di William Giroldini. Grazie a recenti ricerche, oggi sappiamo che le emozioni sono generate dal cuore.
Fino a poco tempo fa si pensava che le emozioni fossero generate primariamente dal cervello e poi andassero a influenzare il sistema nervoso periferico, per esempio il cuore. Quindi palpitazioni o battito cardiaco accelerato erano una conseguenza dello stimolo emotivo vissuto dal cervello.
Ma una recente ricerca, apparsa sulla rivista scientifica americana PNAS, realizzata da bioingegneri dell’Università di Pisa, Padova e dall’Università di Irvine in California, ha trovato che sarebbe il cuore, per primo, a fare sorgere una risposta emozionale.
Questa poi passa al cervello, e di ritorno, il cervello attiva il sistema nervoso simpatico e parasimpatico. Insomma, un ciclo di interazioni che sembra tuttavia avere origine proprio da qualcosa di assai sensibile presente nel muscolo cardiaco.
Se lo studio è corretto nell’individuare nel cuore la radice delle emozioni, allora si aprono nuove prospettive importanti in termini di possibili terapie ad ansia e depressione, che si associano spesso a rischio cardiovascolare aumentato.
La radice delle emozioni ha sede nel cuore

«Se escludiamo alcune teorie proposte agli inizi del secolo scorso, fino ad ora l’attività cardiovascolare è stata vista come un semplice supporto metabolico a sostegno del cervello», afferma Gaetano Valenza, docente di bioingegneria dell’Università di Pisa. «E solo il cervello sarebbe la sede dei processi biologici responsabili dell’esperienza emotiva cosciente.
Noi abbiamo invece evidenze del fatto che l’attività cardiovascolare gioca un ruolo causale nell’iniziare e nel sentire una specifica emozione e precede temporalmente l’attivazione dei neuroni della corteccia cerebrale».
Insomma, prima il cuore e poi l’ansia cerebrale. Stando a questa teoria periferica delle emozioni, non ci verrebbe la tachicardia perché abbiamo paura, ma piuttosto accadrebbe il contrario. Sarebbe proprio l’aumento della frequenza cardiaca ad innestare una reazione d’ansia che poi si trasforma in vero e proprio timore, con sintomi fisici e psicologici.
Complessi modelli matematici
Per arrivare a questa conclusione, i bioingegneri hanno impiegato complessi modelli matematici dei segnali cardiaci e cerebrali. I dati sono stati ottenuti facendo vedere ai soggetti dei brevi video con contenuto emotivo altamente spiacevole o piacevole.
I ricercatori hanno così scoperto che nei primi secondi lo stimolo modifica l’attività cardiaca, che a sua volta induce e modula una specifica risposta della corteccia cerebrale. Un continuo e bidirezionale scambio di informazioni tra cuore e cervello crea quindi l’intera esperienza cosciente dell’emozione e, anche la sua intensità.
Leggendo l’articolo originale, ho visto che i ricercatori hanno utilizzato un modello matematico molto sofisticato. A mio avviso il rischio è di utilizzare un modello che a seconda che (a priori) dia più importanza al cuore o al cervello, adatta i dati sperimentali a se stesso. In ogni caso occorrono altre ricerche indipendenti per dirimere bene la questione.
Le ricerche sulle riposte emozionali

Anche io come ricercatore indipendente mi sono occupato di registrare le risposte emozionali, nel corso delle mie ricerche di psicofisiologia e parapsicologia realizzate negli anni. L’idea era quella di fornire uno stimolo emozionale (un breve video) ad un soggetto e di cercare risposte emozionali anche in un secondo soggetto, distante ed isolato dal primo soggetto stimolato.
I due soggetti dovevano essere in buona relazione fra di loro (amici, fratelli, coniugi etc). In effetti ho poi trovato deboli risposte emozionali (inconsce) anche nel secondo soggetto distante, un dato che supporta un fenomeno di telepatia inconscia.
Come detto, lo stimolo emozionale consisteva in un breve video con emozioni positive o negative, e le risposte fisiologiche ricercate erano la frequenza cardiaca, la resistenza elettrica cutanea (GSR) e le onde cerebrali frontali e temporali (EEG).
La prima risposta che ho trovato è stata di tipo visivo, con un picco di attività EEG (cerebrale) circa 300 ms, ovvero 0.3 secondi dopo lo stimolo visivo. Poi seguivano altre risposte: per esempio il GSR risponde circa 3-4 secondi dopo lo stimolo, mentre sulla frequenza cardiaca non ho trovato anticipazione, come nello studio PNAS, però non ho neppure usato i complessi e ipertecnologici metodi e strumenti del loro studio.
Metodi per migliorare il benessere psicofisico
Ma torniamo alla funzione cardiaca. Da molto tempo si sa, anche grazie alle ricerche condotte dalla società americana HeartMath, che il nostro cuore ha un nucleo di circa 40.000 neuroni in grado di elaborare, memorizzare e compiere altre attività complesse.
Grazie a questa scoperta, gli scienziati della HeartMath hanno messo a punto metodi per limitare i fenomeni ansiosi e migliorare il benessere psicofisico.
Si tratta di metodi per migliorare la cosidetta “coerenza cardiaca”. Di che si tratta? Il nostro cuore batte in media circa 70 volte al minuto, ma non si comporta come un semplice cronometro che pulsa regolarmente, a ritmo costante. Al contrario, il nostro ritmo cardiaco fluttua continuamente. Questo fenomeno prende il nome di Heart Rate Variability, HRV, ovvero,variabilità della frequenza cardiaca.
Questa è dovuta all’azione opposta dei due rami del Sistema Nervoso Autonomo, cioè il Sistema Nervoso Simpatico e quello Parasimpatico.
Il Simpatico è quello che agisce per accelerare la frequenza cardiaca, mentre il Parasimpatico per rallentarlo. I rami nervosi del simpatico e parasimpatico interagiscono continuamente per mantenere un’attività cardiovascolare ottimale e per consentire le reazioni adeguate alle mutevoli condizioni sia esterne che interne al corpo.
La tecnologia oggi fornisce strumenti elettronici che permettono di osservare i ritmi mutevoli del cuore in tempo reale e, utilizzando i dati di ogni impulso, fornire un quadro della variabilità cardiaca istantanea e dello stato di equilibrio o prevalenza di uno dei due rami del sistema nervoso cardiaco.
Importanza della HRV

La HRV rappresenta le fluttuazioni spontanee della frequenza cardiaca: per esempio un cuore sano può fluttuare la propria frequenza da 70 a 80 battiti al minuto in modo veloce, mentre un cuore poco sano resta su una frequenza più costante, per esempio fra 70 e 72 battiti al minuto.
Strano! Si direbbe che un cuore sano deve battere con regolarità e invece no: un cuore sano varia velocemente i battiti perchè si adatta meglio alle mutate esigenze causate da tantissimi fattori, incluse le emozioni.
Ecco che ritornano in gioco le emozioni, anche loro infatti influenzano la HRV.
Gli studiosi e i medici ritengono che la Variabilità della Frequenza Cardiaca sia un indicatore importante dello stato di benessere e di forma fisica. In individui sani il cuore è reattivo, resistente e pronto a intervenire in caso di necessità.
La HRV è anche un indicatore dell’invecchiamento biologico: essa decresce in media del 3% ogni anno. Inoltre, in soggetti giovani e in salute la HRV è elevata, mentre in soggetti anziani o che adottano comportamenti poco salutari, questa decresce considerevolmente.
La ricerca ha scoperto una correlazione fra bassa HRV, rispetto al gruppo di età di appartenenza, e perdita di benessere con conseguente incremento della probabilità di sviluppare una patologia da stress, e perfino infarti.
Tecniche di training formativo

Gli scienziati della HeartMath hanno sviluppato tecniche di training formativo mediante l’ausilio di strumenti di biofeedback per il monitoraggio della HRV, in modo da migliorare la coerenza cardiaca, cioè il funzionamento del sistema cuore-respiro-cervello.
Le tecniche si fondano sulla scoperta che i pensieri e le emozioni influenzano in modo diretto ed immediato il ritmo cardiaco e di conseguenza l’equilibrio psicofisico della persona.
Quindi se si focalizza l’attenzione in modo cosciente e volontario sulle sensazioni positive (come gratitudine, sollecitudine, compassione, amore, ecc.) allora si genera coerenza cardiaca, uno stato caratterizzato da grande equilibrio e benessere.
Vi ricorda qualcosa tutto questo? A me ricorda le tecniche yoga vecchie di 2000 anni che praticamente, agendo sui pensieri e sulle emozioni, ottengono lo stesso effetto, ma senza sapere cosa sia la HRV. La scienza moderna ha riscoperto ciò che già si sapeva fare sul piano pratico delle tecniche mentali orientali, ma che non era noto sul piano scientifico.
Il vantaggio delle conoscenze tecnologiche è che possiamo misurare e quantificare il nostro stato di benessere (la coerenza cardiaca) non solo in modo soggettivo, ma anche oggettivo, cosa senz’altro utile nel mondo caotico e insidioso che ci aspetta al varco ogni giorno.
Per saperne di più:
Sul dipartimento di ingegneria dell’informazione
Video in inglese sul collegamento cuore cervello
Il sito dell’HeartMath Institute
Ottima diffusione di un risultato scientifico probante. Complimenti!