Il grande palcoscenico onirico

di Roberto Brancati. Nei sogni come a teatro, ci prepariamo ad assistere a un racconto che non conosciamo ancora, il cui traguardo è la nostra trasformazione

Nella frenesia della vita del giorno d’oggi sembra sempre più difficile fermarsi a metabolizzare la valanga d’informazioni che ci avvolge. Avendo il mondo in tasca, l’uomo attuale ha mille modi e occasioni per essere informato, ma molte meno per prendersi il tempo di digerire ciò che assimila. Il tempo cosiddetto libero quindi, come fosse il nuovo denaro, sembra essere diventato l’unità di misura del benessere. Quello che la società però deve riconoscere come libero-di-diritto per ogni cittadino, è il tempo del sonno, ovvero il tempo che permette di tornare freschi e riposati a riprendere da bravi il lavoro quotidiano. Il tempo del riposo quindi non va sprecato.

Fare amicizia con i sogni
Purtroppo molti pensano che ricordare i sogni sia uno spreco di tempo e di energia. Un po’ come quando l’allora ministro delle Finanze disse che “con la cultura non si mangia”. Una delle scuse più frequenti usate dalle persone cui domando se interagiscono con i propri sogni è questa: per ricordare ed appuntare le immagini oniriche serve tempo. E questo, essendo limitato, deve necessariamente venir dedicato ad altre attività ben più importanti! No way. In pochi vogliono riconoscere che quelle immagini profonde e toccanti che ci aspettano al risveglio, ci accompagnano comunque in ufficio, in palestra o all’aperitivo; e la fatica che facciamo per ricacciarle nel ripostiglio dell’indifferenza o del fastidio è spesso maggiore di quella che faremmo per prendere nota e fare amicizia con i nostri sogni.

Meccanismi della psiche: il teatro interiore
Ogni scusa per non cambiare è buona. Purtroppo però la paura del cambiamento, oltre a censurare i sogni, impedisce di vedere obbiettivamente ciò che ci circonda. Fondamentale laboratorio per l’osservazione partecipe e l’ascolto autentico è il teatro.
Quando sogniamo, come quando sediamo in una platea di teatro, siamo in presenza di immagini, suoni e situazioni con le quali stabiliamo un rapporto. Questo contatto è uno scambio dinamico, un flusso di attenzione che procede dal meno-noto al più-noto. L’io spettatore viene attratto da ciò che non sa, con l’obbiettivo di un guadagno cognitivo. Il protagonista di questa relazione è appunto l’osservatore-in-divenire: chiunque entra in sala, chi chiude gli occhi nel proprio letto, chi si prepara ad assistere a qualcosa che non conosce ancora.
Tanto il percorso teatrale che quello onirico hanno come traguardo la trasformazione dell’osservatore (o evoluzione maturativa)  in “altro da sé”:  il primo (il teatro) imita, mentre il secondo (il sogno) agisce quello che è il carattere perpetuo e inarrestabile della vita. In teatro il processo imitativo è indotto: si attua volontariamente per far sì che lo spettatore assista ad un accadimento programmato con contenuto specifico. Per questo il teatro è una forma d’arte sociale: perché permette al pubblico di esprimere individualmente una critica al medesimo accadimento, creando ricchezza e pluralità di punti di vista e ampliando la realtà condivisa.

Il sogno, un ampliamento della realtà interiore
Anche di notte l’andata in scena accade individualmente, ma in modo spontaneo, naturale e senza che l’osservatore possa scegliere. L’obiettivo pare il medesimo: trovarsi di fronte a ciò che succede, davanti e dentro, con il coraggio e la coscienza sapienziale del continuo mutamento (e della responsabilità) cui siamo costantemente chiamati. L’ampliamento indotto dall’esperienza onirica è, a differenza di quella teatrale, un ampliamento della realtà interiore del sognatore: relazionandosi alle manifestazioni del proprio xx involontario, egli conquista spazi luminosi negli avventurosi abissi interiori.
Ovviamente quello che fa chi non è interessato al proprio spettacolo privato è sbarazzarsi il prima possibile di ciò che dei sogni ricorda, dimenticandosene. Lo stesso può valere per chi abbia assistito ad una brutta pièce teatrale: la rimuove. E non se ne parla più.

Dietro le quinte del sogno-spettacolo
Le somiglianze tra il sogno e il teatro sono tante e tali che, come vedremo, sono spesso sovrapponibili. In entrambi i campi esistono l’autore, il regista, l’azione, l’attore, lo spettatore. Il teatro è uno dei maestosi templi della conoscenza/essenza dell’individuo e della sua società: il luogo del passato (il vissuto, la storia), del presente (l’attenzione, la volontà) e del futuro (le ambizioni, il destino). Meno conosciuto è il dietro le quinte del palco, dove agisce una rigida e quasi tirannica gerarchia, indispensabile all’orchestrazione millimetrica delle moltissime e precise componenti sceniche, gerarchia tramite cui il regista impone più o meno dolcemente la sua lettura del dramma.
Nel sogno il regista può essere solo colui (o quella componente della psiche) che partecipa volontariamente e lucidamente al flusso degli accadimenti; e così come si può diventare registi teatrali, si può  essere sognatori lucidi. L’attore invece è colui che obbedisce volontariamente all’ordine registico e che investe totalmente se stesso versando la propria interiorità in quella del personaggio che rappresenta. Nel sogno (e non solo) spesso il sognatore compie atti che non hanno attinenza con la sua volontà: gesti mossi da un’enigmatica forza, ma che traggono comunque alimento dai luoghi del sognatore stesso.

Indizi, incongruenze e non-sense

Salvator Dalì: “Sogno causato dal volo di un’ape intorno a…”

Quest’involontarietà può essere una delle fonti di disagio, di paura e d’impotenza che aggrediscono il sognatore in erba, impedendogli di fare carriera nel sognare. Così come uno scarso attore è quello che vizia con la propria personalità quella del personaggio, sognatore principiante è chi che si lascia vincere da intenti involontari senza impegnarsi a dirigere le proprie azioni verso ciò che in sogno lo appaga.È così che agisce e acquisisce quotidiana utilità la pratica-ricerca del sogno lucido: scovando e sfruttando le anomalie che abbiamo chiamato “indizi onirici”, le incongruenze e i nonsense che ci aiutano a riconoscere che stiamo sognando. In veglia queste anomalie prendono la forma di cupi stati d’animo o di profondi rifiuti a qualcosa o a qualcuno; tali dissensi, grazie alla lucidità e prontezza di veglia, si possono usare: per esempio cambiando con clemenza atteggiamenti o interessi. L’attore-sognatore può quindi lasciarsi possedere attivamente o passivamente da ciò che gli accade, a seconda di quanto questo sia in accordo con la drammaturgia e con la regia. Diversamente, se in disaccordo con la direzione artistica, può lasciare la compagnia. E ridestarsi altrove.

Il sogno in teatro
Questa specularità sogno-teatro è fonte d’ispirazione per autori-sognatori di ogni epoca, a partire da Eschilo che nel 472 a.C. fa iniziare la tragedia I Persiani portando sulla scena il sogno premonitore della regina Atòssa. Non è un caso che il dio greco del teatro e dello specchio sia Dioniso, la divinità ctonia che abita, secondo il mito che lo vede figlio di Zeus e Persefone, tanto il mondo infernale che quello della luce.

Sogno di una notte di mezza estate

Il sodalizio è testimoniato anche da Shakespeare, che nel suo Sogno di una notte di mezza estate intreccia il vero alla fiaba, accomunando le sorti degli uomini a quelle degli dei, come già fece la scala angelica nel biblico sogno di Giacobbe, collegamento dinamico tra Cielo e terra.
Nel 1635 è Calderon de la Barca che ne La vita è Sogno confonde il piano della realtà con quello del sogno, per sottolineare la volubilità delle cose terrene e la commistione tra i due regni.
E non è neanche un caso se lo stesso Sigmund Freud attinge a piene mani dalla tradizione teatrale per testimoniare la stretta connessione tra le rappresentazioni sceniche e le immagini interiori che “agiscono” l’essere umano, spesso suo malgrado. Ne è esempio lampante l’intuizione freudiana del complesso di Edipo che strumentalizza il mito dell’ineluttabilità del destino, già narrato da Sofocle per farne veicolo di comprensione e integrazione di pulsioni latenti: le stesse pulsioni che, nella catarsi teatrale, giungono alla coscienza per essere purificate da una nuova e più chiara consapevolezza.

Il teatro in sogno
E sognare di essere in teatro? Può forse significare l’entrare nella stanza dei bottoni? Il sogno sembra essere un accesso consultivo ai misteriosi registri con i quali la nostra Essenza sconfinata governa ciò che la ragione e l’intuito colgono appena. Sognare il palcoscenico, il dietro le quinte, la platea, sono opportunità meravigliose, preziosi indizi per acquisire lucidità onirica e interagire intenzionalmente con gli artisti, i tecnici, gli spettatori. Questi attori-sognati possono essere o personificazioni di componenti della psiche del sognatore – nel qual caso la pratica di portare in sogno domande a problemi irrisolti risulta utilissima – o immagini vive di suggerimenti colti in veglia e non processati, che invitano ad indagini ed espansioni ulteriori. È funzionale al sogno lucido mettere spesso alla prova la realtà (v. test della realtà) ogni qualvolta si entri da svegli in un teatro, in modo da riportare questa abitudine nelle dinamiche oniriche e così usufruire delle molte informazioni messe a disposizione dall’Intelligenza Immediata. Così come un testo teatrale denso e penetrante, qual è la Salomé di Wilde/Testori, sa agitare le nostre fondamenta per aiutarci nella metamorfosi evolutiva permessa amorosamente dal teatro, allo stesso modo possiamo lasciarci toccare nell’intimo della nostra vastità interiore, che gode nel vederci avvicinare, curiosi e affascinati, per assistere allo spettacolo dell’enigmatica sapienza che i nostri sogni ermeticamente mettono in scena.

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Ricercatore nel campo della psicologia del profondo, conduce da diversi anni una costante indagine sulla dimensione dialogica tra il sogno e la veglia e propone dal 2012 il laboratorio sul Sogno Lucido "La Regia Onirica". Poeta e Amministratore dello storico atelier di famiglia che si occupa da più di cinquant'anni della realizzazione di costumi di scena per grandi teatri, coniuga la ricerca onirica con la sperimentazione teatrale: come sarto realizzatore, come attore e di recentemente come regista.