La Meccanica Quantistica entra nell’Informatica

di Sergio Ragaini. I principi della Meccanica Quantistica, che sembravano essere puramente teorici, stanno prendendo forma nelle più sofisticate tecnologie informatiche.

Nei precedenti articoli c’eravamo lasciati con un interrogativo. O meglio con una questione aperta. Vale a dire, quella della computazione parallela. Rob Fergus, citato nelle sezioni precedenti a proposito del convegno Bergamo Scienza, nel confrontare il cervello dell’uomo con il computer aveva detto che il cervello umano lavora in parallelo, mentre il computer in seriale.
Chi ha letto i miei lavori credo che abbia capito di cosa sto parlando. In sintesi: lavorare in parallelo vuol dire riuscire a fare più cose nello stesso momento. Facciamo un esempio: ora sto scrivendo un articolo. Lo posso fare più o meno velocemente. Ma in questo momento sto facendo solo quello. Quindi sto facendo una cosa dopo l’altra nell’articolo che sto scrivendo.
Supponiamo che, nello stesso momento, stia scrivendo ad un amico su qualche chat. E che io possa fare nello stesso tempo le due cose. Questo sarebbe un lavoro parallelo, purché la cosa avvenga in maniera simultanea, e non comunque sequenzialmente.

I computer eseguono un processo per volta
I computer che noi conosciamo non lavorano in parallelo. In qualche modo, lavorano velocemente, ma un’istruzione dopo l’altra. Non eseguono, insomma, più operazioni nello stesso momento. O, per dirla alla David Deutsch, uno dei massimi esperti mondiali di Teoria della Computazione, noto anche per le sue Teorie sugli Universi Paralleli, eseguono solo un processo alla volta.
Poi, è vero, nei computer più processi sono attivi simultaneamente. Una persona, ad esempio, può scrivere un articolo, come sto facendo io, e nello stesso tempo scaricare un video o un brano musicale, e ancora eseguire una scansione con l’antivirus. Tuttavia, nell’ambito dello stesso processo, le operazioni vengono eseguite in sequenza.
La sfida sarebbe quella di realizzare un sistema che permetta di lavorare in parallelo su più operazioni nello stesso momento. Sarebbe come se, invece che calcolare una funzione per un singolo valore, la si calcolasse simultaneamente per più valori.

Facciamo un esempio
Vogliamo calcolare il quadrato di un numero. Abbiamo quindi in input un numero ed in output il suo quadrato. È vero, possiamo dare più numeri di cui calcolare il quadrato, ma questi verranno calcolati uno alla volta. Lavorare in parallelo, invece, vorrebbe dire che, “nello stesso momento”, vengono calcolati più quadrati.
Credo che l’esempio abbia reso molto bene l’idea di computazione parallela: più computazioni con dati diversi della stessa cosa. Questo ne è già un interessante modello.
Di fatto, quindi, computazione parallela equivale a calcolare simultaneamente una funzione per valori diversi. Così facendo, credo si possa capire che la velocità cresce esponenzialmente.
Il lavoro in parallelo è la sfida dei computer del divenire. Se si riuscissero ad eseguire più processi, nella stessa struttura, simultaneamente, le capacità di calcolo crescerebbero davvero in maniera incredibile. Quanto incredibile? Lo vedremo a breve!

Cambiare il mondo senza capirlo
Per il momento, cerchiamo di capire a cosa questo modo di procedere si riferisce. L’argomento è stato uno dei più seguiti a Bergamo Scienza 2017 (vedremo in un prossimo articolo l’appuntamento di quest’anno) e ne ha costituito quasi la conclusione. L’ospite è stato sicuramente d’eccezione: Klaus Mølmer, dell’Università di Aarhus, in Danimarca. Il tema dell’incontro, condotto con grande capacità da un altro grande studioso: l’olandese Diederik Wiersma, del “Lens” (Laboratorio Europeo per la Spettroscopia non Lineare) dell’Università di Firenze, ci ha portato all’interno di questo Mondo affascinante della computazione parallela.
Il titolo della conferenza è stato davvero particolare: “La Fisica dei Quanti: cambiare il mondo senza capirlo”. Un titolo di questo tipo potrebbe, in qualche modo, far storcere il naso a qualcuno: cosa c’entra, ci si potrebbe chiedere, la fisica quantistica con la computazione parallela? Invece, è proprio la fisica dei quanti che, non solo in teoria, ha dato il via a questa modalità di computazione, in cui più cose avvengono nello stesso momento, in maniera simultanea.

Tutto apparentemente assurdo
Il titolo della conferenza, in inglese, risuonava in maniera ancora più diretta: Quantum Physics: from weird to wired. Una traduzione di questo titolo non è così immediata: potrebbe risuonare come: “La Fisica Quantistica: dall’incomprensibile al cablato”, o anche “al tecnologico”. Un titolo che dice chiaramente come qualcosa di apparentemente assurdo e incomprensibile, come sono alcuni risultati della fisica quantistica, possano essere la chiave per nuovi orizzonti informatici, dove la potenza di calcolo potrebbe salire in maniera davvero inimmaginabile. Proprio da ciò che è davvero molto diverso da quello che possiamo immaginare nascono i nuovi orizzonti per l’Uomo.

Lo stesso citato David Deutsch parlava comunque di “computazione quantistica”, per intendere dei processi che avvengono simultaneamente. Ed è proprio da qui che il viaggio potrebbe metaforicamente iniziare: dalla meccanica quantistica e dai suoi modelli di realtà. Perché è proprio da qui che è partita una nuova visione del mondo. Ed è da qui che qualcosa di meraviglioso potrebbe davvero nascere.
Dalla Meccanica Quantistica partiremo per il viaggio, così come è partito Klaus Mølmer. Un viaggio che, all’inizio, apparirà forse un po’ astratto, ma che, sempre più, prenderà forma nella nostra tecnologia. Un viaggio che, per citare il titolo della conferenza, partirà forse “weird” e giungerà ampiamente “wired”.

La simultaneità, un nuovo modo di pensare
Innanzitutto, l’incomprensibile. La meccanica quantistica, almeno su scala microscopica, fornisce delle sorprese davvero notevoli. Che possono essere sintetizzate con una parola: simultaneità. Proprio quella simultaneità che appare, quindi, come la base di un nuovo modo di pensare e vedere le cose.
Il punto focale stesso dello sviluppo quantistico, infatti, è l’incertezza. Mentre, infatti, nella fisica classica vi sono certezze, in quella quantistica non c’è nulla di certo, ma tutto appare velato da un alone di impossibilità di formulare previsioni esatte di ogni tipo.

I capisaldi della Meccanica Quantistica partono, comunque, dall’idea di una realtà “discreta”, non più “continua”. Cosa si intende con questa parola? Semplice: si intende che nella fisica quantistica l’energia non fluisce in maniera continua ma, per così dire, “a pacchetti”. Nel senso che ci sono valori energetici ben determinati che una particella può assumere. L’esempio, in questo senso, di Klaus Mølmer, è stato molto esplicativo: se acquistiamo del vino in bottiglia, non possiamo prenderne una bottiglia e mezza, ma solo una, due, tre……
Qualsiasi cosa che viene venduta “a pezzi” o in quantitativi ben definiti può ricordare una trasmissione “a pacchetti”. Possiamo fare un esempio molto semplice: supponiamo che una pizzeria venda della pizza “a pezzi”: una persona non ne potrà prendere un pezzo e mezzo, ad esempio, ma uno, due, tre, quattro pezzi o più. Ma sempre pezzi “interi”. Se poi questa pizzeria vende pizze rotonde, l’esempio è ancora più facile! Non ho mai visto, infatti, una persona ordinare “mezza pizza” o “una pizza e mezza”: ne ordina a numeri interi!
Per l’energia è la stessa cosa: questa viaggia a pacchetti. Ed è proporzionale alla frequenza.
A questa conclusione era arrivato, ancora nel 1900, Max Planck. Planck ha dimostrato che l’energia di un’onda è proporzionale alla frequenza. Quindi, maggiore è l’energia di qualcosa, maggiore è la sua frequenza.

La doppia natura della luce
L’Effetto Fotoelettrico, osservato da Einstein nel 1905, ha confermato tutto questo, dimostrando la doppia natura, corpuscolare ed ondulatoria, della luce. Nature che, però, come dimostrato da Niels Bohr, non possono essere simultaneamente presenti.
Pensare ad una particella come un’onda, come dimostrato, nel 1924, dal fisico belga De Broglie, significa comunque pensare a qualcosa che ha caratteristiche completamente diverse rispetto a quelle alle quali siamo abituati a pensare.
E qui potrebbe già apparire un primo possibile collegamento con il mondo dell’elettronica. Infatti, la parola “elettronica” deriva da “elettrone”. Infatti, l’elettronica sfrutta proprio il moto di elettroni in un conduttore. Di conseguenza, un differente modo di vedere l’elettrone potrebbe portarci a qualcosa di completamente differente. E, parlando di elettroni, parliamo proprio di quelle “particelle microscopiche” che assieme ai quark, vanno a costituire la materia.

Il futuro dell’informatica
Non è il caso, qui di dilungarsi sulla struttura della materia e del nucleo. Tuttavia, è proprio dal modello di elettrone che nascerà, o almeno potrebbe nascere il futuro dell’informatica di cui parlavo poco fa.
Consideriamo il modello di atomo a cui siamo abituati: questo è rappresentabile come un nucleo attorno al quale orbitano degli elettroni. In qualche modo, il modello di atomo che abbiamo presente ricorda molto da vicino quello di un Sistema Solare in miniatura.
Questo modello, in qualche modo formulato da Rutherford, al quale Bohr ha posto l’aggiunta, se così si può dire, di un livello nel quale l’energia non viene persa, non è però conforme con la fisica quantistica. Infatti, definire un modello di questo tipo significa definire comunque l’orbita di un elettrone come una “traiettoria”. Infatti, che perda o no energia, un elettrone compie una traiettoria circolare attorno al nucleo.

L’equazione di Erwin Schrödinger
Questo modello era perfetto per la fisica classica. Ma, anche in questo senso, la meccanica quantistica darà una scossa alla certezza sia della traiettoria che della posizione di una particella. Questo accadrà nel 1926, quando un fisico austriaco, Erwin Schrödinger, elaborerà una sua equazione omonima. Un’equazione che Klaus Mølmer ha mostrato, anche per coloro che non erano in grado di capirla, definendola come un’”opera d’arte”.
In effetti, questa equazione, tecnicamente un’equazione differenziale alle derivate parziali, sarà in grado di cambiare le nostre prospettive sull’infinitamente piccolo e, di riflesso, sul mondo attorno a noi.
Questa equazione, che apparentemente dice poco, vorrebbe esprimere la traiettoria della particella. Almeno, questo potrebbe pensare una persona che dovesse guardare questa equazione, pensando in termini di fisica classica. In realtà, risolvendo questa equazione, si scopre che si tratta di una probabilità. O, per essere più esatti, di una “densità di probabilità”.

Una realtà virtuale

Il paradosso del gatto di Schrödinger.

Questo cambia completamente il modo di vedere una particella. Infatti, non esiste più una traiettoria ma una probabilità di trovare una particella in una determinata regione dello spazio. Una particella che, virtualmente, può essere ovunque. Rafforzando, in questo senso, ancor di più l’idea di una “materia vuota” di cui la fisica parla. L’equazione di Schrödinger fornisce soluzioni che, in qualche modo rappresentano figure geometriche. Queste sono “distribuzioni di probabilità”, in un certo senso. In termini di struttura della materia prendono il nome di “orbitali” e rappresentano soltanto zone dello spazio dove si ha la massima probabilità di trovare una particella. Che, comunque, può virtualmente essere ovunque nello Spazio.
Il concetto di orbitale, che fa parte della chimica moderna, ha quindi sostituito quello di orbita. In un certo senso fa parte della cosiddetta “Chimica Quantistica”. Studiata a livelli molto alti dal Premio Nobel Linus Pauling.
La Meccanica Quantistica, però, va ancora oltre: viene infatti affermato che, non essendo possibile stabilire la posizione di una particella, si stabilisce che questa è simultaneamente presente in tutte le posizioni possibili. E questa è tutt’altro che una congettura matematica, e deriva direttamente dal fatto che una particella è anche un’onda. E ha quindi un aspetto non localizzato (in quanto oscillatorio).

La sovrapposizione degli effetti
Ci avviciniamo a grandi passi alla definizione più “informatica” di tutto questo. Una prima riflessione: se l’elettronica è legata agli elettroni, è quindi legata non a particelle che hanno una traiettoria e una posizione definite, ma a qualcosa di più aleatorio, di non definito. Qualcosa che, soprattutto, che può essere ovunque. La Meccanica Quantistica, infatti, ha un principio fondamentale, che è quello di sovrapposizione degli effetti: questo principio afferma che, se qualcosa può esistere in due possibili stati quantici, può esistere anche in una loro combinazione. Questo ha portato a paradossi come quello piuttosto noto del “gatto di Schrödinger”, che è mezzo vivo e mezzo morto. E ci permette di affermare che tutto è possibile finché non eseguiamo un esperimento.

Quindi, se una particella può occupare due diverse configurazioni, può occupare anche una combinazione di queste configurazioni. Compresa la posizione. Tutto questo appare paradossale, e sicuramente si avvicina a quel “non capirci nulla” che costituisce il titolo della conferenza. Da una sequenzialità di posizioni e situazioni, siamo quindi ad una simultaneità delle stesse. Quella simultaneità che costituisce la base della Fisica Quantistica, nella quale le cose avvengono nello stesso momento e una particella occupa simultaneamente più posizioni. Questo fatto, che appare paradossale, è stato poi accuratamente verificato.

Una “posizione” siffatta cambia completamente la nostra visione sulla vita e sulle cose, almeno ad un certo ordine di grandezza. Tralasciando qui le implicazioni umane e filosofico – esistenziali, delle quali abbiamo già parlato in altri articoli, è bello qui vedere le implicazioni di tipo scientifico. E, in questo caso, anche quelle di tipo informatico.
Infatti, il passo successivo di tutto questo è stato studiare, in qualche modo, la comunicazione tra queste particelle. Comunicazione che va al di là di quella che è la struttura spazio temporale che noi conosciamo. E ci porta verso nuove modalità di concepire le cose.

Si tratta di quel fenomeno noto come “Entanglement”. In base a questo fenomeno, due particelle che sono state in contatto tra di loro possono scambiarsi informazioni, in tempo reale, a qualsiasi distanza si trovino. Questo fenomeno è stato studiato da Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen, ed è appunto noto come “Paradosso EPR”, dalle sigle dei loro cognomi. I tre scienziati hanno dimostrato che, date due particelle, che partono”, in qualche modo assieme, la misurazione su una delle due influenza quella sull’altra. I tre scienziati pubblicarono tutto questo nel 1935 (precisamente il 25 marzo) in un articolo dal titolo: “Can Quantum Mechanical description of Physical Reality be considered complete?” (Può la descrizione della realtà fisica proposta dalla meccanica quantistica considerarsi completa?) . Per Einstein, questa era la dimostrazione che la descrizione della Realtà della Meccanica quantistica non era completa (quindi che, all’interno della teoria, esistevano cose che, pur essendo vere, non erano dimostrabili all’interno della teoria stessa). Per Bohr, invece, era solo la prova che si stava prima descrivendo “quello che si sapeva” delle particelle, e questo fenomeno era al di fuori della conoscenza di quel momento. Einstein, comunque, non aveva mai accettato l’indeterminismo. Nota la sua frase, proprio pronunciata durante una relazione di Bohr, al Quinto Congresso Solvay del 1927: “Dio non gioca a dadi”.

In ogni caso, questo porta sempre di più verso un’idea di un qualcosa di incomprensibile, almeno da un punto di vista intuitivo. E, nello stesso tempo, verso qualcosa che pone un’idea di più processi simultanei. Il modello che qui appare, quindi, è sempre più quello di strutture collegate, che comunicano tra di loro da qualsiasi posizione, e nello stesso tempo che possono occupare simultaneamente più stati e più posizioni.
La visione del mondo che qui appare potrebbe essere, come lo è stato per alcuni, una pura congettura filosofica. Oppure, come effettivamente appare, può permettere di costruire apparecchiature che, da questa apparente incomprensibilità, possano offrire possibilità inimmaginabili.

Questa simultaneità appare confermata dalle teorie più avanzate che oggi sono disponibili, quali quella delle stringhe. In suoi aspetti come quello della “supersimmetria”, appare davvero una realtà dove il pensiero potrebbe prendere forma, nel senso che la realtà dove ora viviamo potrebbe essere, in qualche modo, “pensata” altrove. Qui, addirittura, la simultaneità tra pensiero e azione appare in maniera decisa. L’argomento è comunque già stato affrontato. Così come è stato già affrontato quello del multiverso, vale a dire l’esistenza di mondi paralleli al nostro. Dove ci siano, magari, copie di noi stessi che stanno in questo momento facendo altre cose, come prospettato dal fisico Max Tegmark.

Quello che sembra, da tutto questo, quasi incredibile, quanto già trattato, è il fatto che si riesce a dimostrare che, in qualche modo, tutto è possibile finché la persona, con l’osservazione o la misurazione, non determina una possibile scelta. Una cosa di questo genere appare puramente filosofica. Appare, quindi, una sorta di congettura per filosofi.
Eppure, le sue implicazioni nella tecnologia potrebbero essere enormi. Come appunto vedremo.

Direi che le basi “teoriche” della nostra trattazione sono state, qui, gettate.
Sono basi che appaiono, come dicevo, astratte, ma sono necessarie per comprendere come funziona un Computer Quantistico.
Un computer che, posso annunciare, già esiste, anche se ancora in forma limitata.
Nella prossima parte spiegheremo in dettaglio come questo computer quantistico funziona. E come potrebbero essere gli sviluppi di tutto ciò. Sviluppi che potrebbero aprire, per le nuove generazioni, un mondo davvero incredibile.
Restate in contatto! Il meglio deve ancora arrivare!

Per saperne di più:
Per chi è avvezzo di linguaggio matematico, qui si può trovare il testo dell’articolo scritto da Einstein, Podolsky e Rosen sull’Entanglement: http://www.drchinese.com/David/EPR.pdf

Articolo sul Gatto di Schrödinger tratto da “Le Scienze”: http://www.lescienze.it/news/2016/05/27/news/gatto_Schrödinger_due_scatole-3105175/

La Funzione d’Onda (Università di Udine):
http://www.fisica.uniud.it/~deangeli/fismod/appunti/cap2.pdf

Teoria della simultaneità:
http://www.mentecritica.net/nozioni-di-teoria-della-simultaneita/oldstuff/redazione/17871/

Sincronicità nella Bio Fisica Quantistica:
http://www.exibart.com/blog/blogmsg.asp?idblog=2577

Il sito del “Lens” di Firenze, dove lavora Diederik Wiersma:
http://www.lens.unifi.it

Alcuni articoli di di Klaus Mølmer:
https://www.researchgate.net/scientific-contributions/15133661_Klaus_Molmer

Da “Rai Scuola” un discorso di Klaus Mølmer: “Intuire è meglio che calcolare”: http://www.raiscuola.rai.it/programma-unita/klaus-mølmer-intuire-è-meglio-che-calcolare-un-nuovo-modo-di-insegnare-la-fisica2/273/39473/default.aspx

Klaus Mølmer parla di funzione d’onda per “Rai Scuola”:
http://www.raiscuola.rai.it/programma-unita/klaus-mølmer-la-fisica-delle-onde-di-caffè-un-nuovo-modo-di-insegnare-la-fisica1/273/39472/default.aspx

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Nato a Milano. Laureato in Matematica, ha sempre visto la matematica e la fisica come una sorta di “sesto senso”, che ci fa intuire nuovi mondi, anche dentro di noi. Cercando una visione unitaria dell'uomo e della cultura, si è occupato di diverse cose, spaziando dall'insegnamento al giornalismo. Ha collaborato con diverse riviste, occupandosi dei più disparati argomenti, dal cinema al turismo, alla spiritualità. Parte importante, per lui, è anche la musica, che pratica attivamente, e che per lui è anche un modo per andare al cuore dell'uomo.