di Donatella Galletti. Viveva in quel giardino, dove si occupava di far fiorire le piante, da 500 anni. Un giorno da Orione arrivò un globo di luce e ne scesero esseri evanescenti
La giornata era di sole, un pettirosso si era appena posato sulla catalpa che ancora non aveva gemme, e incuriosito la guardava. Cercava di attirare la sua attenzione, ma Gertrud era presa da altri pensieri. Occorreva contare quanti semi nuovi stavano germogliando, se le energie blu della terra fossero a posto, se i lombrichi e tutti gli insetti del giardino stessero facendo il proprio lavoro, altrimenti avrebbe dovuto riprenderli con qualche rimbrotto.

Era instancabile e precisa, si dedicava a quel giardino almeno da cinquecento anni. Non c’era un prima o un dopo, la natura si rinnovava ed era lì a interagire con gli umani che un po’ alla volta se ne erano allontanati.
Sospirò. Era finito il tempo dei poeti che cantavano suonando il liuto gareggiando con gli uccellini nelle foreste e delle fanciulle che vedevano gli spiriti delle acque e della terra.
Ormai quasi nessuno credeva più. Esisteva ora un modo di scrivere i libri e tramandare le notizie che assomigliava al modo in cui gli spiriti della terra comunicavano tra loro: immateriale, etereo e presente in ogni parte del globo appena qualcuno desiderasse sapere la notizia, e questo anche se mille, che dico, un milione di individui la chiedevano allo stesso tempo.
Non c’era bisogno delle grida o di farsi sentire in mezzo a una folla, bastava un piccolo libro tenuto in mano, cangiante a seconda del pensiero di chi lo guardava. Poteva, parlare, cantare, fare vedere immagini.
Non era forse un portento?
No, gli umani avevano deciso che quello sì che era normale, ma che lei, Gertrud, che parlava con gli alberi, gli insetti e gli animali facendosi ubbidire, e guariva le piante, non esisteva.
Non che per i geni della natura esistessero sentimenti quali tristezza o gioia: forse rabbia, anche perché ormai avevano superato la fase in cui andavano in giro a intrecciare le criniere dei cavalli di notte per dar prova della loro esistenza. Avete mai provato a intrecciare un radiatore? Al massimo mandare in cortocircuito un sistema elettronico di un’auto, ma subito sarebbe stata data la colpa a un filo mal posizionato o a un contatto.
Una luce rotonda, vorticante
Improvvisamente in mezzo al giardino si creò una macchia di luce, rotonda, che girava vorticosamente. Gertrud la guardò incuriosita, perché non ricordava di averne viste altre simili.
Passò velocemente in rassegna cosa avrebbe potuto essere: una fata no, perché erano di luce azzurrina e non giallo chiaro come questa, un elfo no, l’avrebbe riconosciuto come della sua specie, gli gnomi men che meno, perché stavano nelle caverne e non amavano la luce intensa, così come non poteva essere un elementale.
La macchia ruotava e si allargava man mano, con un suono tra il sibilo e il pizzicore. Il pizzicore non è un suono, ma lei lo percepiva così, i suoi sensi erano sinestetici: suono, colore o segni erano uniti e percepiti come un unicum. Come avrebbe potuto guarire le piante e parlarci, altrimenti? La macchia stava creando una forma, come un cono tagliato in basso, e la forma era sempre più densa, da trasparente che era all’inizio e poi accecante, ora luccicava, di un metallo tra oro e argento. Era un oggetto molto bello da vedere.

Ad un suono come “biiiizzzzzz” si aprì un oblò, che si allargava, e da lì ecco apparire delle forme che si muovevano. Erano come involucri chiari, ma si potevano intuire all’interno una testa, gambe e braccia.Gertrud non era per nulla spaventata, solo curiosa e ammirata. Sentì un forte suono continuo in testa, in un punto preciso, e iniziò a vedere forme grafiche strane, diverse e aggraziate, che scorrevano. Era una sensazione piacevole, si sentiva amata e considerata nella sua forma migliore. Non sempre con gli esseri umani accadeva così, neanche la notavano, solo qualche bambino le sorrideva e si incantava davanti a lei e alle piante che fiorivano nelle sue mani.
Le forme geometriche si disponevano in cerchio, come in un girotondo, e nella mente Gertrud iniziò a vedere una serie di immagini, un discorso. Capì che era una forma di comunicazione.
“Buongiorno gentile signora, vedo che Lei abita qui”
“Buongiorno, sì certo, ma io non vi ho mai visto, Chi siete e da dove venite? “
“Noi siamo le forme eteree spedite qui a parlare dagli abitanti di Orione, ovvero quello che a grandi linee chiamate Orione. Non siamo loro, ma allo stesso tempo lo siamo, è il loro pensiero collegato via spazio tempo, per essere chiari, che sta parlando.”
“Che significa spazio tempo? Siete nel presente, nel passato o dove? E voi siete loro o non lo siete?”.
Oltre a essere forme un po’ vaghe, non erano neanche chiare nei loro discorsi, pensò Gertrud.
“Siamo loro e non lo siamo allo stesso tempo, un concetto difficile da rendere. Lo spazio e il tempo non esistono, sono concetti però che danno qualche forma di orientamento a voi sulla Terra, perché senza di essi non sareste neanche materia, non esistereste. Come potreste esistere senza sapere neanche chi siete e senza riconoscervi l’un l’altro in uno specchio?”.
“Io non uso specchi, al massimo una pozza d’acqua, e comunque non mi riflette. E come pensavo un momento fa, gli umani neanche mi vedono, quindi per loro non esisto”.
“Noi ti vediamo, e per questo esisti e sei reale, come lo siamo noi agli occhi tuoi. In questo momento siamo il tuo specchio. Vorresti mandare il tuo stato vibratorio sottile su Orione, per parlare con chi ci manda e lasciare che lo esaminino?”.
“Siete molto gentili, ma il mio stato vibratorio sottile fa parte di me e in questo momento mi ha chiesto di non essere separato né mandato da nessuna parte. Vi sarei grata però se mi mostraste di più su chi siete e i motivi per i quali siete qui.”
Gertrud iniziava a essere sospettosa. Sulla Terra gli abitanti erano generalmente molto ospitali con chi arrivava dall’Oltre, che fosse il mondo di Là, quello di Sotto o quello di Sopra, ma pensava che tutti questi estranei al suo mondo e al suo modo di essere se ne stessero approfittando. Come potevano pensare di farla a pezzi e mandare non si sapeva dove ad anni luce di distanza una parte di lei? E se poi non fosse tornata? E se si fosse disintegrata e non avesse più potuto curare le piante?

Sperava solo di riuscire a convincerli ad andarsene come erano venuti, e sparire da qualche parte.
In quel momento apparì un umano. Era un essere che si lasciava possedere dalle ombre più oscure, e aveva fatto del male ad esseri inermi distruggendo più volte col fuoco quello che c’era in giardino e bruciando e tagliando le piante senza un motivo, solo per pura cattiveria e negritudine. Lo conosceva bene, ma non poteva intervenire, doveva solo stare alla larga. Il Re degli Elfi le aveva dato questa consegna.
Era talmente oscuro che non vide nessuno di loro, perché le vibrazioni di luce erano invisibili a chi non fosse sintonizzato per riceverle. Gli esseri nelle tute a sacchetto lo videro e ne furono subito attratti, per la diversità che emanava: sicuramente era un buon soggetto da studiare, per capire come mai la Terra si stesse deteriorando così in fretta, con piante che morivano, fiumi in secca e virus che circolavano indisturbati.
Un lungo fischio aprì una specie di imbuto, alla fine di un grosso tubo attaccato all’astronave, come un’aspirapolvere. Fu questione di un attimo: l’oscuro si ridusse di proporzioni, venne inglobato nel tubo, che a sua volta si dematerializzò. Gli omini rientrarono nell’astronave, una luce avvolse il tutto, di nuovo quel ronzio e poi più nulla, solo un segno nell’erba.
Gertrud tornò tranquillamente a lavorare per far fiorire i rododendri dei quali si stava occupando.
testo e disegni ©Donatella Galletti
Un forte plauso va all’autore,con naturalezza e creatività ha saputo mettere insieme parole e acquerelli. I colori usati quasi in trasparenza, sono un connubio di vibrazioni emozionale.
Ad meliora et maiora sempre.
Rossella
Leggendo la storia di Gertrud mi complimento con l autore,con naturalezza e creatività ha sposato bene “parole e disegni”.
Ha saputo stuzzicare e incuriosire il lettore,catturando l’attenzione.Mi soffermo ad ammirare i suoi acquerelli,emanano vibrazioni emozionali. Il risultato di un vero sforzo creativo è l’ inaspettato.
Bravissima Donatella.