La favola dell’uccello CuCù

di Paolo Menconi. Un racconto per adulti che ascoltano ancora il cuore e per bambini tratto dalle “Fiabe Orientali della Buonanotte”.

In un piccolissimo villaggio, molto a nord, arrivò un inverno così freddo che nessuno ne ricordava uno uguale. Le case erano sommerse dalla neve.
In una di queste piccole casette vivevano quattro ragazzi e la loro mamma. Ormai tutti e quattro erano abbastanza grandi per poter lavorare, ma erano molto, molto pigri.

La favola dell’uccello CuCùLa loro mamma lavorava dall’alba sino a notte fonda per poter portare loro qualche cosa da mangiare. Ogni giorno, andava a pescare, a cacciare, cucinava, puliva la casa, lavava i loro vestiti e correva quando avevano bisogno di qualche cosa.

I ragazzi si alzavano tardi alla mattina e giocavano o poltrivano tutto il giorno. Dopo aver giocato nei boschi, quando rientravano, verso sera, non soddisfatti, avevano ancora altre richieste da farle: “Puoi scrollare la neve dai miei stivali? Puliscimeli bene!” esclamava il maggiore.
“Il mio vestito si è sporcato. Mamma, mi serve domani. Va lavato e asciugato vicino al fuoco!” pretendeva il secondo. “Mamma! Non è ancora pronto! Io ho fame!” si lamentava il terzo, facendo il coro con il quarto.

La mamma si dava un gran da fare e correva a destra e a sinistra per accontentarli. Si rendeva conto di averli troppo viziati sin da quando erano piccoli. Ma ora stavano esagerando!

Un giorno le scorte di cibo finirono. Era freddissimo e nessuno si sarebbe arrischiato a uscire dalla casa con il vento che ululava e spazzava la neve e il ghiaccio. La madre, invece, per dare qualche cosa da mangiare ai suoi ragazzi, andò a pescare nella tormenta.

Quando tornò a casa con qualche pesce era sfinita e congelata dal terribile freddo, e si mise a letto perché stava molto male!
“Ho molto freddo e sono molto malata!” disse ai suoi figli. “Potete andare a prendere un po’ di legna per ravvivare il fuoco?”

Ma i figli si erano buttati avidamente sul cibo che la madre aveva portato e, tra un boccone e l’altro, chi con una scusa, chi con un’altra, si rifiutarono.
“Devo finire di mangiare!” esclamò il primo.
“Nevica troppo forte!” disse il secondo.
“La mia giacca è bagnata!” rispose il terzo.
Il minore non disse nulla: continuò a mangiare ignorando la sofferenza della madre che stava tremando per la febbre e per il freddo.

La favola dell’uccello CuCùPassò la notte e al mattino la tormenta cessò e tornò a splendere un tiepido sole. La madre, dopo una notte di sofferenza, si era fortunatamente ripresa.
I quattro ragazzi, incuranti di tutto, come al solito, uscirono per andare a giocare nei boschi con i loro amici. La giornata passò e quando ormai il sole stava tramontando, tornarono a casa a reclamare la cena.

Ma, aperta la porta di casa, rimasero a bocca aperta: la madre era in mezzo alla stanza e li fissava. Ad un certo punto, per magia, iniziò a trasformarsi in un uccello!
“Cosa sta succedendo?” esclamò uno dei figli.
“Mamma, mamma, ma che cosa succede?” domandò il secondo. “Ma cosa fai?” urlò un altro.
“Ma, si sta trasformando in un uccello!” gridò esterrefatto il più piccolo, sgranando gli occhi.

Era proprio così! La mamma si era trasformata, per l’ingratitudine dei figli, nell’uccello CuCù. L’uccello CuCù non fa mai il nido, depone le uova nei nidi degli altri uccelli, non cova le uova e non nutre i suoi piccoli. La madre li guardò intensamente, un’ultima volta, poi aprì le ali e volò via lontano.

I quattro ragazzi rimasero in piedi pietrificati e senza parole. E così passarono alcuni giorni. Erano davvero disperati ma, per necessità, dovettero imparare in fretta a fare tutto quello che faceva prima la mamma per loro, e si resero conto di quanta fatica lei facesse tutti i giorni per accontentarli.

La favola dell’uccello CuCùTutte le sere la mamma, trasformata in uccello, volando, tornava di nascosto alla sua casa e, dalla finestra, li guardava piangere e li ascoltava parlare tra di loro. “Abbiamo proprio sbagliato con lei! Ci siamo comportati in modo vergognoso!” diceva uno. “Siamo stati molto egoisti!” singhiozzava il secondo. “Non l’abbiamo aiutata quando stava molto male e aveva bisogno di noi!” sussurrava piangendo un altro. “Mi manca tanto! E vorrei potesse tornare per chiederle scusa!” supplicò il più piccolo.

Una sera, dopo aver passato l’intera giornata chi a caccia, chi a raccogliere la legna, chi a cercare bacche nel bosco e a pescare, tornando a casa, videro dal camino uscire un po’ di fumo.

Tutti e quattro si guardarono in faccia e, senza dire una parola, cominciarono a correre verso casa. Spalancata la porta, videro la loro mamma vicino al fuoco che stava preparando la cena. Tutti e quattro le saltarono addosso per la gioia.

Chi piangeva, chi urlava, chi la stringeva, chi le saltava intorno. Non dimenticarono mai la lezione.

Morale- Spesso ci si rende conto del valore delle persone quando si sono ormai perse. Potessimo capirlo prima…

Per saperne di più:
Intervista a Paolo Menconi

I due disegni sono tratti dal libro Fiabe Orientali della Buonanotte

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Presidente di un Istituto di Ricerca Internazionale che collabora con varie Università. CEO e Founder di una Start-up innovativa ed ha al suo attivo numerose pubblicazioni professionali. È stato Direttore Generale di diverse aziende e si occupa da anni di formazione, comunicazione, marketing e sviluppo commerciale. Appassionato di arte, si è occupato attivamente di musica come musicista e compositore e scrive fiabe per bambini.