul suo volto si dipingono intanto i sentimenti antichi di un popolo: orgoglio, diffidenza, odio, rassegnazione. Io attendo impassibile e lo guardo fisso negli occhi, mentre lui ora evita il mio sguardo.
Dopo un po’ spinge con le dita il pacchetto verso di me e si gira con fastidio verso il prossimo cliente.
Io esco dal locale, mi dirigo verso l’automobile e non so …non so chi abbia vinto e chi perso.
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