La conquista della libertà

Uscire dalla depressione con una buona psicoterapia

di Lara Scarsella. Storia di un dirigente di successo che cade improvvisamente in terribili stati d’ansia

Guglielmo era un bell’uomo. Alto, solido e di bell’aspetto. A soli 30 anni poteva già annoverarsi tra i più stimati manager della city.

La conquista della libertàRilevata l’azienda di un conoscente travolto dalla devastante crisi del 2008, in pochi anni e a dispetto della sua giovane età, era riuscito a imporla sui mercati internazionali, diventando in breve tempo leader mondiale nel suo settore.

Un vero e proprio self made man. Un uomo molto più che realizzato, all’apparenza. Un vincente lanciato verso un futuro di sempre maggiori successi e agiatezze.

Indipendente e volitivo, sin da bambino era stato il fiore all’occhiello della sua famiglia. Una schiatta umile, in realtà, ma che vantava tra i vari antenati anche valorosi condottieri e spregiudicati mercanti di spezie, caduti tuttavia in disgrazia negli anni duri della peste nera. Da allora la casata aveva conosciuto un rapido declino dal quale non era riuscita più a rialzarsi.

Il prezzo del successo
In questa saga familiare fatta di chiaroscuri Guglielmo rappresentava dunque, per tutti, un’insperata occasione di riscatto. A questo avevano teso gli innumerevoli sforzi e i sacrifici profusi dai suoi genitori e lui, consapevole e responsabile, si mostrava ben compiaciuto di incarnare il ruolo salvifico che gli era stato assegnato e che lui stesso aveva contribuito a delineare per sé.

Tutti soddisfatti, quindi. O forse no…
Ancora una volta nella travagliata storia della sua stirpe, gli eventi presero una piega inaspettata. Nel bel mezzo della scalata al successo qualcosa cominciò a non funzionare.
Al rientro da un importante viaggio d’affari, proprio mentre stava brindando al suo ennesimo trionfo, Guglielmo venne assalito da un incontenibile stato d’ansia che si trasformò rapidamente nel primo di una serie di attacchi di panico che avrebbero irrimediabilmente compromesso la sua folgorante carriera.

In psicoterapia, alla ricerca di se stesso

La conquista della libertà
Woody Allen in “Provaci ancora, Sam”

Persa la padronanza di sé, costretto a disattendere le aspettative proprie e di tutto il suo entourage e per questo caduto in una profonda depressione, non senza significative resistenze iniziali, si risolse infine a intraprendere la psicoterapia.

Scoprì allora di non essere mai stato veramente libero. Proprio lui che si compiaceva di essersi fatto da solo, di non aver mai subito la volontà altrui e di aver sempre scelto seguendo le proprie inclinazioni, scoprì che la libertà non si può raggiungere senza fare i conti con quell’universo inconscio fatto di automatismi e dinamiche conflittuali, ma anche di risorse, talenti e lampi di intuizione divina. E questa era una delle poche cose che fino a quel momento non aveva mai nemmeno preso in considerazione.

Non era certo uno sprovveduto. Conosceva il mondo, la propria storia e la propria famiglia. Aveva sempre avuto un’idea chiara su tutto, sapeva il fatto suo e cosa voleva. Eppure non conosceva veramente se stesso. O almeno, non nel modo che avrebbe potuto permettergli di manifestare e realizzare la missione della propria Anima. In definitiva, tutto quel gran successo non aveva nulla a che fare con il vero motivo per il quale quest’ultima aveva avviato l’attuale transito terreno. Ma lui non ne era mai stato consapevole.

Nuove, inaspettate, istanze e prospettive

La conquista della libertà
Woody Allen con la sua analista in “Provaci ancora, Sam”

La spiccata razionalità, la logica stringente di cui aveva sempre fatto gran vanto e che gli aveva permesso di dominare gli eventi e le proprie emozioni con estrema maestria nulla poteva più, a quel punto, di fronte all’emersione prepotente di nuove, inaspettate, istanze e prospettive.
L’inedita condizione di fragilità psicofisica si rivelò necessaria affinché Guglielmo accettasse un aiuto che mai, altrimenti, avrebbe accolto.

Ci volle un po’ di tempo affinché acquisisse gli strumenti per liberarsi dai condizionamenti ereditati geneticamente, dalle influenze di modelli sociali, culturali e familiari e da eventuali residui karmici. Ma, prima di tutto, gli fu necessario un nuovo approccio filosofico, un cambio di prospettiva che modificasse l’idea che aveva sempre avuto delle logiche che muovono “il sole e le altre stelle”, direbbe Dante.

Utilizzò il suo bell’ingegno in modo nuovo e si appassionò alla fisica quantistica. L’universo cominciò allora ad apparirgli “più simile a un grande pensiero che non a una grande macchina” (Sir James Jeans). E tutto prese un senso diverso.
Una nuova consapevolezza, dunque. È questo che può permetterci di creare la nostra realtà affrancandoci dai condizionamenti e agendo una reale libertà di azione.

Possiamo scegliere il nostro destino?

La conquista della libertà
Tom Cruise e Samanta Morton in “Minority Report”.

In una delle scene più intense e significative del film Minority Report, il pre-cog Agatha supplica John Anderton di usare il suo libero arbitrio per cambiare il proprio destino, quello che lei stessa ha previsto con una precisione disarmante e inappellabile.
Ma se tutto è scritto cosa può fare il nostro eroe? Agatha lo svela e lo ripete più volte a John: “Tu hai una scelta, gli altri non hanno mai visto il futuro” gli dice. “Tu hai ancora una scelta…”

In realtà la pellicola ci mostra anche che la libera determinazione del protagonista non è comunque sufficiente a modificare nell’immediato gli esiti di quanto sta accadendo a causa delle scelte messe in atto dall’antagonista, ogni situazione essendo un atto di co-creazione determinato dal contributo apportato da tutte le parti in causa. Eppure quella lieve modifica del corso degli eventi, generata dalla presa di coscienza di John e che avrà poi conseguenze significative nel medio e lungo periodo, in qualche modo consentirà l’improbabile lieto fine. 

L’imprescindibilità della scelta

Foto di John Hain da Pixabay.

L’imprescindibilità della scelta, è questa la caratteristica saliente della dimensione in cui viviamo. Non è così altrove. Ma è per questo che è tanto importante essere qui a farne esperienza.
Il Bene e il Male, la Luce e l’Ombra, la Vita e il Caos, il Bianco e il Nero, il Giorno e la Notte. Tutto il nostro mondo si esprime attraverso dicotomie all’interno delle quali si annida l’inesorabilità della scelta. Non possiamo esimerci.

Non scegliere è sempre e comunque prendere una posizione che avrà effetti e conseguenze specifici. L’impulso creativo insito nell’atto decisionale può risolversi in una inconsapevole coazione a ripetere di schemi e modelli appresi, ma può anche rivelare tutto il suo potenziale trasformativo ed evolutivo. Tutto dipende dalla nostra comprensione delle cose e dalla nostra capacità di padroneggiarla.

Il Male, ad esempio, è allettante, seducente e lusinghiero. È immediato e figlio di un pensiero semplice. È caotico ed entropico. Il Bene gli si oppone, ma implica impegno e capacità di comprensione. È frutto di una complessificazione del sentire e del pensare. È evolutivo e vitale, nel senso di portatore di vita. È una conquista che si associa a una visione plurale delle cose che dà loro ordine e stabilità.

Non esisto più solo io e ciò che nell’immediato mi soddisfa. Al contrario, il mio benessere è intrinsecamente connesso a quello dell’altro da me e si proietta in un futuro vantaggioso per entrambi. È quello che mi fa dire, con Aristotele, che non si può essere felici in un mondo di infelici. E che la felicità, nonostante sia una conquista individuale e privata, non può che esprimersi nel rapporto con gli altri.
Eppure il Bene ha bisogno del Male per manifestarsi, e viceversa. Poiché è nel confronto con l’opposto che la nostra realtà prende senso e crea se stessa, manifestando la possibilità della scelta.

Predestinazione e libero arbitrio

La locandina di “Slidings doors”

Cosa scegliere, dunque? E come farlo?
Come in un percorso scolastico che preveda un programma ministeriale predefinito (basato sui retaggi biologici, karmici, sociali, culturali, familiari, geografici, storici che ci definiscono già a partire dalla nostra venuta al mondo, fornendoci tanto le risorse personali quanto i nodi sui quali lavorare in una determinata esistenza), ma il cui svolgimento dipenda poi dagli atteggiamenti, dai comportamenti e dalle scelte dell’allievo e di tutte le altre parti in causa, la vita ci si presenta quindi come un mix di predestinazione e libero arbitrio. Quest’ultimo imprescindibilmente connesso alla consapevolezza.

Ma consapevolezza di cosa? È davvero necessario saper prevedere il futuro, come nel film di Spielberg?
Qualora anche diventassimo tutti preveggenti, la cosa non avrebbe comunque senso, poiché l’atto creativo definisce continuamente nuovi futuri possibili. Come delle sliding doors, le nostre scelte determinano la creazione di scenari differenti all’interno di una realtà che non è mai certa ma sempre probabilistica. Una realtà mutaforma.

E Guglielmo?
L’unica consapevolezza che ci è realmente necessaria riguarda dunque noi stessi. E la conoscenza del funzionamento dell’universo in cui siamo immersi. Come la teoria copernicana nacque gravida di implicazioni filosofiche, sociali, culturali e psicologiche (e per questo fu duramente osteggiata), così la fisica quantistica apre oggi scenari che stravolgono il nostro modo di rappresentarci le cose e rivoluziona il nostro rapporto con noi stessi e con il mondo intorno a noi. Guglielmo questo è riuscito a capirlo.

A proposito, ora Guglielmo vive con la sua compagna tra le montagne e gli animali che si impegna a tutelare. Non ha più avuto né episodi depressivi né stati d’ansia e guadagna molto meno di prima…
Ma molto di più di quello che gli sarebbe sufficiente per essere felice.

Foto di copertina da Pexels

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