Una tranquilla giornata d’estate

di Silvia Leghissa. Note poetiche sulle creature che accompagnano la nostra estate: rondini e gabbiani, formiche e cicale, ma anche ricci e meduse

È l’alba di un giorno d’estate. Nel cielo, i colori dell’ultimo stralcio del crepuscolo mattutino si distendono come fossero dipinti su di una tela infinita. Il blu lavanda si trasforma in rosso purpureo, che sbiadisce lasciando il posto a lunghe pennellate di un rosa pastello, screziato dall’oro dell’aurora.

Il primo chiarore spegne i lampioni e zittisce il frinire delle cicale, che riprenderanno a cantare di lì a poco. Il sole esce irruento e la fa subito da padrone. Prepotente, detta le regole del gioco, sfoderando le sue invincibili armi: raggi roventi che sfiancano ogni avversario.

Le rondini, poetesse del cielo e auspicio di rinascita
Solo le rondini sembrano immuni. Assenti per tutto l’inverno, si presentano leggiadre e instancabili dopo un viaggio di centinaia di miglia che inizia dall’Africa meridionale. Annunciano la bella stagione e per questo sono considerate presenze di buon auspicio e di rinascita.

Sono le protettrici delle case sotto i cui tetti costruiscono i nidi: coppe di fango riempite di piume, che fanno da cuscini ai nuovi nati. Una leggenda cinese narra che, mangiando un uovo di rondine, le giovani donne saranno rese più fertili. Uccelli del paradiso per l’Islam, lo sembrano davvero quando declamano, col loro garrire, i loro versi gioiosi. Sono le poetesse del cielo per una sola stagione.

Il gabbiano reale, pescatori nelle città
C’è anche lui, il signor zampegialle, con i piedi palmati e una macchia rossa sulla parte inferiore del becco. È il gabbiano reale, di guardia sul tetto del palazzo di fronte. Punta i bottini dell’immondizia sistemati in fila lungo il marciapiede. Aspetta qualche preda, un nuovo sacchetto della spazzatura che beccherà fino alle viscere.

I suoi piccoli urlano, con voci rauche e insistenti, per farsi consegnare del cibo. Lo ottengono punzecchiando la macchia rossa del becco degli adulti, madri e padri alati che cercano del cibo nelle discariche urbane. Non più pesci, bensì rifiuti. I gabbiani sono diventati i pescatori delle città. Pare abbiano dimenticato l’odore del mare.

Il mare, i ricci, le meduse
Il mare placido è immobile. Solo i riflessi dei raggi del sole luccicano come brillanti sulla sua superficie. Danzano, vengono e vanno, si nascondono, scomparendo uno di seguito all’altro, per poi ricomparire e scomparire di nuovo. Una nave all’orizzonte si muove lentamente, spostando l’acqua e formando onde leggere che si stagliano sugli scogli lungo la costa.

Tra le loro fessure, dei ricci di mare si nascondono sotto le rocce. Non amano il giorno: brucano solitari nelle ore notturne, ripulendo i fondali dalle alghe. Gli aculei violacei li rendono spaventosi, ma il loro ruolo è fondamentale per gli ecosistemi marini. Senza di essi, le alghe soffocherebbero il mare.

Le meduse, palpitanti polmoni di mare
Tre o quattro polmoni di mare nuotano vicini alla riva. Intimoriscono con i loro cappellacci opalescenti, bordati di un viola intenso e sfrangiato. Sotto il cappello, detto ombrella, c’è il manubrio, il corpo vero e proprio, formato da otto prolungamenti gelatinosi che terminano con altrettanti tentacoli trasparenti.
Il Rhizostoma pulmo, o medusa gigante, ha un movimento palpitante, proprio come l’inspirare e l’espirare del ritmo polmonare.

Mostro inoffensivo, scappa alla vista dei primi bagnanti. Viceversa, la cugina più piccola, la Pelagia noctiluca, punge ed irrita ad un semplice tocco.
Nonostante le sue dimensioni e l’affascinante capacità di illuminarsi al buio, è dotata di vescicole urticanti che sparano il veleno contro le vittime designate. Un universo all’incontrario, con grandi creature che, inoffensive, fuggono e quelle più piccole che, impavide, attaccano.

Frutta benefica di stagione
È la canicola. Si suda copiosamente, rischiando un colpo di calore. Si pranza all’aperto, all’ombra degli alberi della pineta. Niente cibi ipercalorici e abbondanti, ma tanta frutta, che rinfresca e fa bene.
L’estate regala dei doni preziosi, come la pesca, il frutto dell’eterna giovinezza.

Il suo albero è originario della Cina e nei Paesi orientali è il simbolo dei matrimoni longevi e dell’immortalità. Indica la salvezza per i cristiani e per i buddisti è uno dei tre frutti benedetti, insieme al cedro e alla melagrana. Composta da acqua per il 90%, la pesca è ricca di vitamine, antiossidanti e rinforzanti il sistema immunitario. È un ricostituente naturale grazie ai sali minerali in essa contenuti. Protegge dalla luce del sole e il betacarotene di cui è ricca facilita l’abbronzatura. È rinfrescante, dissetante e aiuta a mantenere giovane la pelle, rendendola vellutata come la sua buccia.

Anche l’albicocca, ad alto contenuto di potassio e di carotene, è ricca di vitamine e di oligoelementi, come il magnesio, il fosforo e il ferro. Questo piccolo frutto arancione rinforza le difese immunitarie ed è ottimo in caso di anemia, di spossatezza ed anche di depressione.

L’anguria, uno dei rimedi più efficaci contro il caldo

Immancabile sulle tavole estive è l’anguria, originaria dell’Africa, ricca di vitamine, magnesio, potassio e fosforo, è uno dei rimedi più efficaci contro il caldo. Un frutto considerato divino da molte culture e tanto antico da essere rappresentato in alcuni geroglifici dell’antico Egitto di 5000 anni fa. Veniva riposta nelle tombe faraoniche come alimento per l’aldilà e per i beciuani, il gruppo etnico degli Tswana dell’odierno Botswana, nell’Africa meridionale, il cocomero è una pianta sacra.
Ne Il ramo d’oro J.G. Frazer descrive il rito di purificazione dei maschi adulti prima di consumare i frutti dei nuovi raccolti. Schiacciando le foglie, ottengono un succo che applicano sugli alluci e sull’ombelico. Solo dopo aver fatto altrettanto con i membri delle proprie famiglie, sono liberi di mangiare i cocomeri senza compiere dei sacrilegi.

Contro i radicali liberi
I suoi carotenoidi combattono l’azione dei radicali liberi. Questo grosso frutto rinforza il sistema immunitario e aiuta la circolazione sanguigna grazie all’azione della citrullina, un aminoacido che mantiene elastiche le pareti delle arterie. Ha proprietà antinfiammatorie, è un depurante naturale e contrasta la ritenzione idrica.

Madre natura pensa a tutto e predispone ogni cosa. Con i suoi colori, le forme e i profumi, ci indica ciò di cui abbiamo bisogno e ci porge i suoi frutti. Ci parla: basta ascoltarla. Si mostra: basta osservarla e ci proteggerà in ogni stagione.

Farfalle e api, di fiore in fiore…
Sul lungomare, tra i pini marittimi vola qualche farfalla. Le api ronzano sui cespugli di ginestre della pineta.

Cercano i fiori giusti da saccheggiare, migrando da petalo a petalo. Da brave massaie, le vecchie bottinatrici raccolgono il nettare, sistemandolo nelle loro borse melarie, le ingluvie, che svuoteranno nell’alveare.

Qui, le altre comari, le api operaie, lo ingurgitano per scinderne gli zuccheri. Solo così possono immagazzinarlo nelle celle. Altre, sbattendo fortemente le ali, lo tengono al fresco, come fossero dei ventilatori. Ci vuole del tempo, ma alla fine il miele è pronto: liquido o cristallizzato, scuro o trasparente, con il colore dell’ambra.

…E le formiche, loro antagoniste
Un alimento tanto sottovalutato quanto prezioso, viene prodotto dalle creature considerate in natura le più laboriose. Si contendono il titolo con le formiche. D’estate escono anch’esse, fastidiose, da sempre vituperate. Prolifici invasori da annientare, se ne conoscono almeno 6000 tipi. Alcune hanno 80 milioni di anni, scoperte come fossili all’interno di gocce d’ambra.

Ce ne sono davvero di curiose, come le formiche pastore, che seguono come ombre gli afidi, i pidocchi delle piante. Gli afidi si nutrono della linfa zuccherina degli alberi e la eliminano con dolci deiezioni. Queste attraggono le formiche Lasius che tambureggiano con le antenne sul corpo dei pidocchi, affinché producano più in fretta i loro escrementi. Le formiche li proteggono notte e giorno, allontanando da essi gli estranei e qualsiasi altro nemico.

L’esercito delle formiche nostrane dimora ovunque. All’aperto o nei vasi di casa creano vere e proprie città sotterranee. Sono soldati efficientissimi, che vivono in colonie strutturate, in cui ognuno ha il proprio ruolo.

I ricercatori di cibo segnalano i luoghi più ricchi con i feromoni, segnali chimici con cui tracciano dei veri e propri percorsi fino al formicaio. Le compagne ne seguono l’odore e, in massa, si dirigono verso il bottino, lo recuperano e lo nascondono nel loro fortino.
I loro nidi sono dedali di stanze e corridoi, in cui frotte di operaie mantengono l’igiene della colonia, allevano le nuove nate, immagazzinano il cibo per l’inverno, proteggono la sovrana nel momento della deposizione delle uova. Case rifugio, fortezze che lasciano d’estate per lavorare e in cui si nasconderanno d’inverno, senza aprire a nessuno, nemmeno a una cicala.

Cicale e lucciole
È sera, i lampioni si accendono sulla strada. Il gabbiano è ancora sul tetto di fronte e le rondini volano nel cielo. L’aria è immobile e il sole, prepotente, si sta stancando di giocare. I suoi raggi sono meno roventi e il loro abbacinare perde forza con l’ingresso della sera.

Il silenzio del vespro è interrotto dal concerto delle cicale. Pigre e indolenti per antonomasia, cantano e suonano leggiadre, sbeffeggiando le laboriose formiche che faticano per tutta l’estate.

Le cicale, tuttavia, sono musiciste. Lavorano anch’esse, creando la colonna sonora della stagione più calda dell’anno. Accordano i loro strumenti ad inizio giornata e producono i loro concerti all’unisono, senza stonare, senza stancarsi, nemmeno durante la notte. I loro suoni tranquillizzano e rincuorano, dando un senso di gioia, quasi di pace. Romantiche chiacchierone, con la loro musica accompagnano il sole al tramonto ed accolgono la luce della luna.

Tra le stelle, un lampeggiare intermittente. È una lucciola, che ricompare dopo anni di assenza. Ce ne sono delle altre, forse attratte dal profumo della lavanda sistemata sul balcone.

Nell’antico Giappone erano considerate la reincarnazione dei morti. La loro luce è un messaggio di speranza e di amore. I nostri cari trapassati vibrano nel cielo scintillando nell’oscurità. Ci sostengono attraverso di loro, le lucciole, le guardiane della notte, che proteggono i nostri sogni con il loro brillare.

È passato un altro giorno, uno dei tanti. Una giornata semplice solo all’apparenza. I colori dell’estate, il mare e le sue creature, la frutta, i fiori, il suono delle cicale, la luce delle lucciole e quella della luna: magie, miracoli di un unico giorno, che si manifestano continui nella nostra esistenza.

E la giornata è finita…
L’ultima rondine vola da sola, nel buio, sul tetto della casa di fronte.

È la poetessa della sera che declama, col suo garrire, i suoi versi gioiosi. Sembra dirci che ogni giorno è incredibile e la vita è meravigliosa.

E ci ricorda che ce l’ha donata lei, la Terra, nostra Madre e per questo dobbiamo amarla ed averne cura.

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