di Marco Cesati Cassin. Una luce azzurra si accende improvvisamente di notte. Un errore o una presenza angelica?
Questa è la storia vera di Angela. Angela è un medico anestesista e rianimatrice, una specializzazione che avvicina quotidianamente al confine della vita. Qualche anno fa, questa donna conobbe la potenza degli Arcangeli.

Angela è madre di due bimbi, il primo nato il 6 novembre 2006, mentre il secondo il 29 settembre 2010, ma dimesso dal reparto di rianimazione solo ventun giorni dopo. Il 29 settembre è la festa degli Arcangeli e Angela non lo sapeva.
Quella stessa mattina, Angela si reca in chiesa spinta dal bisogno di affidarsi agli angeli. La data presunta del parto è ancora lontana (il 15 ottobre), però Angela assiste alla messa con il magone nel cuore senza un motivo evidente. Mentre il parroco pronuncia la frase “Arcangelo Raffaele, angelo della guarigione”, lei trasale, perché avverte una sorta di intuizione.
Nel pomeriggio, all’improvviso, inizia il travaglio e Angela va nell’ospedale in cui lavora e viene accolta dalla sua amica e collega Raffaella. Tutto procede nella norma, incluso il controllo del tracciato di monitoraggio del bimbo. La nascita è prevista per le diciannove e quindici. Purtroppo però accade una tragedia: il bimbo nasce ma non respira.

Lo rianima Raffaele, un collega di Angela. Insieme decidono di trasferirlo al reparto di terapia intensiva neonatale, dove Angela lavora ogni giorno, e di applicargli il protocollo dell’ipotermia, che consiste nell’abbassargli la temperatura per preservarlo da eventuali danni cerebrali.
Il figlio di Angela quella notte diventa freddo e raggiunge la temperatura di 32,5 gradi. È importante sapere che, per consentire quella particolare procedura, i pazienti spesso vengono intubati, poiché a quella temperatura cessa la capacità di respirazione autonoma. Inoltre sono sedati per non sentire il freddo che causerebbe loro gravi complicazioni. Si tratta quindi di un delicato gioco di equilibrio.
Il neonato comunque respira da solo nonostante gli abbiano somministrato un morfinico e un antiepilettico, farmaci che, al pari dell’ipotermia, deprimono la capacità respiratoria autonoma.
L’indomani, il bimbo è in ipotermia ormai da ventiquattr’ore (la procedura ne prevede settantadue e, una volta terminate, inizia il riscaldamento, una fase delicatissima poiché si potrebbe verificare un ictus) e Angela vive sospesa.

Chiusa nella sua stanza, prega Dio non tanto per la guarigione, ma di darle la forza e il coraggio per affrontare eventualmente una grave disabilità in famiglia. Prega anche affinché la sua famiglia sia pronta ad accettare una simile ipotesi. Angela trascorre il giovedì notte tra lacrime e preghiere, finché all’incirca verso le tre si addormenta sfinita.
Ma alle tre e mezzo qualcuno accende la luce della camera. Stranamente, invece di essere bianca, è azzurrata. Angela pensa sia guasta. Un po’ scocciata per essersi svegliata a causa della distrazione di un’ostetrica, decide di spegnere la luce in corridoio. Avrebbe potuto farlo anche dal suo letto, ma qualcosa la spinge a uscire dalla stanza per cercare l’interruttore. Ma non vi è nessun comando esterno.
Angela ritorna a letto e prova comunque a spegnere la luce con l’interruttore sopra al comodino. Non ci riesce. La luce azzurrina resta accesa. A quel punto prova a riaddormentarsi e si sente più serena, come se le fosse stato tolto un peso dallo stomaco. La luce si spegne all’improvviso da sola alle quattro.

La mattina seguente, Angela si reca dai colleghi per avere notizie del figlio e l’ostetrica le dice: «Angela, tuo figlio è un portento, non credevamo ai nostri occhi stanotte! Sedato, ipotermico, sotto due farmaci, ha lanciato un urlo!»
«A che ora?» chiede lei. «Verso le tre e mezzo», risponde la collega.
Al momento Angela non bada alla coincidenza della luce azzurrina in camera sua, ma è contenta per l’importante miglioramento del suo piccolo.
Trascorrono finalmente le settantadue ore del protocollo e il bambino è riportato alla temperatura di 36 gradi. Il riscaldamento corporeo inizia alle ventidue di domenica.
Il lunedì mattina, alle quattro e trenta si riaccende la luce azzurra nella stanza di Angela. Lei riprova inutilmente a spegnerla premendo tutti gli interruttori della camera. Mezz’ora dopo la luce si spegne e Angela si riaddormenta.

Al risveglio, la donna corre al reparto di terapia intensiva. Qui la collega e amica Raffella le dice: «Dovremo fare la risonanza per verificare che non abbia subito problemi ictali cerebrali, ma tuo figlio alle quattro e trenta ha aperto gli occhi in maniera spontanea!»
A questo punto ad Angela appare tutto chiarissimo. Un angelo è venuto a trovarla proprio nei momenti più difficili del suo bimbo per tranquillizzarla e rassicurarla.
Oggi il piccolo Riccardo Gabriele, come l’arcangelo Gabriele messaggero della buona notizia, ha cinque anni ed è un bellissimo bambino sano.
Riccardo Gabriele sa che tre angeli hanno vegliato su di lui. Il primo è quello azzurro apparso nella camera della mamma. Il secondo è Raffaella, l’ostetrica che l’ha curato con tanto amore. Il terzo è Raffaele, il collega rianimatore neonatologo.
Finalmente persino le parole pronunciate dal parroco sull’arcangelo Raffaele, acquistano un senso. Non esiste passato o futuro al di fuori della nostra dimensione. Tutto è.
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