di Cristina Penco. Disuguaglianze e discriminazioni tra uomini e donne sono ancora forti in molti campi, nell’istruzione, nel lavoro, nei processi decisionali, nei salari. Ecco perché

Che differenza c’è tra sesso e genere?
Mentre il primo termine esprime le diversità biologiche, di natura universale e immutabili esistenti tra donne e uomini, il secondo, che ha iniziato a essere usato agli inizi degli anni ’70 da alcune antropologhe sociali, comprende sia gli aspetti sociali, culturali e storici, sia i rapporti instaurati attorno alla differenza tra le une e gli altri.
Mancanza di accesso a un lavoro dignitoso, segregazione occupazionale, divari salariali: le disuguaglianze che ricadono sulla fascia femminile della popolazione globale, spesso vittima di violenza e discriminazione e sotto-rappresentata nei processi decisionali, politici ed economici, sono ancora profondamente radicate in ogni società.
Certo, dei passi in avanti, per fortuna, sono stati fatti. Circa i due terzi dei Paesi in regioni del mondo in via di sviluppo l’hanno raggiunta nell’istruzione primaria. In 46 paesi le donne detengono oltre il 30% di seggi nei parlamenti nazionali in almeno una Camera.
Ma per dati come questi, che fanno ben sperare, ce ne sono altri che rendono evidente l’urgenza di un intervento serio e concreto per appianare certe disparità.
Uguaglianza di genere ed empowerment femminile nell’Agenda 2030
Nel 1990, in Asia meridionale, solo 74 bambine erano iscritte alla scuola primaria per 100 bambini. Nel 2012, i tassi d’iscrizione erano gli stessi per le ragazze e per i ragazzi. Ma ancora oggi, nell’Africa subsahariana, in Oceania e in Asia occidentale, le ragazze incontrano ostacoli nell’accesso alla scuola primaria e secondaria.
In Nordafrica, le donne detengono meno di un quinto dei posti di lavoro retribuiti in settori non agricoli. La proporzione di donne che occupano posti di lavoro retribuiti al di fuori del settore primario è aumentato dal 35 % del 1990 al 41% del 2015.
Uguaglianza: un obiettivo per il 2030

Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissato nell’Agenda 2030, un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.
Tra i 169 target o traguardi che l’Agenda 2030 si pone rientrano la parità femminile e la sua autoaffermazione nella società: non solo un diritto fondamentale, ma una condizione necessaria per la prosperità, il benessere e la pace a livello globale.
Garantire alle donne e alle ragazze parità di accesso all’istruzione, alle cure mediche, a un lavoro dignitoso, così come la rappresentanza nei processi decisionali, politici ed economici, promuoverà economie sostenibili, di cui potranno beneficiare le comunità e l’umanità intera.
Gender Equality: lo scenario in Europa e nel nostro Paese

A che punto siamo in Italia? Ebbene, si stenta a credere, di primo acchito, eppure, anche se il nostro Paese si attesta al di sotto della media europea, per quanto riguarda la Gender Equality, è la nazione che rispetto a questo ambito sta progredendo più velocemente verso la parità.
È quanto è emerso di recente dal quarto Gender Equality index (indice di uguaglianza di genere) presentato a Vilnius dall’Eige, l’agenzia europea che monitora l’uguaglianza di genere nei ventotto Stati Membri.
I Paesi che hanno preso un voto più vicino al 100 sono quelli in cui l’uguaglianza di genere è maggiormente garantita. «Sebbene l’Unione Europea, nel suo insieme, abbia compiuto notevoli progressi», si legge nel documento, «l’obiettivo di eliminare totalmente ogni forma di discriminazione basata sul genere è ancora lontano».
Svezia (con 83 punti) e Danimarca (77 punti) sono i Paesi che ci stanno andando più vicino (100 punti indicano l’uguaglianza totale). La Grecia e l’Ungheria (entrambe 51 punti) sono quelle che hanno davanti la strada più lunga. L’Italia, con i suoi 63 punti, si colloca al quattordicesimo posto, 4 punti sotto la media europea (pari a 67 punti). Tra i tredici Paesi che fanno meglio di noi ci sono i soliti noti (Francia, Spagna, Olanda, Belgio), ma anche, inaspettatamente, la Slovenia.
Parità di genere: il quadro italiano
Il nostro Paese, però, insieme a Cipro, è quello che ha fatto i progressi più grandi.
Al contrario, la Lituania non ha compiuto nemmeno mezzo passo avanti in questa direzione. Quel che risulta è che l’Italia sta facendo bene i compiti (in 12 anni ha guadagnato quasi 14 punti), ma i risultati sono ancora insufficienti, con punteggi inferiori a quelli medi registrati negli altri Stati europei in tutti i settori, tranne che in quello della salute.
A gravare sul punteggio basso sono soprattutto la disparità economica e le discriminazioni nell’accesso al mondo del lavoro, voce per la quale il nostro Paese si aggiudica la maglia nera tra i membri dell’Unione Europea.
Nelle coppie con bambini le parti femminili guadagnano il 30% in meno rispetto di quelle maschili. È incentrata proprio contro la violenza economica sulle donne recente campagna di Pubblicità Progresso, prodotta dalla Global Thinking Foundation, team di otto donne, capitanate dal presidente Claudia Segre, impegnate a promuovere quotidianamente l’indipendenza economica e altre attività volte a diffondere l’educazione finanziaria. La campagna è stata realizzata dalla Ondemotive Productions Ltd con la regia di Luca Vullo, attore, formatore specializzato ed esperto di comunicazione.
Mattarella e l’impegno delle donne contro il Coronavirus
Ha voluto esprimere riconoscenza a tutte quelle numerose figure femminili schierate in prima linea a gestire l’emergenza Coronavirus, Sergio Mattarella.
In occasione della Giornata Internazionale della Donna per il 2020, il Presidente della Repubblica ha rivolto un pensiero a tutte coloro che «si stanno impegnando negli ospedali, nei laboratori, nelle zone rosse per contrastare la diffusione del virus che ci preoccupa in questi giorni.

Lavorano in condizioni difficili, con competenza e con spirito di sacrificio, con dedizione. Con la capacità esemplare di sopportare carichi di lavoro molto grandi. A loro, in special modo, desidero dedicare questa importante giornata».
La prima donna a laurearsi nell’Italia unita, tra l’altro, era un medico: Ernestina Paper, nel 1877. Solo cento anni fa le italiane che indossavano il camice bianco erano circa 200. Oggi sono più di 168 mila (Centro Elaborazione Dati – Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri).
Le donne, motori del cambiamento
Ha aggiunto il Presidente, che ha registrato il suo intervento in un video pubblicato sui canali social del Quirinale: «Da tanto tempo le donne, in tutto il mondo, sono protagoniste di importanti progressi sociali e culturali in numerose occasioni e in diversi ambiti sono state motori del cambiamento.
Vorrei inoltre sottolineare come le donne contribuiscano, in misura particolare, a cogliere il valore universale e concreto del dialogo, della solidarietà, della pace.
Sostenere e rispettare la condizione femminile, ascoltare le donne vuol dire, in realtà, rendere migliore la nostra società per tutte e per tutti».
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