di Donatella Tordoni. Durante un viaggio in Tailandia, vicino a un tempio buddista, l‘emozionante incontro con una tigre del Bengala, un magnifico felino che si lasciava abbracciare.
Tutto ebbe inizio nel 2006 mentre, distrattamente, ero intenta a dare un’occhiata alla programmazione TV della serata: un documentario di Animal Planet monopolizzò all’istante la mia attenzione.
Si parlava di un monastero in mezzo ad una foresta nel nord della Tailandia, dove una piccola comunità di monaci conviveva pacificamente da anni con una comunità di undici tigri.
Questa convivenza alquanto anomala mi convinse ad approfondire l’argomento. Guardando il documentario, potevo osservare un’interazione pacifica e rispettosa fra i monaci e le tigri, le quali avevano libero accesso al tempio.
Dove i monaci convivono con le tigri

Ma più guardavo, più non trovano spiegazioni plausibili: quello che osservavo era l’opposto di ciò che sapevo in materia di tigri. Questi felini sono animali solitari, non vivono in branchi e non si addomesticano.
Quello che per buona parte del filmato si stava rivelando un enigma, mi fu improvvisamente chiaro quando il monaco-abate con accanto la sua maestosa compagna, una gigantesca tigre del Bengala di quasi 200 kg., pronunciò queste parole: “Perché non possiamo vivere insieme? Abbiamo lo stesso sangue.”
Ecco, dissi fra me e me, cosa era successo: un livello superiore, fra essere-umano ed essere-animale, era avvenuto un riconoscimento della comune fonte di origine e vita; di conseguenza l’uomo non temeva le tigri e le tigri non avevano paura dell’uomo.
Questa consapevolezza, che si accese in me come una lampadina, scatenò il forte desiderio di andare a constatare con i miei occhi, di fare io stessa esperienza di questo legame profondo che unisce tutti gli esseri viventi al di là della forma.
Fortuna fu che in quegli anni, mio marito ed io avevamo scoperto la magia di quel Paese meraviglioso che è la Tailandia, da tempo la meta delle nostre vacanze. Così quell’anno sarebbe stato arricchito da una nuova esperienza.
Un viaggio emozionante

Dentro di me, avevo già deciso di assecondare quel richiamo forte ed improvviso che avevo percepito. Quando arrivammo a Bangkok nell’agosto 2006, il mio solo pensiero era fisso su come raggiungere il Tiger Temple (Tempio delle Tigri) a circa 100 km da Bangkok. L’organizzazione del viaggio non si rivelò poi così difficoltosa.
Kanchanaburi è famosa soprattutto per il “ponte sul fiume Kwai” e quindi meta di diverse escursioni organizzate. Mio marito ed io potemmo quindi aggregarci ad una di queste, anche se la nostra meta finale sarebbe stata completamente diversa.
Una trepidante sensazione di attesa, come quella dei bambini alla vigilia di Natale, mi accompagnò per tutte e tre le ore di viaggio insieme ad un crescendo di emozioni diverse. Era quasi una sorta di preparazione ad un evento che potevo solo immaginare e che anelavo vivere al più presto.
Al monastero entro in uno spazio sospeso…
Quando giungemmo al monastero, ci fu chiesto di firmare una liberatoria in caso di qualsiasi “inconveniente” con le tigri. Ero già al corrente che non avrei dovuto indossare abbigliamento con colori accesi, tipo rosso o giallo, ai quali le tigri sono molto sensibili. Quindi, ero pronta, dentro e fuori.

All’arrivo fui subito colpita dall’inusuale calma e pace che si respirava tutt’intorno. Mi sentivo catapultata in un limbo, in uno spazio “sospeso”, in una dimensione a me sconosciuta fino a quel momento. E poi quel silenzio avvolgente … Ero nella foresta, ma non ero per nulla intimorita. Si percepiva in quel luogo un’energia positiva di grande protezione.
Così non mi turbai minimamente quando mi ritrovai ad incrociare sul sentiero un branco di una decina cinghiali con i piccoli. Né i cinghiali né io fummo turbati dalle rispettive presenze. Anzi mi soffermai ad osservarli per diverso tempo, grata e felice per questa straordinaria possibilità.
In quel contesto, per me fu un incontro “normale”, come lo fu il trovarmi poco dopo in mezzo ad una mandria di bufali d’acqua e il soffermarmi accanto ad un piccolino con la sua mamma accanto.
Mi godetti tanto quell’esperienza di armonia per poi scoprire, successivamente, che i bufali d’acqua non sono poi così pacifici come sembrano. Ma lì, in quella foresta, tutto era possibile, naturale.
La grande e possente tigre del Bengala

Giunse quindi il momento tanto atteso. Quando vidi la prima tigre, percepii un’emozione fortissima che si tradusse in un sobbalzo in gola del cuore: ma non per paura o timore. Era un susseguirsi di emozioni diverse che quasi inspiegabilmente rasentava la commozione.
La grande tigre del Bengala camminava lentamente al fianco del monaco-abate, quasi misurando il suo passo al suo. Il monaco aveva la mano destra appoggiata sul dorso dell’animale che gli arrivava quasi al fianco e con la sua potente mole sovrastava di parecchio l’esile figura dell’uomo.
Li seguimmo fino ad un canyon con un ruscello. Lì c’erano le altre tigri.
La visione che si presentò ai miei occhi fu di grande impatto e bellezza. Alla luce del sole, il colore bianco delle rocce calcaree del canyon faceva risaltare ancora di più il mantello arancio-ocra delle tigri.
Avevo chiesto in precedenza di potermi avvicinare agli animali ed ero quindi lì in fervente attesa del mio momento. Quando arrivò, mi sembrò di vivere in un sogno.
Percepisco la tigre come un essere di un altro livello

Fui accompagnata proprio dalla grande tigre del monaco-abate che, sdraiata, si godeva il caldo sole pomeridiano. Un monaco, dopo avermi chiesto di sedermi accanto a lei, mi diede delle brevi istruzioni di comportamento.
Ma io ero già da un’altra parte. Non ci sono le parole adatte a descrivere il turbinio di emozioni che in quei momenti si muovevano dentro di me, in particolare quando poi mi ritrovai l’enorme testa della tigre sulle gambe e potei abbracciare, toccandolo, il vigore di quel corpo.
Ero consapevole che quello che stavo vivendo riguardava la mia parte più intima, quella vera. Un profondo senso di riverenza e rispetto verso la maestosità di questo animale, questo sì che lo ricordo bene. Avevo realizzato di trovarmi al cospetto di un “essere di un altro livello”. Lo avevo percepito chiaramente dalla forza che emanava che nulla aveva a che fare con la sua fisicità.
La lucentezza e la morbidezza di velluto del mantello e un profondo sommesso ruggire alle mie “rispettose” carezze facevano da cornice a quel sentimento intimo di gratitudine profonda che provavo nei riguardi di questo essere regale che mi aveva concesso di avvicinarmi e di godere della sua presenza. Non percepivo l’animale tigre come tale. Mi era chiara, tuttavia, la natura dell’essere interiore che abitava in quella forma.
Uno sguardo che non dimenticherò mai

Tornai poi al Tiger Temple per quattro anni successivi. Ogni volta le esperienze furono diverse ma sempre molto profonde, incisive e uniche. Ricordo ancora che una volta, mentre stavo accarezzando una delle tigri, avevo iniziato con lei un colloquio silenzioso, a livello del cuore. Desideravo solo esprimerle il mio ringraziamento e trasmetterle il rispetto e l’amore che provavo nei suoi confronti.
Inaspettatamente, si alzò all’improvviso, girandosi su sé stessa. Per qualche interminabile istante, ci ritrovammo quindi faccia a faccia a distanza ravvicinata, fissandoci l’un l’altra intensamente negli occhi. Nonostante gli anni, quello sguardo rimane indelebile, impresso a fuoco dentro di me.
C’era un’intima gioia ad ogni visita al Tiger Temple. Era un po’ come se per me quel luogo rappresentasse un ritornare alla propria vera casa, accolta e circondata da quell’armonia primordiale, intatta e dall’amore che regnava fra esseri viventi seppur di specie diverse.
E lì, in mezzo alle tigri, un giorno mi fu improvvisamente chiaro come fosse il Paradiso.
foto di Donatella Tordoni©
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