In questa terza e ultima parte del nostro studio sui suoni che curano, ci occuperemo più da vicino delle applicazioni più strettamente legate a note malattie, come il Parkinson e l’Alzheimer. E di come l’aspetto “ritmico” della musica possa essere davvero di grande aiuto per migliorare la qualità della vita delle persone affette da queste patologie.
Gli effetti della musica sul sistema nervoso

Sugli effetti della musica sul sistema nervoso appare interessante lo studio del neuroscienziato Damir Janigro, effettuato presso la Cleveland Clinic, negli Stati Uniti, a cura del Cleveland Clinic’s Art and Music Institute. Il dottor Janigro ha utilizzato e utilizza la musica sui pazienti durante le operazioni al cervello, che richiedono che il paziente sia sveglio, magari per ore. Durante l’esperimento, ai pazienti sotto operazione sono stati fatti ascoltare brani di musica melodica senza ritmo definito, musica ritmica con melodia indefinita e musica che combinasse entrambi. Con la musica più rilassante ed efficace, quella dove predominava la melodia, i pazienti necessitavano di meno farmaci e si poteva osservare un tempo di recupero più rapido post operatorio. Il dottor Janigro ha quindi teorizzato che la musica può modificare l’attività della zona talamica e subtalamica del cervello.
I benefici nel Parkinson e Alzheimer
La musica viene anche utilizzata, con successo, per i malati di Parkinson, che tendono ad avere problemi con il ritmo, per cui ci si focalizza proprio su questo. Una musica dall’aspetto ritmico molto marcato può aiutare a ridurre la bradicinesia (difficoltà nel porre il corpo nella giusta posizione) e anche nel freezing, per cui un paziente parkinsoniano risulta come bloccato in una posizione prima di riprendere a muoversi. Inoltre si sono osservati diversi miglioramenti anche nella diminuzione di movimenti extrapiramidali (movimenti involontari apparentemente incontrollabili, tipici della carenza di dopamina) e nella riduzione dello stress, dell’ansia e del senso di isolamento. E anche in attività che per un parkinsoniano possono divenire problematiche, come vestirsi o tagliare il cibo.

La musicoterapia legata al ritmo è impiegata sui questa tipologia di pazienti in diversi istituti. Anni fa ho assistito ad alcuni incontri con dei musicoterapisti dell’Istituto Geriatrico Redaelli di Milano, coordinati dal dottor Livio Bressan, che aveva ideato un insieme di tecniche per il recupero cognitivo, emotivo, motorio e sociale dei malati di Alzheimer e Parkinson (tra l’altro è anche un ottimo chitarrista classico), che avevano prodotto molti benefici su pazienti parkinsoniani grazie alla musica e al ritmo.
La musicoterapia può aiutare molto anche nei casi di morbo di Alzheimer. In questa malattia, la musicoterapia aiuta sia nella sua forma attiva che in quella ricettiva. La forma attiva è praticabile laddove la capacità di fare musica è possibile. Ma vi sono strumenti che possono essere utilizzati da pazienti senza conoscenza musicale (tra cui l’Autoharp, uno strumento a corde pizzicatem e l’Omni, un sintetizzatore analogico).
Questi pazienti possono trarre beneficio sia da musica stimolante che rilassante: nel primo caso, la musica sarà utile per le attività quotidiane e per evitare che una persona possa addormentarsi, ad esempio a tavola. Una musica più rilassante, invece, aiuta ad esempio a ridurre l’agitazione o a favorire il sonno.
Alcuni studi hanno dimostrato che i pazienti affetti da Alzheimer reagiscono meglio con musiche non conosciute: è probabile che queste musiche non ricolleghino a sensazioni o ricordi del passato e quindi siano maggiormente adatte per favorire stati d’animo positivi. Altri terapisti consigliano invece di lasciare scegliere al paziente la musica. In generale, anche qui può essere di grande aiuto l’utilizzo del ritmo e il favorire da parte dei pazienti gesti come muoversi o battere le mani.
La musica aiuta anche in pazienti con altre patologie, come il cancro. In questo caso, la musica esercita un’azione calmante, stabilizzante della pressione sanguigna, ed aiuta a ridurre il dolore.
Sicuramente, nei casi di pazienti affetti da Alzheimer e Parkinson, la musica aiuta a sopportare meglio la malattia e a rallentarne gli effetti. E’ bello, però, poter pensare che la musica possa guarire completamente qualcuno. In fondo, se il suono vince la gravità, potrebbe anche permettere di modificare lo stato di malattia in uno stato di benessere.
La musica come aiuto alla socializzazione
Interessante anche quella musicoterapia che lavora sul rapporto con l’oggetto musicale. Un amico musicoterapista mi raccontava che con alcuni pazienti si tenta di stabilire un rapporto tra il paziente e lo strumento, come se si volesse stabilire un dialogo.

Proprio da questo rapporto può derivare la possibilità, da parte della persona, di sbloccare determinate situazioni legate alla psiche. In particolare per persone che non comunicano, che pongono una barriera tra sé e il mondo, come gli autistici.
In un interessante lavoro a cura dell’Anfass (Ass. Famiglie di Disabili Intellettivi e Relazionali) di Pordenone si evidenziano i rapporti sia con lo strumento musicale che con l’operatore e l’incremento della socializzazione dei ragazzi coinvolti nel lavoro.
Per un approfondimento, vi segnalo il sito web: http://www.anffaspordenone.it/documents/struttura/attivita/musicoterapia.pdf)
Posso anche citare come nella musicoterapia si cerchi, talvolta, di lavorare su quelle melodie o quei passaggi che suscitano particolari emozioni nella persona. In alcuni casi si richiede al paziente di registrare circa trenta minuti di musica, cioé quei brani che in qualche modo hanno colpito la sua attenzione. Analizzando le sue scelte, si può parlare di una vera e propria “psicanalisi musicale”, nella quale si studiano le reazioni dell’inconscio in relazione alle emozioni che la musica suscita.
Essendo essa in grado di risvegliare emozioni e di far emergere situazioni e strutture inconsce, rappresenta un utile e talvolta determinante strumento per conoscere e penetrare l’inconscio.
C’è anche chi si sofferma sulla voce dell’analista, paragonandola in qualche modo ad uno strumento musicale. Proseguendo con il paragone, essa mette in relazione il transfert con l’improvvisazione musicale (vedi: http://www.rapsodia-net.info/?p=807). Si può ora riprendere da dove siamo partiti, dall’inizio. La musica è una delle più belle espressioni dell’animo umano. Essa parla oltre le parole. E proprio questa sua capacità di penetrare l’animo dell’individuo permette di cambiare la vita delle persone, di ridonare benessere o almeno di alleviare lo stato di sofferenza, migliorando comunque e sempre la qualità della vita.
Il potere della musica va ben al di là di quello che ho descritto e penso che molte cose debbano essere ancora scoperte, cosa intuita da tempo da alcune tradizioni spirituali, chee forse proprio per questo sono in grado di fornire strumenti per il benessere, che la scienza ha dimostrato magari molto tempo dopo essere fattivi ed utili.
Credo che immergersi nella musica, se questa è in grado di equilibrare, possa essere un’esperienza luminosa che dona qualcosa di speciale all’uomo, aprendo nuove percezioni e donandoci un diverso impatto con la realtà. Essa è davvero un’arte sublime, che può dare molto e che può renderci tutti migliori.
(3a puntata – fine)
molto interessante
i bambini autistici infatti a scuola quando si propongono musiche e canzoni allegre e ritmate si tranquillizzano e riescono anche a prestare più attenzione alle attività…