di Giovanna Rossi. Una storia vera: una presenza che si manifesta alle nuove proprietarie della casa del glicine, per portare un messaggio d’amore all’uomo rimasto nella dimensione materiale
Quando vidi la casa per la prima volta, il pergolo di glicine era in fiore. Me ne innamorai subito. Da bambina andavo spesso a giocare a casa di una mia amica, che in giardino aveva un’altalena appesa sotto a un pergolo di glicine. Passavo più tempo che potevo su quell’altalena, spingendomi sempre più in alto, con la certezza di poter arrivare un giorno ad immergermi completamente in quel tappeto aereo profumato di primavera.
Certo non fu solo il glicine a farmi decidere per l’acquisto. La casa era un po’ tutta da ristrutturare, il terreno intorno non si poteva propriamente definire un giardino, dato che da un paio d’anni nessuno se ne era più preso cura; ed alberi, cespugli e soprattutto l’edera erano cresciuti incontrollati. Ma c’era del fascino in quel posto e si avvertiva la presenza di un Genius loci benevolo e accogliente. Intuivo anche che quella casa era stata molto amata dall’ultimo proprietario, morto circa due anni prima, e anche dai suoi genitori, che l’avevano costruita. Mi ci accostai quasi in punta di piedi, chiedendo loro il permesso, perchè la loro presenza era ancora molto forte.
Per circa tre mesi muratori, idraulici ed elettricisti lavorarono a rifare impianti e pavimenti. A volte, quando andavo per controllare i lavori, sentivo che i vecchi proprietari erano lì, un po’ incuriositi e un po’ sgomenti nel vedere muri pieni di buchi e mattonelle spaccate. Mentalmente li rassicuravo che anch’io amavo già quella casa e che non ci sarebbero stati grossi stravolgimenti, ma anzi sarebbe stata ancora più accogliente.
Passi nella casa di notte
Finalmente, in un freddo giorno di febbraio, io e mia figlia ci trasferimmo lì. Non tutto era finito, anzi, per la verità, c’era ancora un gran caos, ma andava bene così.
Nel cuore della nostra prima notte nella nuova casa, mia figlia venne a svegliarmi preoccupata, perchè aveva sentito dei passi nel corridoio che andava da camera sua a camera mia e nelle scale che collegavano la zona giorno alla zona notte.
Il nostro primo pensiero fu che ci fosse un ladro. Non avevamo ancora una recinzione e neppure le sbarre alle finestre del piano terra. Però, che strano, i nostri cani, cioè il nostro infallibile sistema d’allarme, non avevano abbaiato come facevano di solito all’avvicinarsi di estranei. Accesi le luci, feci il giro della casa, sbirciai di fuori affacciandomi dalla finestra. Non c’era nessuno.
La notte seguente la cosa si ripetè, stavolta preceduta da un diffuso odore di sigaretta, che sembrava salire dalle scale. A quel punto io e mia figlia, sensitiva come me, capimmo che ciò che sentivamo non era da attribuire ad una reale presenza fisica, ma a qualcos’altro.
Tutte e due visualizzammo un uomo di mezza età, dall’aspetto distinto e non avemmo alcun dubbio che si trattasse dell’ultimo proprietario, Antonio, che voleva attirare la nostra attenzione. Ci fece vedere la scena della sua morte, che era sopraggiunta all’improvviso nel salotto a piano terra, mentre era seduto in poltrona davanti alla TV, con indosso una tuta blu e delle ciabatte di pelle. Dopo averci mostrato questo, se ne andò.
L’indomani chiedemmo ad una delle vicine, con lui imparentata, come fossero andate le cose e lei ci confermò tutto quello che Antonio ci aveva già rivelato. Tirò fuori delle foto di famiglia in cui c’era anche lui. Era un bell’uomo, alto, con stupendi occhi verdi. E sì, fumava sigarette, forse anche un po’ troppe.
Per qualche tempo non successe più nulla di particolare, poi una sera Antonio tornò a cercarci.
Ci disse che in vita aveva avuto una bellissima storia d’amore con un altro uomo, Federico, che noi avremmo dovuto contattare per portargli dei messaggi da parte sua. Il fatto che fosse omosessuale non ci stupì più di tanto, l’avevamo già intuito. Ma la richiesta di andare da un perfetto sconosciuto, che abitava chissà dove, e dirgli: ”Guardi, io sono una medium. Ho un messaggio di Antonio per lei”, beh, ci sembrava un tantino assurdo e decisamente improponibile.
L’incontro con l’uomo che lui aveva amato
Credo che in qualche modo se ne avesse a male, le emozioni rimangono anche di là. Fatto è che dopo di allora sparì.
Poi un giorno, mentre ero in giardino a potare una siepe che ormai invadeva anche il terreno dei vicini, mi sentii chiamare. “Salve, è lei la nuova proprietaria, vero? Io sono Federico, il compagno di Antonio, che prima viveva lì.”
Ormai non mi stupisco più di niente. Se un messaggio deve arrivare, l’universo crea le condizioniper farlo giungere a destinazione.
Entrò in casa a prendere un caffè, dopo aver guardato con occhi un po’ lucidi le iniziali del suo compagno, che ancora stavano sull’architrave di ardesia della porta di casa. Mi spiaceva toglierle, le avevo lasciate anche se non erano le mie. Mi chiese se nascevano ancora i ciclamini selvatici nel prato e se c’era ancora il cespuglio di fior d’angelo a profumare le sere d’estate.
“Fa bene a potare quella siepe. Con Antonio era sempre una discussione. Non voleva tagliare niente, piantava fiori, cespugli e alberelli ovunque. Ormai era una giungla!“
“Lo so“ gli risposi “Ho dovuto far tagliare le canne, perchè uscivano dalla tazza del water nel bagnetto di servizio del giardino.”
Rise. “Che vuole, Antonio era così e anche per questo gli volevo bene.”
Mi salutò, chiedendomi di poter venire a trovarmi di tanto in tanto, anche solo per rivedere il luogo dove era stato felice per tanti anni.
Ovviamente quella notte stessa Antonio arrivò col suo forte odore di sigaretta. Ormai per lui era fatta. Dovevamo solo riferire il suo messaggio a Federico la prossima volta che fosse venuto da noi. Certo, avremmo anche potuto farlo, ma Federico avrebbe anche potuto riderci in faccia o prenderci per matte. Ma non andò così.
Federico tornò nell’anniversario della morte di Antonio. Era andato a portare fiori sulla sua tomba ed era passato a salutarci con un regalo per me, un libro sui tarocchi.
“Strano” pensai,” visto che non sa niente di noi.” Lo motivò dicendo che, mentre curiosava in libreria, era stato l’istinto a suggerirglielo. Ci confessò che lui credeva ai tarocchi e che da giovane una cartomante, da cui lo avevano portato delle amiche per gioco, gli aveva predetto che avrebbe avuto un grande amore nella sua vita, un uomo con i capelli biondi e gli occhi chiari.
“Lì per lì non ci ho creduto, a me sono sempre piaciuti uomini mori con gli occhi scuri. Poi è arrivato Antonio. Da allora credo ai tarocchi e a molto altro.”
Io e mia figlia ci guardammo in faccia. Vada come vada, dobbiamo parlargli, pensammo tutte e due, e così gli raccontammo quello che ci era successo. Gli dicemmo di quanto Antonio gli avesse voluto bene e di come si vergognasse del fatto che a volte, durante gli anni vissuti insieme, c’erano state delle scappatelle fugaci con altri uomini, che però non avevano intaccato nè il suo sentimento né la loro storia. Ma soprattutto Antonio chiedeva perdono per non aver mai avuto il coraggio di mostrare la loro storia alla luce del sole e averla sempre tenuta sommersa. Era inoltre dispiaciuto per non aver mai acconsentito alla richiesta di Federico di andare a sposarsi all’estero.
Federico ascoltò senza interrompere, poi sorridendo disse che sapeva benissimo dei piccoli tradimenti, per altro reciproci, e che non gliene importava, era acqua passata. Quanto al resto, perdonava Antonio per non aver palesato la loro storia: in un piccolo centro abitato, com’era il loro, era ancora difficile farsi accettare. Sicuramente tutti sapevano, ma non se ne parlava.
Rimase per un po’ in silenzio, assorto, poi ci salutò ringraziandoci. Io e mia figlia eravamo un po’ stupite. Neppure per un attimo aveva messo in dubbio le nostre parole.
Tornò altre volte a trovarci. Ci raccontava di nuovi incontri, di storie nate e finite in pochi giorni. “Nessuno potrà mai sostituire Antonio. Non potrò mai legarmi a nessun altro in maniera stabile. Aspetto di incontrarlo, quando sarà il momento. Che mi venga incontro con i suoi occhi verdi che sorridono e mi prenda la mano.”
Non ho più sentito la presenza di Antonio, ma credo che ora sia alle mie spalle e mi osservi mentre scrivo di lui. Ovviamente gli ho chiesto il permesso. Pare che ne sia lusingato. Già… le emozioni rimangono anche di là.
In copertina foto di Eleonora Bruni©
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