di Laura Teruzzi. Così afferma Marina Spadafora, che ci spiega come le scelte che si fanno anche nell’ambito della moda hanno un impatto sull’ambiente e come, quindi, la moda possa essere etica
Incontro Marina Spadafora, considerata uno dei maggior esponenti della moda etica e coordinatrice di Fashion Revolution, movimento mondiale della moda etica e sostenibile, per capire come in questo settore sia possibile lavorare in sintonia con le leggi della natura e del karma. Sì, del karma, perché anche qui è questione di karma, di come noi affrontiamo la vita e di quanto siamo disposti a vendere le nostre scelte ad un’industria sempre più competitiva su materiali, colorazioni, metodi di lavorazione di tessuti e pelli, che seguono più logiche di mercato che nuove logiche di qualità e rispetto dell’ambiente che ci circonda.
Prima di conoscere questa stilista non mi ero mai fatta domande così specifiche sulla moda, non pensavo a cosa ci fosse dietro, all’impatto che la lavorazione di un materiale può avere sull’ambiente. «Per una maglietta servono 7mila litri d’acqua, l’industria tessile è la seconda più inquinante dopo il petrolio», specifica lei.
Da Los Angeles a Milano

Marina Spadafora è portavoce di una nuova moda, una moda che include (e non esclude) i lavoratori più poveri del mondo per creare nuovi modelli di consapevolezza e di sviluppo che una diversa economia è possibile.
Inizia a Los Angeles come costumista per il cinema e prosegue nell’azienda di famiglia come imprenditrice creando un suo marchio. Lavora in Prada, Ferragamo, Miu Miu. Insegna moda sostenibile al Naba di Milano, alla Parsons di New York e Santo Domingo. Nel 2015 riceve il premio Women together dell’Onu di New York per il lavoro svolto con gli artigiani del mondo.
Ricopre la carica di Direttore creativo di Altro Mercato per la linea Auteurs du monde. In queste diverse esperienze è riuscita a vedere la differenza tra moda etica e non, tra azienda etica che si cura del benessere dell’ambiente e delle persone ed invece azienda che segue solo il profitto. Il suo modello è stata Audrey Hepburn, di cui ha sposato in prime nozze il figlio Sean: «Audrey è stata l’ambasciatrice speciale dell’Unicef che ha raccolto più soldi. Ha viaggiato moltissimo e si è spesa per migliaia di bambini. Un modello nei valori»
Da Milano alla Tanzania
Questa stilista ha messo a disposizione competenze a favore di popolazioni necessarie di sviluppo, soprattutto con progetti per valorizzare le donne senza lavoro. Uno di questi è quello svolto in Tanzania allo scopo di sviluppare un’alternativa alla loro economia basata esclusivamente sulla pastorizia, che sta depauperando le risorse dell’ambiente. Nel processo di allevamento ed utilizzo del bestiame le pelli venivano buttate. Lei ha trovato il modo di recuperarle, valorizzando un’antica tradizione della popolazione locale, quella di conciare le pelli per farne poi delle borse.
Ha creato una piccola conceria in Tanzania supportata dalla collaborazione di alcune concerie toscane. I metodi moderni di conciatura delle pelli necessitano di molta acqua e sostanze chimiche. L’acqua va poi depurata per essere riutilizzata nell’ambiente. In Tanzania è stato recuperato un modello di conceria a mano, dove le donne utilizzano solo sostanze naturali. Questo modello ha notevoli vantaggi per la natura, anche se comporta un modello di produzione non industriale e dunque le pelli prodotte giornalmente sono minori. È riuscita a dare lavoro ad un gruppo di donne che ora possono sostenere la famiglia e i figli.
«È chiaro che a valle di questa produzione ci vuole un’economia fatta di valori, dove anche la distribuzione e il mercato usano regole diverse», sottolinea Spadafora. «Anche il materiale prodotto ha una sua particolare fattura, più naturale e meno artificiosa, una moda che ritorna alle origini». Non potendo però pretendere prodotti uguali a quelli industriali, quanto le nostre scelte nella moda condizionano questo mercato?.
La spiritualità espressa nella moda
«È possibile portare avanti questi progetti solo se crediamo di avere una missione», risponde la stilista. «È la spiritualità che ci guida a fare certe scelte. È la nostra consapevolezza che ci permette di capire cosa è giusto o sbagliato».
Ma come far emergere questa consapevolezza? Lei, buddista laica che vive la propria missione nell’attività lavorativa, lo fa meditando giornalmente all’alba, entrando in contatto con la sua parte profonda e trovando una centratura che le permette di affrontare la giornata.
Le chiedo se ci sono aziende della moda spirituali. «Certamente sono ancora sperimentali ed innovativi i progetti sostenibili nella moda, ma esistono delle eccellenze come il consorzio Goel che utilizza tessuti a mano naturali e la Wrad che stampa il cotone con la graffite, senz’acqua».
Siamo consapevoli che tutto è energia? «Anche un capo di abbigliamento, un colore possono influenzare il nostro modo di essere, ci sentiamo più energici con un colore adatto a noi; i tessuti naturali permettono di non creare allergie alla pelle. Tutto è vibrazione nell’universo ed influenza il nostro essere».
Occorre prima sviluppare l’etica nelle persone

Le chiedo se vede una connessione tra sviluppo personale ed etica aziendale?
«Sono convinta sia fondamentale sviluppare prima di tutto le persone e poi le aziende. L’azienda è fatta di persone, non nasce dal nulla, l’energia e i valori che esprime, la famosa mission aziendale dipende da chi la vive giornalmente e da chi la dirige. Formare manager consapevoli ed etici è la sfida del futuro, un futuro che già oggi stiamo vivendo e che ognuno di noi può creare nelle sue piccole scelte giornaliere, nei rapporti con gli altri, nella gestione e valorizzazione dei dipendenti, nelle scelte etiche sul lavoro. Sono convinta che questo filone di aziende sia sempre più in espansione e diventerà il modello di azienda futura, non gerarchico ma collaborativo ed attento alle persone».
Per saperne di più:
Sito di Marina Spadafora
Video: A Masai Story, un documentario prodotto e diretto da Jordan Store (8′) per il progetto Oikos in Tanzania.
E qui la versione del video di 3 minuti
Le altre interviste di Laura Teruzzi:
La spiritualità in azienda
La Lakshmi
Su Alberto Beltrame, art. di Maria Assunta Cianciaruso
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