di Massimo Biecher. Tra le prove di Eracle c’è la lotta contro l’Hydra di Lerna: vediamo cosa rappresenta questo mostro e cosa ci insegna il coraggio di Eracle
Nell’articolo su La paura dei serpenti, pubblicato sul n. di febbraio 2021 avevamo introdotto il tema di come le nostre paure venissero rappresentate nei racconti mitologici, scoprendo che vi erano rappresentate due categorie di personaggi. I mostri, che incarnavano le paure, e gli eroi, coloro che erano chiamati ad affrontarle. Tra questi avevamo descritto l’Hydra, che aveva il compito di custodire la fonte dalla quale sgorgava l’acqua che alimentava il lago di Lerna.

Oggi parleremo della figura di Eracle, diventato famoso perché dovette superare ben 12 prove e, come avevamo già visto con la figura di Zeus intento a combattere il mostro Tifone, ci accosteremo a lui come chi è curioso di comprendere con quale spirito ha affrontato la propria angoscia.
La paura nei racconti mitologici
Sì, perché per gli antichi Greci la lotta dell’eroe contro un mostro non era soltanto un espediente narrativo per rendere un racconto più avvincente, ma anche un modo per affrontare in forma allegorica i travagli interiori che ci accompagnano durante la lotta contro le inquietudini quotidiane. E come possiamo vivere il coraggio e la paura.
Ribadiamo nuovamente che lo spirito con cui affrontiamo queste storie mitologiche è totalmente diverso da quello di un fedele di una religione politeista di tremila anni fa o da quello di uno accademico moderno, il quale con piglio distaccato, ci racconta di avventure improbabili e stravaganti, che appartengono ad una società ingenua e superstiziosa del passato.
Noi, grazie all’approccio metodologico fornitoci dalla psicologia archetipica, della filosofia platonica e supportati dallo studio etimologo dei nomi dei protagonisti di questi racconti, ci accostiamo a loro non in modo letterale, ma ci limitiamo a pensarli come rappresentazione personificata del cosiddetto mundus imaginalis, ovvero il mondo degli archetipi primordiali.
Figure che come abbiamo già visto, sono indefinite, ma al contempo complesse e spesso ambigue, le cui storie avrebbero lo scopo di parlarci della nostra anima, del nostro mondo interiore fatto di emozioni, sentimenti, aspirazioni, e paure. Di quel mondo che gli antichi greci chiamavano Psyché.
Cosa rappresentava l’Hydra di Lerna?

La mostruosa ed orripilante creatura che il nostro eroe è chiamato ad affrontare nella sua cosiddetta seconda fatica, aveva le sembianze di un serpente dal busto gigantesco, dotato di otto teste mortali e di una nona, immortale.
È interessante notare, che sebbene il suo aspetto incutesse terrore, in realtà nessun racconto ci ha riferito che essa abbia mai attaccato o sbranato coloro che vivevano nei pressi del lago, ma si limitava, divorando il bestiame e distruggendo le coltivazioni, ad impaurirli ed impoverirli con le sue scorribande.
Immaginarla in queste circostanze, ci fa venire in mente quando per esempio noi proviamo una paura incontrollabile per avvenimenti che potrebbero danneggiarci o persone che riteniamo pericolose, le quali, il peggio che potrebbero fare, è solo quello di incuterci timore o arrecarci costernazione, ma che raramente sono in grado di danneggiarci irreparabilmente.
Sempre nell’articolo che la riguardava, avevamo detto che il mostro custodiva una fonte d’acqua creata dal dio Poseidone, il mitico dio delle acque, che rappresenterebbe in maniera metaforica l’ingresso che conduce verso il mondo dell’anima.
Ricordiamo che Poseidone era il signore del Tartaro, il luogo sotterraneo dove erano stati imprigionati i Titani dopo la battaglia contro gli dei Olimpi capitanti da Zeus/Giove, che al di là delle loro sembianze fisiche, rappresentavano gli archetipi primordiali dell’universo e quindi del nostro mondo interiore. L’Hydra di Lerna sarebbe stata messa lì a rendere difficoltoso l’ingresso a questo mondo.
Essa rappresenterebbe il cosiddetto guardiano della soglia, colui che ci impedisce di ascoltare i nostri sentimenti, di riconoscere i nostri desideri distinguendoli da quelli degli altri e che infine, si oppone affinché scopriamo quello che siamo veramente.
Avevamo inoltre concluso che l’Hydra rappresenterebbe la paura che abbiamo di guardare dentro di noi, il timore di scoprire al di là delle maschere che indossiamo, come siamo fatti nel nostro intimo ed il cui scopo è nasconderci i nostri veri tesori, quegli aspetti che ai nostri occhi condizionati dall’educazione ricevuta e dalle convenzioni sociali, potrebbero apparire odiosi o spiacevoli.
Chi era veramente Eracle?
Eracle, Ercole per i romani, era figlio di Zeus ed Alcmena.
A causa di una intricata successione genealogica, non inusuale nei dei racconti mitologici, il padre risultava essere anche suo trisnonno materno
Abbiamo calcolato che nel suo patrimonio genetico ci fosse il 59,4% dal DNA del padre ed il restante 40,6% della madre.
Questo studio ci ha permesso di comprendere, assieme all’analisi etimologica dei loro nomi, quali delle fantasie, tendenze e predisposizioni dei suoi genitori prevalessero dentro di lui perché, come abbiamo più volte verificato, nel mondo dei miti vale in maniera particolare il detto nomen omen.
Come già visto nell’articolo dedicato a Zeus contro il mostro Tifone, il nome Zeus significherebbe vivente, vivo, ma anche esistenza, modo di vivere, sostanze ed averi, mentre il nome della madre Alcmena, deriverebbe dal termine greco alkimos, cioè – forte, robusto, vigoroso, ma anche coraggioso, prode, valente.
Deduciamo pertanto che in Eracle/Ercole la vitalità, l’attaccamento alla vita è preponderante rispetto alla forza ed al coraggio. Cogliamo l’occasione per far notare che etimologicamente coraggio deriva dalla parola cuore, ovvero il luogo preposto alle emozioni, quindi non avrebbe nulla che a che fare con alcuni modi di dire tipici dei paesi latini che associano il coraggio alle gonadi maschili.

Osserviamo invece come nella lingua tedesca, la parola madre si dice die Mutter (die sta per genere femminile) mentre il coraggio, si dice der Mut (sostantivo maschile), come a dire che questa è la virtù indispensabile per essere madre. Il nome del semidio, invece, che in greco antico suonava come Erakles, contiene i significati di glorificare e di mostrare coraggio, in linea con quello che abbiamo appena mostrato.
Non solo, ma per completare il quadro, aggiungiamo che la sua trisnonna materna si chiamava Andromeda, cioè la signora del coraggio, suo trisnonno Electryon, ovvero il raggiante, mentre la nonna materna si chiamava Anasso cioè la colei che è superiore.
In poche parole, quale figura meglio di lui era in grado di affrontare 12 fatiche, ovvero 12 paure, senza mai tirarsi indietro?
Quali differenze ci sono tra Ares ed Eracle?
Abbiamo iniziato col presentare sotto una nuova angolazione una figura che per secoli è stata vista soltanto come un guerriero muscoloso ed un combattente invincibile. A onor del vero, rinveniamo in lui ben pochi archetipi in comune col dio dell’aggressività Ares, che ricordiamo, non era suo fratellastro ma suo cugino acquisito, dato che il dio della guerra era stato concepito da Hera (il cui nome etimologicamente significa esaltare, esagerare, insuperbire) autonomamente, senza unirsi al proprio marito Zeus.
Ma se Marte combatteva a causa dell’ira o per il piacere e l’eccitazione che gli dava il combattimento, il protagonista del nostro racconto è dotato di una sorta di sottomessa accettazione nei confronti del proprio destino ed affronta le battaglie solo per il senso del dovere o per espiare i propri errori fino in fondo.
Euristeo e le fatiche imposte a Ercole

Reso pazzo da Hera che lo aveva soggiogato mediante un incantesimo, egli uccise la moglie Megara assieme al figlio. Dopo essere rientrato in sé fu consigliato da un oracolo di Delfi, a sua volta manipolato dalla Giunone greca, di purificare il suo grave atto, andando a servire per dieci anni il re Euristeo. Egli era diventato sovrano al posto di Eracle a causa di un intervento subdolo della moglie di Zeus e quindi, temendo di essere spodestato, gli impone 10 fatiche, trasformatesi poi 12, in cambio dell’immortalità.
Ma chi fosse realmente costui ce lo dice una volta di più sempre l’etimologia. Infatti il nome Euristeo è composto da eurys, largo, ampio, e ysteros che starebbe per inferiore, minore, e pertanto, sarebbe colui che è largamente inferiore, in questo caso del nostro eroe.
Indole confermata dal fatto che quando Eracle alla quarta fatica gli consegna il bottino commissionato, cioè il cinghiale di Erimanto ancora in vita, si nasconde per paura dentro una giara. Eracle pertanto, è l’archetipo di colui che non si defila dalle proprie responsabilità ed affronta, anche quando le ritiene ingiuste, le prove delle vita.
Nella prossima parte descriveremo lo scontro tra Eracle e l’Hydra per cercare di rintracciare eventuali consigli od insegnamenti che gli antichi volevano fornire a colui che volesse affrontare la paura incarnata dal mostro messo a guardia della fonte del lago di Lerna.
Bibliografia
Karoly Kerenyi “Gli dei e gli eroi della Grecia” Saggiatore
Jean-Pierre Vernant “Mito e religione in Grecia antica”
David Miller – James Hillman “Il Nuovo Politeismo – La rinascita degli dei e delle dee”
James Hillman, Zurigo, “Plotino, Ficino e Vico, precursori, della psicologia junghiana”
James Hillman “Articolo di presentazione della Psicologia Archetipica” sul sito Treccani
James Hillman “Re-visione della psicologia” Edizione Adelphi
Jean Sinoda Bolen “Gli dei dentro l’uomo” Casa editrice Astrolabio
Francesco Michelazzo “Nuovi itinerari alla scoperta del greco antico” Firenze University Press
Jolande Jacobi “Il Simbolo” Zurigo
Siti
Il sito www.theoi.com la più ricca libreria digitale di libri e testi riguardanti la mitologia greca raccolta dalla biblioteca dell’università di Oackland
e, adoperata da Nasa, e dalle università dell’MIT, Stanford, Harvard e Yale.
https://www.hellenicgods.org/
http://www.miti3000.it/mito/index.htm Mitologia e d’intorni
Grazie! Ho sempre amato la mitologia greca! Sono consapevole che proveniamo da quel primo “Mondo” ancora tutto da dissodare come una terra feconda.
Continuiamo a crescere anche se ogni generazione continua uscire dalla caverna e tutto ricomincia da capo.
“Tutto si può trasmettere meno il sapere! ”
Platone.
Gentile Roberto,
Prima di tutto grazie per l’apprezzamento.
Sottoscrivo inoltre, quando scrivi: “ Sono consapevole che proveniamo da quel primo “Mondo” ancora tutto da dissodare come una terra feconda.”
Penso proprio come te che ogni uomo ed in ogni epoca, troverà sempre in quel “Mondo” qualcosa di se e degli altri.