Il fascino della Birmania

di Manuela Pompas. Un Paese straordinario di grande bellezze, con aspetti contrastanti, dove ai templi dorati si contrappone spesso la fatiscenza e la miseria

Manuela Pompas versione viaggio.

A parte Istanbul – che è la porta per antonomasia tra Oriente e Occidente – la spinta a entrare in Oriente me l’ha aperta l’India. La prima volta che sono sbarcata a Chennai, immergendomi nel caos fatto di confusione, rumori (i clacson usati al posto dei freni), di odori in cui si uniscono le fragranze delle spezie allo sterco umano e animale, le case fatiscenti accanto a palazzi straordinari, la povertà contrapposta al lusso, ho capito coloro che prendono il primo aereo per non tornare mai più.

Lo stesso vale per gli altri Paesi asiatici, così diversi, lontani dal nostro modo di vivere, ma non per questo meno affascinanti. Per accettarli occorre spogliarsi da pregiudizi, dagli schemi, dalle abitudini e attingere alla voglia di scoprire, di esplorare terre splendide e.

Libertà vo’ cercando… nel paradiso per turisti

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Aung San Suu Kyi

Quest’anno con un’amica con cui condivido alcuni viaggi sono stata in Myanmar (Birmania). Certo sono andata da turista e non da giornalista, quindi più attenta al mio vissuto che non alla situazione socio-politica. Anche se viaggiando non possono sfuggire le evidenze.

La gente che incontri per strada, nei negozi, nei ristoranti è per lo più gentilissima e non parla di politica, né di polizia, né di esercito, né di limitazioni alla libertà di espressione (cioè di stampa, vedi l’arresto dei due reporter della Reuters poi rilasciati dopo più di un anno di prigione).

Aung San Suu Kyi, (ex) icona della libertà
E neppure di Aung San Suu Kyi, che dopo una lunga detenzione agli arresti domiciliari è stata liberata diventando un’icona della libertà, messa a capo del Paese (è Consigliere di Stato, Ministro degli Affari Esteri e Ministro dell’Ufficio del Presidente), e anche Premio Nobel per la Pace nel ‘91, revocato poi nel 2018 per non aver impedito la violazione dei diritti umani e il genocidio dei Rohingya.

Oro nei templi e povertà per le strade

foto Manuela Pompas ©

Avevo già scritto un articolo sulla Birmania, ma attingendo a note di agenzia. Forse c’erano molte indicazioni simili, ma qui sono state vissute .in prima persona

Il nostro viaggio è stato organizzato con una scaletta classica, che ci ha portato nei luoghi turistici più conosciuti, dall’antica capitale, Mandalay, a quella attuale, Yangon. Abbiamo visitato località stupende, con templi pieni di Buddha fino all’overdose, simili a supermarket della religiosità.

Statue di tutte le dimensioni, di legno, di pietra, di giada, molti ricoperti d’oro. E dappertutto, nelle città, nei paesini, nelle foreste, si vedono templi, pagode, stupa, monasteri, con le caratteristiche straordinarie guglie dorate che s’innalzano sottili verso il cielo, simboli della tensione verso il sacro.

Mandalay, l’antica capitale
Il primo impatto arrivando a Mandalay, una grande città industriosa piena di cinesi integrati da generazioni, è stato, come in quasi tutto l’Oriente, il gioco di contrasti, la polvere e l’immondizia ai lati delle strade, poi lunghe fila di auto, belle ville fatiscenti con porte e finestre di legno intagliate, palazzi modernissimi con negozi di automobili o di telefonia e, accanto, tuguri di paglia intrecciata.

E poi grandi mercati di abbigliamento, monili, statuine (e quant’altro), con la merce accatastata, e dappertutto ristorantini locali o anche cinesi; interessante (nel quale non saremmo mai entrate se non fosse stato raccomandato dall’hotel) un piccolo locale molto orientale, pulizia… improbabile, tavolacci senza tovaglie, ma cibo ottimo.

E poi per tanti street food: sopra tavolacci in mezzo alle strada o all’interno dei mercati, si può scegliere da ciotole di riso, tanti fritti, pollo piccante, tanta verdura sempre molto speziata, il tutto con un forte profumo di curry, e poi ancora frutta freschissima… Superando paure (legate soprattutto all’igiene) e pregiudizi di chi arriva da un’altra cultura culinaria (anche se adesso dappertutto è fusion) il cibo è buonissimo.

I templi di Mandalay

Un porticato all’esterno del tempio.

Una tappa da manuale è la Mandalay Hill, in cima alla quale c’è un grande e tempio che si raggiunge salendo – a piedi nudi come in un ogni luogo sacro – lunghe scalinate poste ai lati della collina coperte da porticati fiancheggiate da piccoli tempietti e bancarelle.

Alla base della scalinata meridionale, l’ingresso è protetto da due bianche divinità guardiane, i cinthe, metà leoni e metà grifoni). Poi, in alto, ecco la costruzione a pianta quadrata, con gallerie esterne e colonne ricoperte di scintillanti lamine verdi. Vi sono quattro entrate e all’interno altrettanti enormi Buddha.

Altre pagode, altro oro
Non possiamo evitare i templi, sfarzosi e magnifici, come la pagoda di Kuthodaw, tutta bianca. Denominata “il libro più grande del mondo”, viene chiamata così perché intorno alla pagoda centrale vi sono 729 tempietti che proteggono altrettante stele di alabastro di un bianco immacolato, su cui è iscritto tutto il canone buddhista (Tripitaka).

Il Buddha  ricoperto d’oro dai fedeli. © Pompas

E poi il Mahamunia Paya, dove migliaia di pellegrini ogni giorno vanno ad adorare un grande Buddha dorato, alto 4 metri (a sin.), che viene ricoperto quotidianamente di foglie d’oro puro solo dagli uomini (le donne non si possono avvicinare) e poi lustrato quotidianamente dai monaci.

Però questo mi sembra non abbia niente a che fare con la devozione, è un’usanza, non molto diversa dalle nostre, che paghiamo le cerimonie religiose, compriamo gli ex voto e diamo l’8 per 1000 alla Chiesa per meritarci il Paradiso….

Il mercato della giada
Un appuntamento che mi ha incantato è stato la visita al mercato della giada.

Già intorno alla sede centrale vedi venditori seduti per terra su lastre di pietra su cui stendono la mercanzia e, quand’è l’ora, mangiano tutti insieme stendendo su un telo in ciotoline di cibo.

Vendono pietre piccolissime o lastre  enormi, e poi quintali di collanine, braccialetti, condoli a prezzi che per noi sono risibili. E non puoi fare a meno di comperare almeno un paio di mala e poi anche una collana, e altri ninnoli da regalare.

Dentro al mercato, solo giada e caffè
Poi entri nel mercato: intorno a stretti e lunghi corridoi che s’intrecciano come su una scacchiera trovi i negozi, uno dopo l’altro, di merce più o meno pregiata.

Ma ciò che più mi ha affascinato (anche perché da noi stanno sparendo) sono stati gli artigiani, che passano ore sui tavoli del bar con una pila in mano per valutare la trasparenza e il valore delle pietre, prima di contrattarne il prezzo.

 

 

Artigiani che (con tempi orientali) valutano le pietre, le pesano, le intagliano (Tutte le foto sono di © Pompas)

 

E poi altri nei loro box che con grande impegno e competenza lavorano le pietre, le lisciano col bulino, le intagliano, gli danno una forma, per creare infine i gioielli di giada e anche delle statue del Buddha.

Il monastero Shwe in Bin Kyaung
Non lontano dal mercato visitiamo un piccolo monastero nascosto tra alberi secolari, cui si accede da scalini di legno, fatto di un corpo centrale tutto in teak intagliato, con un altare e una sala attigua, tutto in penombra.

Quando sono entrata non c’era nessuno. Dentro buio e silenzio, rotto dal canto di un uccellino e da un raggio di sole che entrava dalla porta. Ecco, forse questo è uno dei pochi luoghi che ho visitato, insieme ai tempietti di Bagan, dove ho avvertito il senso del sacro, l’energia dolcissima della devozione, della pace interiore, e dove sarei rimasta a lungo in meditazione.
Curiosamente, pur essendo un tempio buddista, alcuni fregi richiamano le divinità indù.

Un lungo viaggio sul fiume
A Bagan (Pagan), la vecchia capitale di parecchi regni antichi – che l’Unesco avrebbe voluto dichiarare sede di patrimonio mondiale – siamo arrivati da Mandalay via acqua, sul fiume Ayeyarwady, viaggiando con un traghetto sufficientemente confortevole per nove ore cullati dall’acqua.
Ecco, una delle cose che mi ho imparato in Birmania è vivere momento per momento, senza fretta, rallentando la corsa, godendo di ogni attimo, dovunque fossi e in qualunque condizione. Così anche questa lunga traversata ci ha regalato del tempo, la possibilità di intrecciare conoscenze, di mollare la tensione, attraversando fino al tramonto paesaggi tanto incantevoli da sembrare inventati, con colline verdi sulle quali spiccano le tipiche guglie dorate degli stupa.

Bagan, la valle dei templi

E la valle di Bagan, che si estende per 67 chilometri, per Terzani uno di quei luoghi che “ti rende fiero di appartenere alla razza umana”, è veramente splendida.

Ne fanno parte piccoli paesini non troppo distanti e grandi templi importanti, con statue e dipinti antichi, dove regna la confusione e… il commercio.

Ma ciò che rende particolare questa valle, oltre a un senso di pace e di armonia, sono le centinaia di tempietti in terracotta – con guglie elaborate – disseminati nella pianura, alcuni antichi, altri restaurati sul modello di quelli distrutti dal terremoto (che si riconoscono perché tra un mattone e l’altro si vede la malta bianca). E chi volesse ammirare la pianura con un unico colpo d’occhio può prendere una mongolfiera il mattino presto.

IL LAGO INLE

Ed ecco un’altra tappa imperdibile e suggestiva. Con una barca (che si affitta dovunque senza problemi) si solcano le acque pescose di questo lago, sperimentando un senso di pace e di libertà. Ma soprattutto si percorrono i canali che dividono sia le case costruite sulle palafitte, piene di panni colorati stesi ad asciugare, sia le coltivazioni a pelo d’acqua. Ecco, stupefacenti sono proprio gli orti e i mercati galleggianti. Tanti i pescatori avvinghiati con un gamba a un palo per non perdere l’equilibrio mentre gettano le reti, fieri di farsi fotografare. E nel lago, sempre su palafitte, c’è una fabbrica di tessuti, con annesso negozio, e anche il laboratorio di un fabbro (sapevate che in inglese si dice smith?).

E un altro canale porta al tempio
E poi un lunghissimo canale che scorre tra canneti e verdi rive ombrose, attraversato da molti ponti, fino a raggiungere il villaggio di Inthein. Scendendo dalla barca si percorre una lunga galleria coperta piena di bancarelle di souvenir, magliette, statuette, marionette, gingilli di ogni tipo e prezzo.

Il tempio, la Shwe Inn Thein Paya, è un casermone pieno di luci colorate al neon, mentre splendide sono le guglie degli stupa tutt’intorno, la maggior parte in rovina ed altre rifatte e tutte dorate. Insomma, sembra di essere dentro una favola.

YANGON
È la citta più grande e più importante da punto di vista commerciale. Qui convivono varie etnie, con le loro religioni: c’è un quartiere cinese, uno indiano e la Grande Moschea della zona musulmana. Ovviamente in un viaggio turistico si visitano i siti più importanti, non c’è il tempo di approfondire e conoscere veramente una città. Ecco, in questo meraviglioso viaggio, che vorrei ripetere, mi è mancato proprio l’approfondimento, il contatto, il colloquio con le persone. Ma per far questo occorre più tempo e un viaggio open, senza scaletta, senza aerei già fissati.

Un pomeriggio alla Pagoda Shwedagon
Sulla collina di Singuttara si trova la Pagoda Shwedagon, il tempio più interessante, direi strabiliante, visibile da tutta la città, la cui costruzione secondo la leggenda risale addirittura ai tempi di Gautama Buddha.
È la pagoda buddista più sacra per i birmani che conserva le reliquie dei quattro Buddha, alla quale si accede grazie a quattro passaggi coperti, fiancheggiati da bancarelle, o da ascensori e scale mobili.

E ancora oro, oro, oro…
La terrazza principale, da percorrere ovviamente a piedi nudi, è lastricata di marmo. Al centro c’è la pagoda principale con uno stupa dorato alto 98 metri totalmente laminato d’oro, sulla cui punta sono incastonati diamanti, rubini, zaffiri e altre pietre preziose. Come, per altri motivi, è prezioso- e per questo curatissimo – l’albero della bodhi, che richiama quello sotto il quale Buddha ricevette l’illuminazione.

Intorno sono costruiti altri piccoli tempi, sale per la meditazione, ognuna delle quali ospita altre statue del Buddha. E ben 1065 campane d’oro.
Una statua spettacolare, racchiusa in una teca di cristallo, è in giada, intarsiata con 91 rubini, 9 diamanti e anche con 2,5 kg di oro. Tutto questo oro mi fa pensare che agli dei si offrono le cose più belle: se posso fare accostamenti azzardati Abramo era disposto a sacrificare il figlio Isacco, i Maya versavano il sangue per nutrire gli dei e anche le nostre chiese racchiudono tesori e opere d’arte. Ma non posso fare a meno di contrapporre tutta questa ricchezza alla povertà evidente della maggior parte della popolazione…

foto di Manuela Pompas

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Giornalista, scrittrice, ipnologa, è considerata un'importante divulgatrice nel campo della medicina olistica, la ricerca psichica, la psicoterapia transpersonale. Ha scritto numerosi libri su questi argomenti e la sua ricerca cardine riguarda la reincarnazione attraverso l'ipnosi regressiva. Spesso ospite nei convegni come relatrice sulle tematiche che riguardano la sopravvivenza, è stata spesso in radio e in Tv e ha condotto anche trasmissioni in una Tv privata. Mailto: manuela.pompas@gmail.com