di Giroldini William. Da moltissimi anni astronomi, astrofisici e fisici studiano un campo ancora misterioso, quello della materia oscura. Vediamo di che cosa si tratta.
La nascita della ricerca della materia oscura è profondamente legata ai grandi progressi fatti in Cosmologia, la branca della Fisica che studia la nascita e l’evoluzione del nostro Universo. Fino al 1930 circa si credeva che la quasi totalità della massa dell’Universo risiedesse nelle stelle delle galassie. La nostra è la Via Lattea, ma esistono miliardi di galassie nell’Universo.
I grandiosi progressi conseguiti alla costruzione dei moderni telescopi – e in particolare ai famosi telescopi spaziali quali Hubble, Kepler e ora il James Webb – hanno portato a una visione dell’Universo radicalmente diversa.
Oggi sappiamo che le stelle ed i pianeti costituiscono soltanto una percentuale irrisoria, circa il 4%, della materia cosmica. La restante parte della massa dell’Universo non è visibile e a tale massa invisibile è stato dato il nome di Materia Oscura.
Inoltre, come se non bastasse, gli scienziati pensano che accanto alla materia oscura esista una particolare forma di energia (nota come energia oscura), la quale, secondo il principio di equivalenza di Einstein (E = mc2), è in grado di dar conto della maggior parte della massa dell’Universo.
Come si è arrivati alla formulazione dell’ipotesi della materia oscura

Sono state le osservazioni di stelle, galassie e ammassi di galassie da parte di astronomi e astrofisici a far nascere l’idea che l’Universo avesse molta più massa di quella visibile.
Infatti, le galassie sono costituite da un nucleo molto luminoso e massiccio di stelle (e di solito anche un buco nero centrale di enorme massa), attorno al quale ruotano le altre stelle, distribuite in maniera tale che la loro concentrazione diminuisce man mano che ci si allontana dal nucleo galattico.
Dalla legge di gravitazione universale di Newton si ricava che in un sistema gravitazionale come quello di una galassia, la velocità delle stelle che si trovano nella regione esterna al nucleo deve diminuire all’aumentare della distanza dal centro. Al contrario, le osservazioni effettuate su centinaia di galassie hanno dimostrato che la velocità delle stelle anche lontane dal nucleo è molto maggiore di quella attesa e inoltre non diminuiva con la distanza.
La prima evidenza dell’esistenza della materia oscura
Questa importantissima scoperta fu effettuata negli anni ’30 del secolo scorso dall’astronoma Vera Rubin, insieme a Kent Ford. Anche Fritz Zwicky negli stessi anni aveva proposto il concetto di materia oscura, ovvero materia che non emette luce ma dotata di massa, per spiegare alcune discrepanze osservate in un ammasso di galassie che non potevano essere spiegate tenendo conto solo della massa visibile (cioè che emette luce).
Vera Rubin e K. Ford ipotizzarono che un grande alone di materia oscura circondasse le galassie, la cui massa avrebbe un grande effetto gravitazionale sulle stelle periferiche capace di spiegare le elevate velocità di rotazione misurate anche a grande distanza dal centro delle galassie. I due scienziati fornirono dunque la prima evidenza diretta dell’esistenza della materia oscura.

Tuttavia ad oggi ancora non sappiamo di che natura sia o da cosa sia formata la materia oscura, ma la sua esistenza è stata confermata da osservazioni in moltissimi sistemi astronomici su larga scala.
Le galassie inoltre, sotto l’influsso della mutua interazione gravitazionale, tendono a formare degli agglomerati noti come ammassi di galassie.
Sempre utilizzando la legge di Newton siamo in grado di determinare quale deve essere il moto relativo di ciascuna galassia di un ammasso mediante la conoscenza della massa totale del sistema, cioè la somma delle masse delle galassie che lo compongono.
Anche in questo caso, le osservazioni sperimentali di un gran numero di ammassi hanno dimostrato che le velocità delle galassie erano anche 400 volte maggiori di quelle calcolate, il che indicava che l’ammasso era molto più “pesante” di quanto non sembrasse.
La natura della materia oscura, questa sconosciuta
Ancora non si sa di che cosa sia fatta la materia oscura. Secondo una teoria sarebbe costituita da oggetti massicci ma non luminosi, per esempio pianeti, nane bianche (stelle che hanno finito di bruciare), nane brune (stelle che non hanno mai cominciato a bruciare), stelle di neutroni e buchi neri.
Per loro natura, questi oggetti emettono una quantità di luce troppo scarsa per poter essere rivelati. Le osservazioni attuali indicano tuttavia che questo tipo di oggetti astronomici può contribuire solo per una piccolissima percentuale alla materia oscura.

Secondo un’altra teoria, la materia oscura sarebbe invece costituita da particelle non ancora scoperte. Si ipotizza che possa trattarsi di particelle chiamate neutralini, o assioni o altre particelle mai osservate e soggette solo alla forza gravitazionale e all’interazione nucleare debole.
Queste classe di particelle, note con il nome di WIMPs sono previste da diverse teorie, sono molto pesanti (100 volte più pesanti di un protone), ed interagiscono pochissimo con la materia. Esse vagherebbero nel Cosmo, addensandosi in prossimità delle galassie a causa dell’attrazione gravitazionale.
Purtroppo al momento le WIMPS non sono ancora state osservate neanche nei più potenti acceleratori di particelle, per esempio al CERN di Ginevra. Questo fatto ha fatto nascere diverse teorie alternative alla teoria della materia oscura, le quali affermano che le WIMPS e la materia oscura semplicemente non esistono.
Le varie teorie e problematiche
Nel 1981 il fisico Mordehai Milgrom ha proposto la teoria MOND, acronimo di Modified Newtonian Dynamics (dinamica newtoniana modificata). Essa prevede che sulle scale di distanza tipiche delle zone esterne delle galassie, la legge di gravitazione universale di Newton debba essere leggermente modificata, in modo da ottenere delle curve di rotazione piatte senza fare ricorso alla materia oscura (Fig. 2).
Un altro fisico, Erik Peter Verlinde, propone una nuova descrizione della gravità in termini quantistici, tramite entità chiamate Qubit, che sarebbero costituenti elementari dello spazio-tempo, da cui consegue una complessa trattazione matematica per analizzare la trasmissione dei qubit a livello microscopico.

«Le informazioni associate alla materia e alla sua posizione si influenzano a vicenda», spiega. «Alla nostra scala umana non percepiamo il flusso di informazioni, che cambia istante per istante, ma solo il risultato, cioè materia che muta posizione nel tempo. Ecco come emerge la gravità».
Verlinde risolve il problema alla radice: «I miei ultimi calcoli mostrano che la gravità cambia considerando dimensioni sempre più grandi. Alla scala dell’universo nel suo insieme assume proprio le caratteristiche che spiegano il movimento delle stelle nelle galassie e la struttura degli ammassi. Quindi non c’è più bisogno di introdurre artificiosamente la materia oscura, che semplicemente non esiste».
Questa visione porta con sé un’altra bizzarria: il cosmo può essere descritto come un enorme ologramma, cioè una rappresentazione in due dimensioni di un oggetto 3D. Verlinde, infatti, esprime l’Universo e le relazioni tra le particelle che lo compongono in termini di qubit disposti su un piano: in pratica, è come dire che il cosmo può essere trascritto in un enorme foglio.
L’energia oscura, un altro mistero
Abbinata alla teoria della materia oscura c’è anche la cosiddetta energia oscura (Dark Energy), che rappresenta la componente più rilevante del nostro Universo. Secondo le più recenti osservazioni sperimentali, essa sembra costituire il 70% della densità di massa dell’Universo. In più sappiamo che l’Universo è in espansione accelerata. Altro mistero che si cerca di comprendere.

Negli Anni ’30 Einstein, nel formulare la sue teoria della relatività generale, introdusse una costante, che egli stesso chiamò “costante cosmologica”. Tale quantità rappresenta in maniera semplificata l’energia che si può associare allo spazio vuoto e quindi è presente in ogni parte dell’Universo.
Einstein introdusse la costante cosmologica per fare in modo che la sua teoria descrivesse un Universo statico (come al tempo si pensava che fosse). Quando si scoprì che l’Universo era invece in espansione, egli riscrisse le sue equazioni senza la costante cosmologica, definendola “il suo più grande sbaglio”, ma senza sapere che in un futuro non troppo lontano essa sarebbe stata ripresa in considerazione.
La particolarità dell’energia oscura è che essa agisce come una gravità negativa, ovvero tende a far espandere l’Universo e si contrappone alla attrazione gravitazionale della materia ordinaria e della materia oscura.
Quello dell’energia oscura è un campo ancora molto poco chiaro ma allo stesso tempo intrigante e studiato da un gran numero di cosmologi. Osservazioni sperimentali possono essere eseguite in maniera indiretta per determinare la concentrazione di energia oscura: la sua esistenza infatti, determinerebbe una accelerazione nell’espansione dell’Universo che può essere rivelata osservando sorgenti di luce molto intense e molto distanti dalla Terra, come le supernovae lontane.
E ancora una volta interviene la Teoria di Verlinde. «Anche l’energia oscura è stata aggiunta ad hoc per spiegare le osservazioni. Invece nella mia teoria risulta in modo spontaneo dai calcoli», sottolinea Verlinde.
Tuttavia la gran parte dei fisici e astrofisici predilige ancora l’ipotesi della reale esistenza della materia oscura, e non accetta le ipotesi alternative di Milgrom o Verlinde o altri fisici teorici.
La ricerca continua: chi avrà alla fine ragione?
Numerose ricerche in tutto il mondo stanno cercando di risolvere questi misteri sul nostro Universo con un impressionante armamentario strumentale e scientifico. Miliardi di dollari ed euro per allestire esperimenti in laboratori sotterranei, laboratori spaziali, satelliti e telescopi in orbita, etc. Potrebbero sembrare queste risorse impegnate in problemi lontani dalla vita quotidiana della gente. Ma le ricadute tecnologiche e scientifiche sulle nostre vite “normali” sono invece assai considerevoli.
Basti pensare che i nostri computers, cellulari, l’intera rete Internet, gli strumenti per diagnostica come la Risonanza Magnetica, la TAC, la PET e molte altre tecnologie mediche derivano direttamente da queste conoscenze di base della fisica e della informatica. Per questa ragione la ricerca sul nostro Universo deve continuare ad essere una parte fondamentale, preziosa ed entusiasmante della conoscenza umana. Per questo dobbiamo sempre guardare alle stelle nel cielo con grande stupore e meraviglia. Perchè noi siamo letteralmente fatti di polvere di stelle.
Leave a Reply