di Tiziana Etna. Nei libri sacri indiani si parla di carri volanti. Ingegneri moderni hanno studiato i dati d’ingegneria aereo-spaziale trovati nei racconti epici indiani.
Secondo la cosmogonia indiana le caratteristiche delle ere dipendono dal movimento del sistema solare intorno al centro della galassia a cui appartiene, movimento che ha un andamento ciclico e a spirale. Ogni ciclo galattico dura 24.000 anni attraversando otto ere chiamate Yuga: quattro Yuga di allontanamento e quattro di avvicinamento al centro galattico.
Sempre la cosmogonia indiana racconta che 14.000 anni fa, quando il nostro sistema solare era vicinissimo al centro della galassia, gli esseri umani erano connessi al proprio centro interiore ed in grado di percepire l’esistenza in tutta la sua sacralità. Per 4800 anni il Satya Yuga è stata l’età della saggezza e della verità ed è quella che conosciamo come l’età dell’oro. Sono seguiti secoli di bellezza ed armonia, ma allontanandosi dal centro della galassia, il sistema solare ha piano piano perso i benefici influssi e così il microcosmo uomo ha perso la visione del disegno divino; fino a smarrirlo.
Il Kali Yuga, l’era del buio dell’anima

Arriviamo al Kali Yuga, il periodo più distante dal centro galattico, buio e privo di consapevolezze e che noi tutti conosciamo poiché appartiene alla storia nota, toccando l’apice, a seconda delle civiltà, in un lungo periodo, tanto oscuro e squilibrato per l’essere umano, da richiedere l’avvento di uomini straordinari come Buddha e Gesù.
“La mancanza del riconoscimento della divinità intrinseca in ogni uomo porta alla schiavitù, alla violenza ed alla guerra, svanisce anche il desiderio di conoscere le leggi divine ed in senso religioso degenera in culti superstiziosi e nell’adorazione-timore di divinità antropomorfe”, sostiene Dede Riva nel libro Meditazione per la nuova era spiegando la natura dell’apporto psico-spirituale, che le grandi anime hanno dispensato al fine di superare l’epoca buia.
In questa ottica, mentre noi occidentali contestiamo l’approcciarci ai miti e ai libri sacri considerandoli soprattutto per il loro significato letterale, per gli Induisti il mito è storia, narrazione di cronache fedeli di tempi molto antichi.
Moltissime tradizioni parlano con un linguaggio contestualizzato e rapportato alle proprie conoscenze di divinità scese in terra dal cielo conducendo carri infuocati, draghi, serpenti e tappeti volanti, i carri degli dei: così i Veda indiani raccontano dei Vimana.
Prima di entrare nell’argomento è fondamentale ricordare che la letteratura indiana non ha subito tutte le censure dettate dal dogma religioso che invece ha oscurato, vietato e disperso la nostra cultura e la nostra storia. Accolta la premessa, è dunque possibile credere che in un epoca definita dalla stessa cosmogonia indiana “età dell’oro” sfrecciassero nel cielo i Vimana?
Viaggi spaziali e quantistica nell’India antica

Il significato etimologico della parola Vimana, chiamati in Sanscrito Akasa Yantrachè è incerto, viene supposto che derivi dai termini Vi e Man che in Sanscrito stanno a significare luogo abitato che vola, ma non esistono reperti a sostegno di tale considerazione, tuttavia, quando gli antichi testi epici indiani ne parlano, entrano talmente nel dettaglio di particolari tecnici che resta difficile crederli pura fantasia.
I Veda sono una raccolta di testi sacri, divisi in due tipi di racconto, i Deva ed i Manusa. I primi sono riconducibili ai miti ed i secondi ai fatti realmente accaduti; ed è proprio nei Manusa che troviamo resoconti dettagliati e specifiche tecnologiche, tecniche di utilizzo e di volo, la cui descrizione si avvicina molto ai moderni velivoli spaziali.
Nella Baagavaghita che fa parte del Mahabharata, un poema epico costituito da diciannove libri datati dagli storici intorno al 500 a.C., benché il mito orale sia più antico di oltre 10.000 anni, ci sono nozioni di scienza nucleare e si parla di uno scontro epico che viene descritto come uno scenario atomico di fantascienza.
“Gli induisti avevano una visione originale del mondo, credevano ad una realtà quantistica chiamate Trutis, particelle incredibilmente piccole alla base della realtà fisica come la conosciamo. Ciò suggerisce che la civiltà autrice di questi testi conosceva la meccanica quantistica, i testi induisti riflettono o prefigurano le cose che verranno[…]. Forse è un dono a beneficio del nostro sviluppo tecnologico, lasciato dagli extraterrestri per evitare gli errori del passato”, suggerisce David Wilcock nella puntata di Ancient Aliens (Enigmi alieni) Camminano tra noi.

Nei miti si narra che solo dei e semidei possedevano un Vimana, i quali erano di modelli e dimensioni differenti. Altri Veda raccontano che antichi templi emulavano il modello delle città volanti, ad esempio il Tempio di Surya rappresenta un grande carro volante capace di viaggiare sulla terra, sull’acqua e nell’aria.
Ma è il Vaimanika Shastra di Pandit Subbaraya Shastry (1866–1940), un testo scritto nei primi del ‘900 sotto dettatura psichica da parte dell’antico saggio hindu Bharadvaja, a presentare descrizioni sorprendenti.
Composto da tremila versi distribuiti in otto capitoli, questo scritto contiene dettagli tecnici e particolari illustrati in un momento successivo da Yellappa. Secondo i moderni scienziati non è possibile creare un velivolo seguendo le indicazioni del Vaimanika Shastra; nonostante ciò, ci sono raffigurazioni dettagliate di particolari macchine chiamate Yhantra. La cosa curiosa è che il Vaimanika Shastra descrive un televisore, un missile, un condizionatore, che allora non esistevano, e anche un propulsore ionico a vortice di mercurio e le trentadue tecniche di volo che stupiscono gli aviatori moderni.
Le ricerche per costruire i Vimana

Nel 2015 Anand Bodas invita alcuni giovani ingegneri a sperimentare e concentrare le proprie indagini sulla base dei testi vedici; l’ingegnere aeronautico Kavya Vaddadi accoglie l’invito ed esplorando l’antica scienza dei Vimana costruisce un modello in scala testato nel 2017 nella galleria del vento, che ha prodotto risultati assolutamente incoraggianti.
Trasmessa per via orale e trascritta solo in seguito, la conoscenza delle antiche scienze può essere riconquistata. Ricercatori come Kavya Vaddadi sono arrivati a nuove conclusioni.
Grazie alla traduzione inglese di G.R. Joyser del 1952 usata ancora oggi come riferimento per i Vaimanika Shastra, le sue ricerche e scoperte si sono evolute e si trovano nel suo libro Reverse Engineering Vedic Vimana.
“Nel mio libro parlo di nuove interpretazioni degli shlokas (versi, n.d.r.) sanscriti con il loro significato tecnico, concentrandomi su argomenti come Produzione, Difesa Tattica Aerea, Guerre Aeree, UFO, Alieni, Aerodinamica, Strutture, Propulsione, Meccanica dello spazio, Tecnologia Antigravità e prototipi Vimana”, spiega Kavya Vaddadi nell’interessante ed esaustivo articolo di Prashanth VaidVaraj.
Nel deserto del Thar negli anni ‘90 alcuni scienziati trovarono della cenere radioattiva risalente a 12000 anni prima, a conferma di uno scontro spaziale atomico, come quello tra deva e demoni narrato nei Veda. Quello della natura ciclica dell’esistenza è un concetto fondamentale della cultura indiana; stiamo dunque tornando a riscoprire un’antica scienza andata perduta insieme ai Vimana?
Per saperne di più:
Vimana su Wikipedia
Dede Riva “Meditazione per la nuova era”- Edizioni Mediterranee.
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