di Donatella Galletti. Anche questa città ha un côté misterico, ben nascosto tra monumenti, vicoli e palazzi.

Milano per tradizione non è mai stata meta del turismo al pari di Venezia, Roma, Firenze e Napoli, ma la capitale degli affari e del lavoro, come viene spesso definita. Chi si dedica agli affari è in genere una persona pragmatica, distrugge il vecchio per costruire il nuovo, si basa sui fatti.
Da qui si può capire come i poveri fantasmi milanesi siano andati in declino, sempre meno presi in considerazione nel corso dei secoli.
Il primo nome di città italiana che viene in mente per esoterismo è infatti Torino, dove magia bianca e nera coesistono e vengono prese sul serio.
Il business ha però le sue regole, e visto che in paesi di tradizione anglosassone esistono da decenni i Ghost tour, ovvero giri turistici serali in luoghi infestati, con l’aiuto di attori e bevuta finale in un pub, qualcuno ha pensato che l’idea si sarebbe potuta sfruttare anche a Milano, ed evidentemente aveva ragione: basta cercare online per avere l’imbarazzo della scelta.
Ecco un breve tour: partiamo dal Duomo

In tempi antichi, quelli nei quali le donne dovevano passare dallo ius primae noctis prima di sposarsi, ovvero appartarsi col nobiluomo (solo di nome) di turno per approfondirne la conoscenza, una ragazza di nome Carlina, ligia ai costumi dell’epoca si vestiva sempre di nero, per evitare il “se l’è cercata” della plebe e passare inosservata.
Sembra però che prima del marito avesse conosciuto così bene un aitante e misterioso straniero da aspettarne un figlio e che per pudicizia non ne avesse informato il futuro consorte. Mentre erano in visita alle terrazze del Duomo, il senso di colpa e la vergogna si impossessarono di lei a tal punto che si gettò nel vuoto da un punto a strapiombo. Il corpo non venne mai ritrovato.
Mi viene da pensare che nella leggenda fosse sottinteso che lo straniero non appartenesse alla legione di spiriti buoni e l’avesse portata con sé tra le fiamme. Si dice però che ancora appaia ad alcuni visitatori.
La piazza dell’infamia

Da Piazza Duomo si arriva ad una piazzetta spesso trascurata, Piazza Mercanti, l’unica piazza medievale rimasta di Milano. Al centro c’è un pozzo, con una pietra sulla quale venivano fatti esporre al pubblico ludibrio coloro che erano andati in bancarotta, dopo che erano state fatte loro calare le brache in segno di infamia.
Il Broletto, dove venivano giudicati, è di fronte. Nessun fantasma certificato, ma l’atmosfera vale la visita.
Proseguendo per Via Dante, si arriva al Castello Sforzesco, con relativo parco.
Il Castello fu costruito nel 1300 per volere dei Visconti, signori di Milano, su un sito chiamato Castrum Portae Jovis, perché qui esisteva uno dei quattro castelli fortificati della Milano romana.
In tempi più antichi, pare ci fosse una fortificazione celtica a difesa su una collinetta.
Queste colline furono poi spianate per evitare che fossero punti di difesa.
La presenza di Leonardo da Vinci
Il Castello fu in seguito abitato dagli Sforza. Qui Leonardo Da Vinci organizzò varie feste, lo abbellì con affreschi, come quello della Sala delle Asse arrivata a noi, con intricati intrecci di rami. Gli intrecci sono in alcune parti simili al nodo infinito del buddismo tibetano, che rappresenta le interconnessioni passate e future nel corso della vita, negli eventi, e a nodi celtici.
Il soffitto è dipinto con una vela di quattro lati sottostante a una di dodici. Gli studiosi di esoterismo e numerologia potrebbero fornire sicuramente osservazioni interessanti. Siamo alla fine del 1400. Che connessione c’era tra Leonardo e i simboli tibetani? Forse nessuna e si tratta di un caso? Chissà. Leonardo era un esoterico e alchimista e tutto è possibile.
Nel Castello si dice si aggirino i fantasmi di alcune dame. Una di loro è Bianca Maria Gaspardone Visconti, affascinante donna che aveva numerosi amanti, ma era un tantino violenta in caso di scorrettezze da parte loro. Il maleducato di turno, un certo Ardittino Valperga, che l’aveva ingiuriata, morì per mano di un altro amante, Pietro Cardona, che aveva l’ordine di portare alla contessa una coppa del sangue della vittima.
Bianca fu scoperta e condannata a morte per decapitazione, che era la cortesia che nel ‘500 si faceva ai nobili, operazione più rapida e pulita rispetto al rogo o all’impalare.
Si dice che il fantasma sorseggi il sangue da un’anfora e poi le cada la testa, questo il 20 ottobre di ogni anno, nel fossato del Castello.
Se il fantasma realmente ci sia non lo so, ma gli amanti dell’orrido possono provare a cercarlo, godendosi nel frattempo le bellissime vedute del Castello.
Se poi di notte si sposteranno al Parco Sempione, potrebbero trovare una misteriosa dama vestita di nero che li inviterà nella sua lussuosa villa, dove dopo cene e danze potranno piacevolmente finire la serata nel suo talamo.
Immagino che debbano essere giovani e aitanti. Inutile dire il seguito: cercando di scoprirle il viso scostando il velo nero che lo nasconde, vedranno un teschio. Nell’Ottocento gli amanti abbandonati dalla donna o impazziti per lei erano così tanti, che il parco fu battuto palmo a palmo per trovare la villa. Mi sembra un bello spunto per immaginare un portale spazio temporale nelle vicinanze del Castello, sul quale scriverò un racconto..
La chiesa di Sant’Ambrogio

Proseguiamo verso la chiesa di Sant’Ambrogio, uno dei simboli della città, ricca di simbologie nei bassorilievi del portico e all’interno.
Oltre ai corpi di Sant’Ambrogio, Gervasio e Protasio conservati nella cripta, c’è una scultura in bronzo di un enorme serpente, che si dice sia quello forgiato da Mosè nel deserto per proteggere la sua gente dai serpenti veri, portato a Milano nell’anno Mille dall’arcivescovo Arnoldo da Arsago.
Arnoldo aveva infatti ricevuto da una principessa due regali prodigiosi: una testa che, interrogata parlava con voce umana e poteva predire il futuro, e il serpente. Nella tradizione popolare toccare il serpente fa guarire dai vermi intestinali e il giorno dell’Apocalisse tornerà vivo.
La colonna del diavolo

All’esterno di Sant’Ambrogio c’è una colonna isolata, con due fori vicini: si dice che siano stati lasciati dalle corna di un povero e frustrato diavolo che non sapeva dove sbattere la testa dopo essere stato sconfitto da Sant’Ambrogio. La colonna ricorda a perenne memoria che il male non può vincere.
A proposito di Sant’Ambrogio, che ai suoi tempi dovette combattere l’eresia ariana, fece costruire le chiese a croce latina (alcune precedentemente erano state costruite a croce greca, con i bracci uguali) come simbolo della lotta. Questo per le basiliche paleocristiane del quarto secolo.
Roghi, per streghe e Catari
Erano comunque tempi duri: nei secoli gli eretici venivano fatti vestire di giallo, fatti sfilare per la città fino a Piazza Vetra: lì o si convertivano o venivano bruciati sul rogo.
Stessa sorte per le streghe. Mi chiedo se l’atmosfera un po’ cupa che alcuni percepiscono nel luogo sia dovuto alla sua storia. Anime sofferenti vagheranno sicuramente.
In Corso Monforte, vicino a Piazza San Babila, qualcuno dice che ci sia un corteo notturno di anime di Catari bruciati al rogo verso l’anno Mille, appunto perché non allineati e non disposti a cedere al pensiero comunemente accettato.
Scheletri danzanti

Sempre per gli amanti del macabro, la Chiesa di San Bernardino alle Ossa, in Piazza Santo Stefano, costituisce una vera chicca. Riaperta dopo anni di restauri si può ammirare con le sue pareti tappezzate di teschi e artistici disegni di croci e iniziali mariane fatte con vertebre, tibie ecc.
Di fianco è esistito per secoli il convento dei Disciplini, con relativo cimitero. In epoca di pestilenze per mancanza di spazio si sono disposte le ossa nella cappella. Si dice che il giorno dei Morti uno scheletro si animi e danzi tutta notte.
Bisogna dire che lo stretto e buio corridoio che ora dà accesso alla cappella, tappezzato di ex voto, è eccessivamente freddo, diciamo di un freddo mortale. Da consigliarsi in estate.
L’annessa chiesa di San Bernardino ha una volta ottagonale e una cripta, non visitabile, nella quale sono disposti dei seggi in pietra con colatoio: i confratelli passati a miglior vita venivano disposti sui seggi mentre il corpo si disfaceva: chi era in vita scendeva a pregare per loro e a meditare sulla morte in mezzo ai miasmi.
Un fantasma a Villa Simonetta

Una visione rinascimentale, quella dell’attuale Civica Scuola di Musica in Via Stilicone, vi risolleverà il morale. Appartenuta prima al tesoriere di Ludovico il Moro, ha alterne vicende: a un certo punto venne abitata da Clelia Simonetta, figlia di Monsignor Alessandro Simonetta, nunzio apostolico a Napoli.
Di Clelia si sa poco, ma pare che avesse numerosi amanti e svolgesse pratiche particolari con loro, anche esoteriche. Undici svanirono nel nulla e le indagini non dettero alcun risultato. Si dice che Clelia ancora vaghi per la villa.
Anni fa ci fu una morte misteriosa, si disse una caduta dalle scale, anche se sembrava improbabile, mentre la villa era deserta. Chissà.
(Prima puntata- continua)
Per saperne di più:
I fantasmi del Castello
La storia del serpente di bronzo in Sant’Ambrogio
La storia di Villa Simonetta
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