di William Giroldini.
Ipazia fu una grande studiosa, filosofa, matematica e astronoma, vissuta nella seconda metà del IV secolo d.c.
Questo mio articolo vuole essere un omaggio alla memoria di questa grande donna, autentica rappresentante del migliore spirito dell’umanità ed estremamente moderna. Ipazia è stata celebrata in romanzi, poesie, opere teatrali, quadri e, in epoca moderna, film.
Era nata ad Alessandria d’Egitto, alcuni decenni prima che questa città diventasse parte del nuovo Impero Romano d’Oriente, probabilmente fra il 350 e 360 d.c.
Noto era anche il padre, Teone, geometra e filosofo che studiava e insegnava ad Alessandria, dedicandosi in particolare alla matematica e all’astronomia, il quale osservò l’eclisse solare del 15 giugno 364 e quella lunare del 26 novembre. Ipazia fu quindi allieva prima e collaboratrice poi del padre e ne assorbì tutta la cultura classica e l’amore per la matematica, l’astronomia, e la filosofia, come attestato dallo stesso Teone.
A capo della Scuola alessandrina
Le fonti antiche sono concordi nel sostenere che Ipazia non solo fosse stata istruita dal padre nella matematica ma anche che ella divenne migliore del maestro, particolarmente nell’astronomia e che, infine, sia stata ella stessa maestra di molti allievi nelle scienze matematiche.
Queste affermazioni sono di Filostorgio, il quale fu uno storico della Chiesa, ma anche un appassionato ed esperto di astronomia e di astrologia.
Matematica, astronomia e filosofia, come aveva già attestato il padre, Ipazia aveva tutti i titoli per succedere al padre nell’insegnamento di queste discipline nella città di Alessandria.
La tradizione dell’insegnamento delle scienze mediche e della matematica e filosofia era assai antica ad Alessandria, mantenendo un grande prestigio. Nel 393 Ipazia era a capo della Scuola alessandrina, come ricorda Sinesio giunto ad Alessandria per seguirvi i suoi corsi.
Le fonti antiche le attribuiscono sicuramente un commentario a un’opera di Diofanto di Alessandria (grande matematico), che dovrebbe essere l’Arithmetica, e un commentario alle Coniche di Apollonio di Perga. In dubbio se ella abbia composto anche un’opera originale sull’astronomia Canone astronomico.
A causa della mancanza di ogni suo scritto diventa difficile stabilire il contributo effettivo di Ipazia al progresso del sapere matematico e astronomico della scuola di Alessandria.
Tuttavia secondo Kline, quella scuola possedeva l’insolita combinazione di interessi teorici e interessi pratici che doveva rivelarsi così feconda un migliaio di anni più tardi. Fino agli ultimi anni della sua esistenza, la Scuola alessandrina godette di piena libertà di pensiero, elemento essenziale per il fiorire di una cultura e fece compiere importanti passi avanti in numerosi campi che dovevano diventare fondamentali nel Rinascimento: la geometria quantitativa piana e solida, la trigonometria, l’algebra, il calcolo infinitesimale e l’astronomiaª.
Sinesio, un allevo eccellente

Notizie sui progressi e sulle conoscenze ereditate e sviluppate da Ipazia provengono dall’allievo di Ipazia, Sinesio, il quale fornisce un esempio di tali perfezionamenti teorici e pratici nell’astrolabio da lui fatto costruire e concepito sulla base di quanto gli insegnò la sua veneratissima maestra.
Nel film Agora (2009), di Alejandre Amenàbar, si lascia intendere che Ipazia aveva concepito che la Terra fosse sferica ed il Sole in orbita attorno alla Terra secondo una curva elittica, anziche circolare come si riteneva allora. In realtà la concezione astronomica allora dominante era quella di Tolomeo, che poneva la Terra al centro dell’Universo e il Sole, e la Luna ed i pianeti orbitanti attorno alla Terra in orbite complicate chiamate Epicicli.
Probabilmente i matematici e gli astronomi del tempo di Ipazia non consideravano affatto l’opera di Tolomeo la definitiva parola in fatto di conoscenza astronomica: al contrario, essa era correttamente ritenuta una semplice ipotesi matematica, segno che per gli astronomi alessandrini era necessario proseguire le ricerche, per giungere possibilmente alla reale comprensione della natura e della disposizione dell’universo.
Secoli dopo, il modello Tolemaico fu sostituito dal modello eliocentrico di Niccolò Copernico secondo cui la Terra ed i vari pianeti ruotano attorno al Sole mentre la Luna ruota attorno alla Terra.
La filosofia di Ipazia
In assenza di opere autografe occorre fare ancora riferimento agli scritti del suo allievo Sinesio secondo cui il filosofo greco Porfirio, allievo di Plotino, era il preferito di Ipazia, oltre ai classici Platone ed Aristotele e tutti gli altri filosofi greci.
Sinesio rimase devotissimo alla sua maestra per tutta la vita, e assieme a lei e ad altri, fece parte di un circolo di iniziati alessandrini, con i quali condivise i misteri della filosofia. Ipazia gli avrebbe insegnato a considerare la filosofia uno stile di vita, una costante religiosa e disciplinata ricerca della verità.
La filosofia di Plotino fu accolta da Sinesio e Ipazia in un modo che si distingueva sia dal neoplatonismo orientaleggiante, sia dal neoplatonismo anticristiano della scuola ateniese, in nome d’una certa neutralità nei confronti del cristianesimo.
Nella loro concezione, la filosofia è l’unità delle conoscenze, la scienza delle scienze, ma è anche il mezzo con il quale l’uomo comunica tanto con i suoi simili che col dio: non si tratta, pertanto, di una comunicazione mistica o fondata su pratiche magiche, bensì razionale e tipica dell’uomo, il quale non Ë infatti un puro spirito, ma uno spirito calato nell’anima di un essere vivente.
Ipazia era giunta a tanta cultura da superare di molto tutti i filosofi del suo tempo, a succedere nella scuola platonica ispirata a Plotino e a spiegare a chi lo desiderava tutte le scienze filosofiche. Per questo motivo accorrevano da lei, ad Alessandria, da ogni parte tutti coloro che desideravano pensare in modo filosofico.
Un’altra testimonianza sulla vita di Ipazia proviene da Damascio, che alla fine secolo si stabilÏ ad Alessandria. Egli scrive che Ipazia di natura più nobile del padre, non si accontentò del sapere che viene attraverso le scienze matematiche a cui era stata introdotta da lui ma, non senza altezza d’animo, si dedicò anche alle altre scienze filosofiche. La donna, gettandosi addosso il mantello e uscendo in mezzo alla città, spiegava pubblicamente a chiunque volesse ascoltarla Platone o Aristotele o le opere di qualsiasi altro filosofoª.
La distruzione dei templi di Alessandria
Con l’imperatore Costantino l’Impero Romano passò da una religione politeista a quella cristiana, che divenne religione di Stato. Alessandria d’Egitto era nata nell’antica religione politeista egiziana ed Ipazia seguiva questa antica religione.
Nell’ultimo decennio del IV secolo, ad Alessandria erano stati appena demoliti i templi dell’antica religione per ordine del vescovo Teofilo, una demolizione che simboleggiava la volontà di distruzione di una cultura alla quale anche Ipazia apparteneva e che ella era intenzionata a difendere e a diffondere.
In questo periodo di transizione, cristiani, ebrei e politeisti convivevano, ma la pace sociale durò abbastanza poco. All’aumento dei cristiani nella società alessandrina ci furono scontri sanguinosi fra queste diverse culture. Alla fine prevalsero i cristiani, che decisero di demolire i templi pagani per affermare senza discussioni la nuova religione imperiale. Anche la famosa Biblioteca di Alessandria, la più grande e completa del mondo antico, fu distrutta con grande dolore per Ipazia e tutti i suoi allievi,
Un altro elemento che viene sottolineato dalle fonti antiche è il pubblico insegnamento esercitato da Ipazia verso chiunque volesse ascoltarla: l’immagine di una Ipazia che insegna nelle strade sembra sottolineare un comportamento la cui audacia sembra voluta come un gesto di sfida. Questa, unita al rifiuto della stessa di convertirsi alla nuova religione cristiana, determinò la tragica fine della filosofa.
La distruzione di tutti i templi

I cosiddetti decreti teodosiani, emessi dall’imperatore Teodosio tra il 391 e il 392, avevano sancito la proibizione di ogni genere di culto pagano ed equiparato il sacrificare nei templi al delitto di lesa maestà punibile con la morte. Fu risparmiato il tempio di Dioniso, che il vescovo ottenne in dono dall’imperatore, per essere trasformato in chiesa.
Gli Elleni opposero una particolare resistenza alla distruzione del Serapeo, il tempio più antico e prestigioso della città, adorno di atri con amplissimi colonnati, di statue meravigliose e opere d’arte di ogni genere. Oltre al culto di Giove Serapide, vi erano celebrati i culti di Iside e delle divinità egizie e vi erano custoditi i loro misteri. Ma alla fine anche questo fu occupato dai cristiani. Gli Elleni erano sostenitori della tradizionale cultura greca e per un certo periodo continuarono ad avere una certa importanza nella società alessandrina.
Un vescovo che mirava al potere sulla città
Nessuna fonte attesta il comportamento tenuto da Ipazia durante queste drammatiche vicende, nè gli eventuali rapporti intercorsi tra lei e il vescovo Teofilo. Sappiamo che la grande fama ottenuta nella città di Alessandria dalla personalità di Ipazia le permise di accedere anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale.
Ma alla morte di Teofilo nel 412 salì sul trono ecclesiale di Alessandria il vescovo Cirillo: questi si accinse a rendere l’episcopato ancora più simile a un principato di quanto non fosse stato al tempo di Teofilo, assumendo poteri che non gli spettavano. Ne nacque un conflitto politico col prefetto imperiale Oreste, che sfociò fra l’altro in un conflitto con l’intera comunità ebraica che fu cacciata dalla città, i loro averi furono confiscati e le sinagoghe distrutte.
Uccisione di Ipazia: un avvertimento ai pagani
Il contesto in cui avviene l’omicidio di Ipazia è dunque quello di un conflitto fra Oreste e Cirillo. Secondo alcuni storici cristiani, Ipazia sarebbe stata diffamata, e accusata con calunnia di essere una delle cause di questo conflitto. Secondo gli storici, Ipazia si incontrava di frequente con Oreste; l’invidia mise in giro una calunnia su di lei presso il popolo della chiesa, e cioè che fosse lei a non permettere che Oreste si riconciliasse con il vescovo.
In questo clima maturò l’omicidio. Era il mese di marzo del 415, ed un gruppo di fanatici cristiani si appostarono per sorprendere la donna mentre faceva ritorno a casa, la trascinarono con la forza, poi strappatale la veste, la uccisero e la fecero a pezzi e quindi cancellarono ogni traccia bruciandone le spoglie. Questo orribile fatto procurò non poco biasimo a Cirillo e alla chiesa di Alessandria.
L’omicidio di Ipazia serviva anche a dare una lezione e un avvertimento ai pagani che ancora occupavano alcuni posti chiave nell’amministrazione della città e che tentavano di mantenere in vita la cultura ellenica.
Dopo l’uccisione di Ipazia fu aperta un’inchiesta ma il caso fu archiviato, sostiene Damascio, a seguito dell’avvenuta corruzione di funzionari imperiali.
A partire dall’Illuminismo, Ipazia venne considerata una vittima del fanatismo religioso e una martire laica del pensiero scientifico. Nel Settecento lo storico britannico Edward Gibbon definì la sua morte una macchia indelebile sul carattere e sulla religione di Cirillo d’Alessandria.
Grande figura quella di Ipazia! Senza dubbio fu immolata non solo perché sostenitrice della cultura ellenistica, ma perché donna. E i cristiani di quel momento non potevano certo permettere che una figura femminile così importante prevalesse sul loro integralismo, sulla lora ignoranza e misoginia.
Grazie a William Giroldini per il bell’articolo su Ipazia.