di Franco Bianchi. Al di là di quella porta c’erano dodici persone, vestite con tuniche bianche con lunghi capelli e barbe bianche candide. Ma solo una mi rivolse lo sguardo e la parola
La vita è un’incognita e quando credi di essere in pace o di aver capito tutto ecco che bussa alla tua porta un evento che scombussola tutto in poco tempo, ribalta, trasforma il tuo percorso, distrugge le tue credenze, sconvolge gli equilibri: si chiama vivere.
Ognuno di noi ha certamente vissuto uno o più episodi di questo genere, per alcuni ci sono momenti topici che hanno trasformato profondamente il prosieguo dell’esistenza: alcuni ricordi, una frase, un profumo, un’emozione o un evento particolare.
Un mio amico da bambino vide delle candele, in chiesa, che si spensero in concomitanza all’emissione di note molto basse emesse da un organo e decise che da grande avrebbe scoperto il perché. Si laureò in fisica, divenne ricercatore e scoprì l’arcano, oltre ad approfondire ben altri argomenti.
Una pietra miliare per la mia vita

È stato un evento molto intenso e non so se le scarne parole potranno rendere l’idea delle profonde emozioni che ho provato. Avvenne agli inizi del mio percorso nello studio delle energie sottili mentre stavo eseguendo delle meditazioni durante un seminario a cui partecipavo in qualità di allievo istruttore.
Ebbi un’esperienza spontanea alquanto speciale ma, come ho verificato in seguito, non unica: altre persone hanno vissuto, più o meno, il medesimo viaggio.
Pur essendo passati decine d’anni, il ricordo di quei momenti è tuttora molto vivido in me, sebbene alcuni dettagli si siano sfuocati con il tempo.
Ho catalogato questo fatto solo molti anni dopo come un’uscita dal corpo contraddistinta da immagini molto chiare e vere, come se io fossi stato veramente lì.
Il corridoio verso il tavolo dei dodici
Mi sono ritrovato a percorrere uno strano corridoio, qualcosa di simile a quelli che molti anni dopo avrei visto nei telefilm di Star Treck. La sezione dello stesso era trapezoidale ed i muri, dal colore grigio, erano i inframmezzati da rinforzi sporgenti. Non vi erano finestre ed il silenzio era assoluto.
Arrivai in fondo al corridoio dove c’era una porta verde scuro, di legno. Sapevo di dover entrare e che all’interno c’era qualcuno che mi aspettava, avvertivo solo curiosità senza alcuna paura.
Aperta la porta mi trovai in una sala quasi quadrata, moquette, tendaggi verdi spessi del colore della porta. Nel centro della sala un lungo tavolo con un panno verde e dietro di esso alcune persone sedute, vestite con tuniche bianche con lunghi capelli e barbe, anch’esse bianche candide.
La prima impressione fu di essere innanzi all’impersonificazione dell’ultima cena di Leonardo. Quasi tutti stavano parlando tra loro amabilmente incuranti della mia presenza. La prima cosa che feci fu di contarli: erano dodici. Uno solo non parlava: seduto alla estrema mia sinistra, mi stava osservando bonariamente pronto ad accogliermi. Mi avvicinai cautamente e gli chiesi: «Chi sei e cosa ci faccio qui?»
Mi rispose con un sorriso: «Il mio nome è…». E pronunciò un nome doppio e breve apparentemente non terrestre che mi imposi di ricordare, ma che dimenticai quasi subito, nonostante la mia memoria prodigiosa. Aggiunse: «Benvenuto, ti stavamo aspettando».
Ero attonito perché tutto sembrava così vero e nello stesso momento così assurdo.
Ripetei più volte, un po’ innervosito: «Cosa ci faccio qui? Cosa sta accadendo?».
«Tu hai una missione», rispose sorridendo bonariamente e tranquillamente. «Lo sai vero?».
Dentro di me sapevo che c’era qualcosa di vero, anche se non mi sentivo assolutamente all’altezza di un simile compito. Ma di quale missione stava parlando, che avrei dovuto fare?
L’unica cosa che ipotizzavo riguardava i corsi che stavo frequentando e che erano diventati la mia filosofia di vita e attraverso i quali avrei potuto aiutare un po’ di persone. Ma era tutto così assurdo: ero solo uno studente di ventiquattro anni. Era tutto troppo confuso.
Una svolta importante per la mia vita
In quel momento la voce guida dell’istruttore mi disse di uscire dalla meditazione. Sapevo che dovevo ritornare, anche se la voglia di saperne di più era tanta. Ma obbedii facendo il percorso a ritroso fino allo stato di veglia.

Ero profondamente eccitato, frastornato, incuriosito, travolto dagli eventi. In realtà non sapevo come collocare l’esperienza appena vissuta: un sogno? Un’illusione? Effetti della meditazione? Qualcuno parlava dell’esistenza di esercizi superiori di cui, però, nessuno sapeva nulla.
Così, appena mi fu possibile, ne parlai con Giulio, il mio istruttore di riferimento, che mi guardò diritto negli occhi senza rispondere. Credevo, così ci si comportava allora, che la “verità” avrei dovuto scoprirla da solo, ma mi sembrava contento della mia esperienza.
Avrei scoperto, molto tempo dopo, che all’epoca nessuno aveva la più pallida idea di ciò che mi era capitato, ed anche oggi non credo siano tante le persone in grado di fornire un’equilibrata indicazione in merito.
In ogni caso questa esperienza fu una svolta importante per me e custodii gelosamente il segreto di quei momenti parlandone molto raramente e con estrema cautela.
Il mio lavoro, la mia missione
La spiegazione di questi momenti tutt’ora può essere molteplice, ma resta indelebile il messaggio che ha modificato il corso della mia vita. Queste tecniche che avevo acquisito e che mi accingevo ad insegnare con gioia sono diventate un modo di vivere, di relazionarmi a cui non potevo e non posso rinunciare, erano diventate un argomento non negoziabile, una vera missione di vita. Sono passati più di quarant’anni e la decisione presa è stata mantenuta, anzi è diventata da parecchio tempo la mia vita ed anche il mio lavoro.
Mai ho provato orgoglio per quello che ho vissuto, non mi sono sentito speciale, solo responsabile e con semplicità e spero umiltà ho proseguito negli studi facendo ricerca e mettendomi al servizio, consapevole che era la sola cosa che avrei potuto fare nella vita.
Nel tempo ho svolto anche la mansione di dirigente di azienda per tredici anni e, pur amando tale lavoro, sapevo che era una preparazione per dedicarmi a tempo pieno agli argomenti agognati.
Un inutile viaggio di ritorno
Mi hanno chiesto se fossi mai tornato al tavolo dei dodici. La risposta è che non mi è mai venuto alla mente di farlo. Pensavo che loro mi avevano chiamato e che, se avessero avuto ulteriori messaggi, mi avrebbero richiamato.
Ma spinto dalla curiosità ritornai in meditazione sul luogo del delitto trovando il portone di ingresso spalancato e la sala vuota. Invece che restare deluso avvertii l’inutilità di quel viaggio di ritorno di cui intuitivamente conoscevo già il risultato.
Quindi? Voltandomi indietro certamente questo episodio è stato determinante per la mia vita: in realtà io sapevo dell’importanza che rivestiva per me il percorso che stavo iniziando, ma i dodici mi hanno dato una spinta, una conferma che la strada imboccata era quella giusta per me e che avrei dovuto proseguirla senza indugio.
A distanza di tempo restano i ricordi indelebili: tante emozioni, gioia ed entusiasmo irrefrenabili, una certezza interiore a prova di bomba. Non so dare un’unica verità sull’interpretazione di quel viaggio, ma non mi interessa poiché il messaggio è arrivato chiaro e forte: e di questo sono grato e riconoscente.
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