di Giorgio Cozzi. A contatto con i sensitivi, forse anche i parapsicologi attivano le loro facoltà ESP.
Il ricercatore nel campo del paranormale di norma è accompagnato da un pensiero razionale e da un certo grado di asetticità, appunto per non farsi coinvolgere e mantenere un approccio sperimentale e di verifica.


L’ho notato tante volte a contatto con parapsicologi riconosciuti, come Cassoli, Inardi, Bersani, Rigato, Marabini, Servadio, Bender, Tenhaeff, per citare i più noti.
Eppure mi sono chiesto spesso se l’avvicinare con lo studio e l’interesse, fenomeni paranormali e sensitivi, non finisse per influenzare anche i ricercatori stessi.
Insomma, la sensitività è contagiosa?
Talvolta nei convegni e nei congressi mi sembrava di averne le prove, ovviamente più nelle chiacchierate serali, al di fuori dell’ufficialità e della formalità dei ruoli. Tuttavia poi prevaleva quel senso di distacco che consentiva lo stupore di fronte a prove telepatiche certe e alla necessità di garantire che le stesse avvenissero in condizioni controllate.
Nella memoria conservo moltissimi ricordi e ho sempre ammirato questa capacità di separare i due momenti, da una parte l’interesse e la motivazione a dimostrare l’ESP, dall’altra il rigore con cui si verificavano i sensitivi e le loro manifestazioni straordinarie.
Siamo tutti sensitivi?

Il dilemma comunque a mio avviso rimane: se la percezione ESP è una possibilità umana, allora ne consegue che tutti ne siamo dotati, certo con differenti livelli di presenza e potenza.
Quindi anche i parapsicologi potrebbero essere sensitivi o quantomeno vivere esperienze oltre i limiti sensoriali, anche se si tende a occultare eventuali sensazioni o capacità per non pregiudicare la credibilità delle prove a sostegno portate in ambito scientifico o divulgativo.
In letteratura non mancano casi ambigui; tuttavia in questa sede mi piace esporre qualche episodio che ho personalmente vissuto. In fondo sono un caso speciale, perché ho avuto la fortuna di vivere accanto a due grandi sensitivi, di cui ho resocontato nei miei libri, giocando un ruolo di sperimentatore (dicono arcigno) e osservatore, con tutte le complicazioni del caso.
Infatti, è noto che negli esperimenti sulle capacità ESP e PK, non si può separare completamente il ruolo del sensitivo da quello dell’osservatore, così come accade nei fenomeni della quantistica, dove la realtà è tale solo nel momento in cui la si osserva e dunque l’osservazione influisce sul fenomeno determinando lo stato stesso di quell’evento.

Mi sono chiesto frequentemente se tanti esperimenti condotti ad esempio con Eder (uno dei sensitivi da me sperimentati) fossero frutto solo delle sue capacità o anche del “campo” che insieme rappresentavamo, come se avvenisse una sinergia che potenziava le doti del sensitivo.
Sono convinto che l’osservatore è sempre coinvolto e influenza comunque, se non altro con lo stato d’animo, la prestazione del sensitivo. Ad esempio è capitato che in televisione, in situazioni critiche dove io ero particolarmente agitato e timoroso del fallimento, le prestazioni di Eder decadessero, come se la mia ambizione e paura influenzassero le sue capacità psichiche. Altrettanto in ambienti in cui si creava un clima speciale, dove entrambi eravamo a nostro agio, le performance diventavano più significative e i successi più chiari.
Le ricerche sui neuroni a specchio
D’altra parte secondo le ricerche sui neuroni a specchio risulta che osservando un individuo compiere un atto, nel nostro cervello avviene un meccanismo di ripetizione empatica di quanto osservato, trasformando un evento esterno in un evento interno: ciò sembra dovuto alla necessità di adattarsi al contesto, di possederlo in qualche modo e quindi di poterlo controllare meglio. In realtà facilita l’empatia.
Ragionando, si potrebbe pensare che vivere anni accanto ad un sensitivo e osservare i fenomeni che produce, possa andare ad influenzare i propri comportamenti, tanto da indurre a replicare circuiti neurali capaci di riprodurre le modalità che favoriscono l’ESP. Naturalmente non so se è vero per i molti ricercatori che ho conosciuto e frequentato, tuttavia posso rivelare qualche evento che me lo fa pensare.
Un evento casuale o è stata telepatia?
Correvo giorni fa sul bel lungomare di Chiavari, cittadina del Tigullio, dove ho abitato e dove ho una casa. Guardavo il mare e mi è scattata in mente una promessa non mantenuta.
Avrei dovuto recarmi a Marsiglia dal mio amico Giorgio, che più volte mi aveva invitato ad andare a pescare con lui in quel mare. Non sono riuscito per i numerosi impegni e quando il mio amico è mancato, mi è rimasto il rammarico di non averlo fatto. Mentre correvo ripensavo alla promessa e mi sono domandato se la moglie fosse ancora viva, chiedendomi se non era il caso che mi informassi. Erano passati quattro anni dalla scomparsa dell’amico, a cui mi legava una telefonata all’anno e gli auguri per il compleanno.
Lui abitava in Francia da decenni e non ci siamo più frequentati, rimanendo sempre amici in quelle poche occasioni in cui ci sentivamo. Meno che meno la famiglia con cui non parlavo da molti anni (salvo la chiamata del figlio per avvertirmi della sua dipartita).
Il giorno dopo ero in spiaggia con la mia famiglia e mi arriva una telefonata, che subito non capisco e faccio fatica a individuare chi chiamava. Pensate un po’: Françoise, la moglie del mio amico, che non mi aveva mai telefonato prima, mi stava chiamando per salutarmi e chiedere come stavo, riallacciando i rapporti, dopo almeno una decina d’anni, se non di più.
Eder Lorenzi: un legame empatico (o telepatico?)

È difficile pensare che non ci sia un collegamento di un qualche tipo. Formulo una domanda e il giorno dopo mi arriva una risposta, direi in carne e ossa. Sono anch’io un sensitivo? Jung ha creato una coincidenza straordinaria?
Esiste un campo (morfogenetico secondo Rupert Sheldrake) per cui l’informazione è stata recepita e ha portato all’azione? Certo è incredibile.
L’evento mi ha fatto pensare a quante volte con Eder ci sentivamo mentalmente, chiamandoci all’abbisogna dell’uno o dell’altro, mai a caso o a sorpresa. Lui percepiva i miei stati d’animo, io sicuramente non i suoi, eppure riuscivamo spesso ad essere all’unisono, in quei momenti magici in cui tutto è naturale, lo potevamo constatare nelle sessioni pubbliche dove si poteva toccare con mano il sodalizio complementare che rappresentavamo, tra sperimentatore rigoroso e sensitivo disponibile.
Una maglietta caduta dal cielo

Un altro episodio che mi ha fatto pensare ai legami sottili che legano gli eventi e le persone, è stato durante una delle mie pazze corse.
Mi ero iscritto alla Firenze-Faenza, 100 km sull’Appennino tosco emiliano. Arrivato in cima alla Colla, al cinquantesimo kilometro, mi sono reso conto che avevo perso gli appoggi con i ricambi (maglietta più pesante per la notte al posto della canottiera), perché rimasti indietro a sostenere colleghi meno veloci.
Mi prese una sorta di sgomento pensando che sudato com’ero mi sarei preso un malanno e ricordo bene che ho pensato a Eder e di rimbalzo, non so perché, a Sai Baba di cui lui era un fervente devoto, tanto da spingermi a frequentare il suo villaggio in India.
“Adesso cosa faccio?”.
E mentre formulo questo pensiero, svolto da una curva che apre alla discesa e trovo per terra una maglietta nuova di zecca. Raccolgo, infilo e ringrazio. Concluderò poi assai bene la corsa.
La spiegazione più semplice
Ora, su una strada percorsa da centinaia di amatori, pazzi come me, di sera, con un via vai di auto e furgoncini di appoggio alla corsa, com’è mai possibile trovare una maglietta nuova appena formulato il bisogno di coprirsi? Certo, non posso dire che è stato un apporto, potrebbe averla persa qualcuno dei mezzi che transitavano su quella strada, potrebbe trattarsi di una coincidenza fortuita, ci sono tante spiegazioni possibili.
Tuttavia la più semplice è che in un universo dalle molteplici possibilità, una richiesta d’aiuto abbia mobilitato energie che hanno congiurato per trovarmi una risposta appropriata, forse con lo zampino di Sai Baba (e di Eder). Non ero e non sono un sensitivo, ma camminando a fianco di grandi sensitivi chissà mai che in particolari circostanze abbia comunque recepito da loro un po’ di sensitività.
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