Malattia, messaggio dell’anima

Man with conceptual spiritual body art

di Francesco AlbaneseSe la malattia è la rappresentazione di un disagio interiore, i sintomi ci danno informazioni sulla sua natura e la strada per sciogliere il conflitto

Chi è che non si è mai ammalato? La risposta è semplice: nessuno. Nasciamo e dopo poco i medici ci trovano subito qualcosa. Niente di grave, nella maggior parte dei casi, certo, ma comunque sempre qualcosa di clinicamente rilevante: ittero, angiomi, torcicolli, coliche…

Nell’infanzia, andiamo incontro alle malattie esantematiche, alle varie frequenti influenze che ci tengono felicemente a casa anziché a scuola.

Poi, via via che il tempo passa e che la carrozzeria invecchia, a questo si sommano i vari acciacchi che cominciano a comparire, nel tempo sempre più importanti, sempre più persona-specifici.

Tanti farmaci per eliminare i sintomi

Foto di Steve Buissinne da Pixabay

In tutto l’arco di vita, dalla culla alla tomba, la medicina allopatica ci accompagna fornendoci puntualmente la soluzione farmacologica ad hoc per eliminare quei sintomi che tanto ci disturbano, che tanto dolore ci portano, che tanto impediscono lo svolgimento delle normali attività della nostra vita.

Ma eliminare il sintomo non equivale a curare la malattia.

A quanto pare, però, a noi va bene così. Infatti, quando arriviamo all’ambulatorio, la domanda implicita che porgiamo al medico, indipendentemente da quale sia il disagio che avvertiamo in quel momento, è sempre la solita: «Dottore, ho questo disturbo, me lo tolga».
Il medico ci prescrive i nostri analgesici, antiinfiammatori, o quello che è necessario in quel momento, e (generalmente) dopo qualche giorno il nostro disturbo è solo un ricordo.

Il sintomo è come la spia che si accende sul cruscotto
A noi va bene così, perché fin da piccoli siamo stati abituati così. Siamo stati curati a son di cucchiai di sciroppo e mucolitici vari, antipiretici e antidolorifici. Nella nostra testa, curare equivale a eliminare il sintomo.

Ma il sintomo, esattamente, che cos’è? La Treccani online ci viene in aiuto spiegandoci che il sintomo è quel “fenomeno con cui si manifesta lo stato di malattia.”

In altre parole, il sintomo è come la spia che si accende sul cruscotto della nostra auto per avvertirci che qualcosa nel motore non funziona più come dovrebbe.

Anche in questo caso, quando la lucina si accende, andiamo dal dottore delle auto, dal meccanico, chiedendogli di riparare il danno.
Ma se il meccanico, anziché aggiustare il motore, si limitasse a tagliare i fili della spia che si è accesa, e ci restituisse l’auto dicendoci di aver risolto il problema, non protesteremmo? Sicuro!

Eppure, non è quello che facciamo noi col nostro corpo quando ingoiamo un analgesico, o un antipiretico? Non è come tagliare i fili della spia del cruscotto?
Allora, se non va bene per la nostra auto, perché va bene per il nostro corpo?

Il sintomo come messaggio
Se proviamo a dare una lettura del mondo che ci circonda in chiave non meccanicistica, non deterministica, riduzionistica, anche la malattia (e di conseguenza il sintomo attraverso il quale la malattia si manifesta) assume un significato diverso.

In un’ottica, potremmo dire, esoterica, la malattia non è intesa come un accadimento imprevisto nella vita di una persona, ma è il modo che la Coscienza ha di portare all’attenzione della mente un disagio che risiede a livello dell’anima, un disagio che non riusciamo a vedere. Attraverso il messaggio che si presenta sotto forma di sintomo, la malattia porta con sé tutte le informazioni necessarie sulla natura del problema e sulle possibilità di risoluzione, indicandoci la strada verso la guarigione, verso la liberazione.
Se eliminiamo i sintomi, eliminiamo il messaggio e interrompiamo di conseguenza la comunicazione con la nostra anima, col nostro Sé profondo.

Simbolo: il linguaggio dell’anima
La nostra anima parla per simboli. Il suo linguaggio non è lineare, ma sincronico. E non può essere altrimenti, dal momento che parla alla nostra mente da un livello di esistenza che trascende la materia, quel livello dove il tempo lineare non esiste, dove non c’è un prima e un dopo, e dove regna la sincronicità, l’accadimento simultaneo (non-locale) degli eventi.

E l’anima conosce tutti i segreti collegamenti che esistono tra le cose, tra il mondo del manifesto e del non manifesto. L’anima conosce tutte quelle relazioni che intercorrono tra gli oggetti e gli eventi, conosce bene quell’ambito di senso e di significato di cui sono cariche le forze archetipiche che organizzano il mondo, e che la nostra mente razionale ha tagliato fuori perché ritiene incomprensibili, se non addirittura impossibili.

È per questo motivo, dunque, che la nostra anima ci parla per simboli, perché è nel simbolo che risiede il senso delle cose e perché questo è l’unico modo che ha di comunicare con la nostra mente.

Sincronicità e lettura simbolica della malattia
La sincronicità, vale a dire il principio per il quale ad una nostra condizione interiore corrisponde un contemporaneo accadimento esteriore, è alla base della lettura in chiave simbolica della malattia, necessaria per la sua comprensione.

Vediamo un esempio. La malattia si manifesta nel nostro corpo attraverso un sintomo, ad esempio un dolore al ginocchio. Il dolore al ginocchio ci impedisce di piegarlo agevolmente e il tentativo di piegarlo ci porta dolore. Tutti questi sono gli accadimenti esteriori, tra cui spicca la causa manifesta che provoca dolore, cioè il piegamento, il piegare.

Una lettura in chiave simbolica di questo accadimento esteriore, legato in forma sincronica al nostro vissuto interiore, ci informa su qualcosa che sta accadendo dentro di noi, un qualcosa che ha a che fare col piegare, ma che risiede su un livello non fisico. È così che un dolore al ginocchio, l’incapacità di piegarlo, ci dà informazioni sulla nostra incapacità di piegarci, sul nostro orgoglio, sulla nostra rigidità del momento, che evidentemente non è funzionale all’evoluzione dell’anima.

Ciò che non vediamo, e che invece dovremmo vedere, passa a livello del corpo, proprio per essere visto. Ogni malattia, sia in base all’organo o sistema che viene colpito, sia per l’effetto sul corpo che essa produce, ci informa che abbiamo imboccato una strada sbagliata.

Eliminare il sintomo equivale a rinunciare alla possibilità di comprendere che abbiamo abbandonato la strada che ci eravamo prefissati e che ogni passo nella direzione che abbiamo preso sarà sempre più faticoso.

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Psicologo clinico, psicoterapeuta, giornalista, per anni si è occupato di ricerca e didattica in campo accademico. Attualmente è ricercatore indipendente in materia di scienza e spiritualità. Autore di saggistica e narrativa, e di numerosi articoli on-line e su carta stampata, contribuisce a porre le basi concettuali per una visione olistica dell’uomo e del mondo. Il suo sito web è: www.francescoalbanese.com