di Peter Hubscher. L’incontro di un giusto con l’Altro, che lo vuole possedere. Ma il divino non lo permette…
La stazione della metropolitana, affollata di gente immersa nel grigiore della vita ricordava l’Ade. O forse l’Ade era una la stazione finale della metropolitana.

“Lui c’è”, gridò l’uomo pervaso dalla improvvisa percezione della Divina Presenza.
Intorno a lui un cono di luce fece arretrare la densa palude grigia da cui le teste dei viaggiatori spuntavano ignare di esistere. Immerso nella luce, l’Uomo Giusto, il Lamed Vav di questa generazione (ne nasce uno in ognuna delle 36 generazioni che formano un ciclo) si fece avanti pronto al martirio, come prima di lui e dopo lui avveniva. Generazione dopo generazione.
La moltitudine degli ignavi si stava accalcando sulla banchina, richiamata dal suono in avvicinamento del caronteo treno, cieca e disperata.
L’Altro apparve e il Giusto lo vide. Non mostruoso come avevano raccontato, non malefico come molti predicavano, ma portatore di una tristezza infinita. Sorrise e si diresse verso la folla ignara. Il Lamed Vav, sia con benedizioni ricordata la sua memoria, si parò davanti all’Altro e attese. Le mani adunche dell’Altro gli strapparono l’anima dal petto e come un sacco vuoto il corpo del Giusto cadde e giacque.
L’Altro soddisfatto, stringendo a sè la neshma – l’anima migliore – ignorò gli ignavi.
Ma Il Santo Benedetto, memore del Patto, inviò l’Agnello Mistico, il Servo del Signore a ristabilire l’Armonia dell’Infinito Creato.
L’Altro lo vide e rassegnato restituì la neshma scomparendo nel nulla dello Sheol.
La neshma venne rimessa al Lamed Vav.
Il Giusto si rialzò ignaro del suo sacrificio e assieme ai viaggiatori usciti dal grigio e immersi nella tenue luce della salvezza, si precipitò ad entrare nella carrozza numero 18.
אדון המילה המתוקה
adon hamila hamatoka
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