di Francesca Romana Santarelli. Imparare a utilizzare l’immaginazione creativa e il pensiero intuitivo.
Mi sono ritrovata in un periodo particolarmente difficile a spedire a tutti i miei pazienti un bel brano tratto dal Libro Rosso di Gustav Jung.
Dal Libro Rosso di Jung
“Capitano, il mozzo è preoccupato e molto agitato per la quarantena che ci hanno imposto al porto. Potete parlaci voi?”.
“Cosa vi turba ragazzo? Non avete abbastanza cibo? Non dormite abbastanza?”.
“Non è questo capitano, non sopporto di non poter scendere a terra, di non poter abbracciare i miei cari”.
“E se vi facessero scendere e foste contagioso? Sopportereste la colpa di infettare qualcuno che non può reggere la malattia?”.
“Non me lo perdonerei mai, anche se, per me, l’hanno inventata questa peste.”
“Può darsi, ma se così non fosse?” “Ho capito quel che volete dire, ma mi sento privato della libertà, Capitano, mi hanno privato di qualcosa.”
“E voi privatevi di ancor più cose ragazzo.”
“Mi prendete in giro?”
“Affatto… se vi fate privare di qualcosa senza rispondere adeguatamente avete perso.”
“Quindi secondo Voi, se mi tolgono qualcosa, per vincere devo togliermene altre da solo?”
“Certo, io lo feci nella quarantena di sette anni fa.”
“E di cosa vi privaste?”
“Dovevo attendere più di venti giorni sulla nave. Erano mesi che aspettavo di far porto e di godermi un po’ di primavera a terra. Ci fu un’epidemia a Port April, ci vietarono di scendere. I primi giorni furono duri. Mi sentivo come voi. Poi iniziai a rispondere a quelle imposizioni non usando la logica. Sapevo che dopo ventuno giorni di un comportamento si crea un’abitudine e invece di lamentarmi e crearne di terribili, iniziai a comportarmi in modo diverso da tutti gli altri. Prima iniziai a riflettere su chi, di privazioni, ne ha molte per tutti i giorni della sua miserabile vita, per entrare nella giusta ottica, poi mi adoperai per vincere.

Cominciai con il cibo. Mi imposi di mangiare la metà di quanto mangiassi normalmente, iniziai a selezionare cibi facilmente digeribili che non sovraccaricassero il mio corpo, cibi che per tradizione contribuivano a far stare l’uomo in salute. Il passo successivo fu di unire a questo una depurazione di malsani pensieri, di averne sempre di più elevati e nobili.
Mi imposi di leggere almeno una pagina al giorno di un libro su un argomento che non conoscevo. Mi imposi di fare esercizi fisici sul ponte all’alba. Un vecchio un giorno mi aveva detto, anni prima, che il corpo si fortifica trattenendo il respiro.
Mi imposi profonde respirazioni ogni mattina. Credo che i miei polmoni non abbiano mai raggiunto una tale forza. La sera era l’ora della preghiera. L’ora di ringraziare una qualche entità che tutto regala, per non avermi dato un destino di privazioni serie per tutta la mia vita. L’indiano mi insegnò di cibarmi di luce e mandare a me ed ai miei cari quella luce di energia e anche questa pratica fece la comparsa in ogni giorno che passai sulla nave. Invece di pensare a tutto ciò che non potevo fare pensai a ciò che avrei fatto una volta sceso. Vedevo le scene ogni giorno intensamente e mi godevo l’attesa.
L’attesa serve a sublimare il desiderio e renderlo più potente
Tutto ciò che si può avere subito non è interessante. L’attesa serve a sublimare il desiderio e renderlo più potente. Mi ero privato di cibi succulenti, di tante bottiglie di Rum, di bestemmie ed imprecazioni per il resto dell’equipaggio, di giocare a carte, di dormire molto, di oziare, di pensare solo a ciò di cui mi stavo privando.”
“Come andò a finire, Capitano?”
“Acquisii tutte quelle nuove abitudini, ragazzo. Mi fecero scendere dopo molto più tempo del previsto.”
“Vi privarono anche della primavera dunque!”
“Si, quell’anno mi privarono della primavera e di tante altre cose, ma io ero fiorito gradualmente, mi ero portato la primavera dentro e nessuno avrebbe potuto rubarmela più!”.
Come superare i momenti di crisi

Torniamo a noi dopo questo scritto illuminante. Credo fermamente sia così, ritrovando una primavera incontaminata dentro di noi possiamo superare le crisi della nostra vita.
Già i latini parlavano della ricchezza del poter saper vivere in un ortus conclusus (posto recintato) per poi valorizzare il mondo del fuori, dunque vivere il dentro non come un limite, per essere motivati a nuovi passi verso il fuori, riconoscendo le ricchezze che contano.
Sarà per questo che nell’etimologia la parola “crisi” significa trasformazione. Questa capacità di “trasformare” va molto al di là della già importante capacità di adattamento.
Cosa la rende davvero unica? La volontà creativa della ricerca, la forza di trovare soluzioni non attraverso la logica, ma attraverso una parte del nostro cervello non sempre riconosciuta che è l’immaginazione creativa unita al pensiero intuitivo. Il connubio di queste parti con l’ascolto di ciò che arriva dal nostro rinencefalo, parte più atavica ed animale del nostro cervello legato all’istinto, dà luogo a delle percezioni, intuizioni, creazioni totalmente nuove ed utili.
Imparare a trasformare
Tutti ne siamo capaci? Non da subito forse, ma tutti possiamo imparare. Allora come attivare, nel vissuto di crisi, la resilienza, come far incontrare queste parti ad istanze che abitano il nostro istinto, il nostro preconscio ed il nostro conscio?
Staccandoci dalle catene dell’immanenza, staccandoci dal pensiero razionale e dando spazio all’ascolto di parti che abitano livelli più antichi e profondi di noi. L’istinto può farci pensare all’animale che lecca continuamente le sue ferite finché non le rende più pulite, non infette, finché finalmente la può smettere per far arrivare le croste, come lo sa? non lo sa, lo sente e lo fa! Lo fa e funziona.
Istinto + intuizione + ascolto
Quante volte il nostro istinto unito alla nostra intuizione, ci dice molto di noi, degli altri o del mondo, ma quel molto quasi ci fa paura, non lo capiamo, ci prende in contropiede ed allora proprio come si zittisce un bimbo, per altro molto saggio, così lo zittiamo ed andiamo fieri della nostra decisione razionale e piena di logica. Ecco, questo non ci aiuta affatto nella nostra trasformazione, nel dare risposte resilienti. Meccanismi istintivi ed inconsci non ci fanno rinunciare al pensiero vigile, anzi, lo chiamano a gran voce, deve però essere capace di rispetto, di ascolto di queste parti nascoste e deve collaborare con loro per ristrutturare azioni utili, diverse, appropriate al momento difficile da superare.
(1a puntata – continua)
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