di Cristina Penco. Le memorie familiari, impresse nel nostro inconscio – e nel DNA – condizionano le nostre esistenze.
Occhi, capelli, pelle, così come altre caratteristiche fisiche, predisposizioni, patologie. Ma non solo. Dai nostri antenati ereditiamo ben di più del mero corredo genetico.

Spesso, dal passato, ci portiamo dietro paure, ossessioni, incubi non elaborati dei nostri avi, traumi silenziosi che giungono a noi attraverso un processo di trasmissione intergenerazionale che avviene nell’inconscio.
Può accadere, infatti, che coloro che ci hanno cresciuto ed educato ci abbiano lasciato un marchio emotivo impresso nel nostro animo: un contrassegno apparentemente invisibile che, finché non affiora in superficie, può bloccarci e impedirci di esprimere le nostre potenzialità. I segreti della mente non includono soltanto le nostre esperienze dirette, ma anche quelle che inconsapevolmente portiamo dentro di noi: ricordi, sentimenti, abusi, sofferenze che provengono dalle generazioni precedenti e che ricadono sulle nostre spalle.
Queste tracce possono plasmare le nostre esistenze secondo dinamiche che spesso fatichiamo a riconoscere. Siamo la somma delle storie di tutti coloro che ci hanno preceduto nell’albero genealogico. Diventare consapevoli di qualcosa di più grande e più profondo che continua a scavarci dentro e a bloccare la nostra evoluzione ci rende liberi.
Spezzare il silenzio

L’eredità emotiva – Una terapeuta, i suoi pazienti e il retaggio del trauma, pubblicato nell’estate 2022 da Raffaello Cortina Editore, racconta per l’appunto di quei segreti familiari che ci impediscono di realizzare completamente le nostre aspirazioni.
Segreti che si comportano come fantasmi che continuano a tormentarci: quei non detti e quelle omissioni causano una discrepanza tra ciò che desideriamo e quello che siamo effettivamente capaci di raggiungere.
L’autrice del saggio è Galit Atlas, una professionista che svolge attività privata come psicoanalista e supervisore a New York, docente del programma di formazione post-dottorato in Psicoterapia e psicoanalisi della New York University e dei programmi di training nazionale (NTP, National Training Programs). La bella traduzione che ci regala Paola Merlin Baretter rende il linguaggio scorrevole e comprensibile a tutti.
È un libro nato “sul lettino”: in queste pagine sono descritti i legami tra passato, presente e futuro delle storie di alcuni pazienti intrecciate alla vicenda personale della dottoressa. Chi legge ha davvero la sensazione di trovarsi, in rispettoso silenzio, nella stanza della psicoanalista. Di paragrafo in paragrafo, ci si mette in ascolto di esperienze e dolori altrui, ma, di riflesso, anche delle proprie inquietudini.
«All’origine della nostra incompiutezza ci sono storie mai raccontate, suoni spesso messi a tacere», scrive Atlas. «Vi invito a seguirmi per spezzare il silenzio, per rintracciare e scoprire i fantasmi che limitano la nostra libertà, l’eredità emotiva che ci impedisce di seguire i nostri sogni e di creare, amare e vivere alla massima espressione».
Le conferme dalle neuroscienze

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, molti analisti – in diversi casi, ebrei fuggiti dall’Europa – cominciarono a studiare l’impatto dei traumi sui loro pazienti sopravvissuti all’Olocausto e, successivamente, su figli e nipoti che portavano dentro di sé tracce inconsce della sofferenza dei propri predecessori. Anche ciò che non era stato mai svelato a nessuno finiva per influenzare le vite della progenie.
A partire dagli anni ’70 arrivò la conferma da parte delle neuroscienze. Alcune ricerche focalizzate sull’epigenetica, sull’impatto non genetico e sulle variazioni dell’espressione genica si soffermarono sulle modalità tramite cui l’ambiente, e il trauma in modo particolare, possono lasciare un’impronta chimica nei geni di una persona, un carattere distintivo che viene poi trasmesso alla generazione successiva.
Gli ormoni dello stress rivestono un ruolo fondamentale nello sviluppo del cervello e, di conseguenza, nei meccanismi biologici attraverso cui il trauma stesso si trasmette dai genitori ai figli.

Ebbene, da numerose indagini condotte presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai Hospital dalla dottoressa Rachel Yehuda, direttrice degli studi sul trauma da stress e dal suo team emerge che in molti discendenti dei sopravvissuti all’Olocausto il profilo degli ormoni dello stress è diverso da quello dei loro pari e probabilmente li rende più esposti ai disturbi d’ansia.
Stessi risultati si sono riscontrati monitorando i figli di ex schiavi, di veterani di guerra e, in generale, di genitori che avevano affrontato traumi rilevanti.
Tutti questi discendenti hanno maggiore probabilità di presentare sintomi di disturbo da stress post-traumatico in seguito a uno shock o dopo essere stati testimoni di un evento violento. In base a una visione evoluzionistica, simili trasformazioni epigenetiche potrebbero essere funzionali a preparare biologicamente la prole a un ambiente simile a quello sperimentato dai loro genitori, aiutandoli, dunque, a sopravvivere. In realtà queste mutazioni rendono gli individui più esposti alle manifestazioni di un trauma che non hanno vissuto direttamente.
I fantasmi che ci perseguitano

Ne L’eredità emotiva la psicoanalista israeliana Galit Atlas si rifà, in particolare, ai lavori dei colleghi Maria Torok e Nicolas Abraham e si sofferma su seconde e terze generazioni.
Lavorando a Parigi con i sopravvissuti all’Olocausto e i loro figli, Torok e Abraham, ungheresi, utilizzavano il termine “fantasma” per descrivere i molti modi in cui la seconda generazione avvertiva la distruzione e le perdite dei propri genitori, anche nel caso in cui costoro non ne avessero mai parlato.
Qualcosa, cioè, di non completamente vivo, ma nemmeno morto, tale da invadere la realtà dei discendenti in modo visibile e concreto.
«L’eredità emotiva si occupa di esperienze ridotte al silenzio che appartengono non soltanto a noi, bensì anche ai nostri genitori, nonni e bisnonni, descrivendo il modo in cui impattano sulle nostre vite», afferma l’autrice. «Questi segreti, che spesso ci impediscono di esprimere tutte le nostre potenzialità, condizionano la nostra salute fisica e mentale, creando una discontinuità tra ciò che desideriamo per noi stessi e quello che siamo in grado di ottenere, perseguitandoci come fantasmi».
I mille volti del trauma

Nel libro vengono illustrati diversi aspetti del trauma ereditato e altrettanti effetti del loro impatto. Vengono dati suggerimenti, inoltre, su come andare oltre. La parte prima del volume si concentra sulla terza generazione di sopravvissuti, su come nella mente dei nipoti possono presentarsi i traumi dei nonni: amori proibiti, abusi sessuali, suicidi, omofobia.
La dottoressa Atlas discute l’idea della professoressa Yolanda Gampel relativa alla “radioattività del trauma”, intesa come la “radiazione” emotiva del disastro che si diffonde nella vita delle generazioni successive. La seconda parte de L’eredità emotiva tratta i segreti sepolti dei nostri genitori, le verità indicibili fin dai tempi antecedenti il nostro primo vagito o serpeggiate fin dalla nostra infanzia, quando abbiamo imparato a non menzionare parole e concetti considerati tabù.
In seguito alla perdita di un fratello o di una sorella le persone possono vivere un vero e proprio “congelamento emotivo”. Può accadere che un bambino “indesiderato” diventi, successivamente, un adulto che sente un forte desiderio di morte e autodistruzione. Interessante anche il riferimento al trauma di un militare e alla legittimità della vulnerabilità maschile, ancora non concepita né accettata dalla nostra società.
La parte terza del libro, infine, esplora i segreti che teniamo nascosti a noi stessi, realtà troppo minacciose per essere conosciute o che non riusciamo a elaborare completamente. Maternità, bugie, tradimenti, violenze fisiche, amicizia, perdite dolorose: segreti che conserviamo in un angolo della nostra mente e che vorrebbero proteggerci, ma continuano a tenerci prigionieri.
Trasformare il fato in destino

La nostra lealtà nei confronti di chi amiamo non sempre ci consente di conoscere o ricordare veramente quel nugolo di «sentimenti proibiti», episodi e racconti che la nostra mente dimentica o banalizza, così come parti della nostra storia.
Attuando una distorsione della realtà, certe verità taciute e nascoste fanno sì che informazioni spiacevoli rimangano lontane dalla nostra consapevolezza. Ma, alla fine, è proprio quest’ultima l’unica via per essere liberi. E iniziare davvero a vivere la propria vita.
Solo quando si ha il coraggio di affrontare i lutti ed elaborare i dolori che i nostri nonni e i nostri genitori non sono stati in grado di sopportare, smettiamo di identificarci con coloro che hanno sofferto.
Le generazioni successive portano con sé traumi atavici, ma anche la speranza del futuro.
«Sebbene i nostri percorsi di guarigione differiscano, tutti iniziano dalla decisione di cercare, di aprire la porta e di camminare verso il dolore del passato, anziché di voltargli le spalle. Scegliamo di affrontare la nostra eredità emotiva e di essere agenti attivi nel trasformare il nostro fato in destino», conclude la dottoressa Atlas.
Immagine di copertina di philm1310 en Pixabay.
Autore: Galit Atlas
Titolo: L’eredità emotiva
Editore: Raffaello Cortina
Traduzione: Paola Merlin Baretter
EAN: 9788832854381
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