Una leadership vincente

di Franco Bianchi. Analizziamo un tema attuale a livello aziendale, sportivo e sociale: la leadership, una dote naturale che si può apprendere. Ma come si esercita?

Tutti oggi parlano di leadership: ma che cos’è? “Il processo di leadership consiste nell’interazione di coloro che, in una struttura, occupano la posizione più elevata, altrimenti detti leader, col resto del gruppo“, afferma il dizionario. “Una delle caratteristiche fondamentali dei membri di un gruppo di stato elevato è quella di proporre e portare idee e attività nel gruppo”. In effetti la leadership (parola che deriva dall’inglese to lead, che significa appunto condurre) consiste nel condurre un gruppo.

Questo termine è diventato tanto famoso quanto fumoso poiché, se da una parte si riconoscono molteplici modalità di comando, dall’altra nella vita odierna la leadership o la si ha come dote naturale oppure può essere acquisita osservando altri leader che la praticano; ed in questo caso, deriva dall’esperienza. In entrambi i casi non viene identificata in modo chiaro, ma perseguita ed acquisita più o meno spontaneamente seguendo un modello che non sappiamo essere il migliore. Perciò andrebbe approfondita attraverso una formazione adeguata.

L’autoritarismo cela spesso insicurezza

Ronald Lee Ermey interpreta un severissimo sergente istruttore in “Full metal jacket”

È un argomento che ruota attorno al concetto di autorità, parola generica dalle infinite sfaccettature e che ha agli estremi opposti autoritarismo e autorevolezza.
L’autoritarismo è una leadership espressa attraverso la forza, l’imposizione, a volte addirittura la violenza. Tipica delle Forze Armate che necessitano di un’obbedienza rapida, cieca e senza discussioni, l’autoritarismo all’interno di un’azienda ed anche all’interno di una famiglia cela una grande insicurezza. È tipico delle persone che non sanno quale direzione prendere, che temono il fallimento e soprattutto la critica di chi sta loro vicino, cui non sanno come replicare. L’atteggiamento aggressivo e di sfida messo in campo esprime il soffocare sul nascere qualunque tipo di contestazione e consente l’abuso del ruolo, come la storia recente delle sopraffazioni sulle donne ci insegna. Il tipico esempio di autoritarismo la storia ce lo propone attraverso vari personaggi: nell’era moderna potrebbe essere incarnato nella figura di Hitler o di Mussolini, che si faceva chiamare Duce, parola derivante dal latino ducere (condurre), ovvero la traduzione italiana di leadership, come Conducator, il nomignolo utilizzato dal dittatore rumeno Ceausescu.

Leader autoritari creano – con la paura – tanti yes man

Condurre utilizzando la paura genera solo insicurezza nel gruppo, attira una grande quantità di yes man, ovvero coloro che inneggiano ed incensano il proprio leader sperando di ottenere in cambio da lui favori e prebende.
Questo tipo di capo, poiché insicuro, gradisce attorniarsi di persone di questo genere che lungi dal creargli dei problemi, sono invece fonte di tranquillità anche se apparente. Davanti all’autoritarismo non devono nascere problemi, in quanto le difficoltà potrebbero essere scambiate dall’autorità stessa come incapacità nel gestire relazioni e situazioni di varia natura, con il pericolo di un’epurazione tutt’altro che probabile. Pertanto gli eventuali disagi saranno tendenzialmente ignorati o addirittura nascosti, creando così i presupposti di un fallimento futuro che diventa inevitabile.
In passato alcuni leader autoritari si sono mostrati incredibilmente crudeli, andando a sopprimere sistematicamente tutte le persone che li circondavano, attribuendo loro tutte le colpe e responsabilità, negando la fiducia a chicchessia a conferma delle proprie ansie e paure.

L’autorevolezza è un’autorità percepita e riconosciuta

Gianni Agnelli

Alternativa all’autoritarismo è l’autorevolezza, che rappresenta l’autorità percepita e riconosciuta dagli altri. In questo caso il leader non ha bisogno di dimostrare nulla, né di apparire, poiché si sente sicuro di se stesso al punto tale da venire ricercato dagli altri, che gli chiedono continuamente un parere. Questo tipo di autorità genera aiuto e supporto ai collaboratori, che possono crescere all’ombra di questo leader, potendone carpire i segreti della sua forza, delle sue decisioni, apprendendo da lui come gestire l’inevitabile stress dovuto alla sua posizione. Raramente ci sono persone spontaneamente autorevoli: per arrivare a tale livello occorre molto studio, formazione, applicazione, umiltà, doti di adattamento e di conoscenza degli esseri umani che rende questo tipo di ruolo merce rara. Nella pratica nessun capo è mai totalmente autoritario o autorevole, ma si colloca in una delle infinite posizioni intermedie.

Quali sono le figure più autorevoli nella nostra società?
Una delle figure autorevoli nella storia recente potrebbe essere quella di Gandhi, simbolo della non violenza. L’autorevolezza è una figura estremamente difficile da incarnare poiché richiede una grande forza una grande sicurezza, idee chiare, doti che sono sempre più rare.
Un capo, qualunque sia la forma di autorità che si troverà ad assumere, si troverà sempre a dover espletare il suo ruolo che comprende la direzione dove andare e dove condurre il gruppo, ma anche l’organizzazione del medesimo, cioè fornirgli i massimi supporti perché possa lavorare al meglio. Fondamentale è la gestione del gruppo stesso, che essendo costituito da esseri umani risente di tutte quelle caratteristiche tipiche degli individui, come la gelosia, la sete di vendetta, la richiesta di attenzione, la sfida, il volersi dimostrare superiore ai propri pari grado e qualche volta anche nei confronti dell’autorità stessa.

Ibrahimovich, con Guardiola e Mourinho, di cui dice: “Due allenatori fantastici. Uno è diretto, l’altro no. Sono felice di aver giocato per loro”.

Moderni leader eletti a simbolo e ad immagine esemplificativa, come gli antichi combattenti nell’arena, sono gli allenatori sportivi, in particolare coloro che gestiscono squadre a gruppi come accade nel gioco del calcio, pallavolo, basket, rugby.
Il talento richiesto a questi manager non è solo di natura tecnica, ma soprattutto il saper condurre e gestire gli uomini, saper parlare ai loro animi, saperli motivare, aggregare, creare un gruppo coeso che possa sfidare e magari vincere, attraverso la forza del team, anche squadre più blasonate o più forti.

Il segreto del successo
Ecco perché questi team manager vengono spesso intervistati, soprattutto chi ha avuto più successo. Il loro segreto è quello di riuscire a creare il miglior rapporto possibile con i propri giocatori, comportarsi come un buon padre di famiglia che accudisce, capisce, sprona ed a volte punisce i propri figli.
Pertanto quando si dice “fare squadra”, termine molto utilizzato, significa ottimizzare le risorse e anche che ognuno possa lavorare a stretto contatto ed in sinergia con i propri colleghi, perché solo indirizzando tutte le forze del gruppo nella stessa direzione si ottengono i migliori risultati.

Sarebbe sufficiente anche una sola persona che remasse in senso contrario, o non a tempo con il resto del gruppo, per vanificare tutti gli sforzi prodotti. Questa modalità è valida non solo nello sport, ma anche in azienda e in famiglia, ma in generale ovunque ci sia la necessità di una figura trainante che possa aggregare idee, speranze, motivazioni, energie.
Non esistono solo i leader diretti, quelli cioè che sono a stretto contatto con i propri collaboratori, ma anche quelli indiretti, che vengono percepiti alla lontana attraverso i media tradizionali. Di solito sono figure di rilievo cui bisogna prestare molta attenzione, poiché sovente sono immagini costruite a tavolino dagli esperti della comunicazione. Non a caso uno ritenuto tra i più grandi presidenti statunitensi recenti era un ex attore,  e cioè Ronald Reagan.

Essere autentici e coerenti: un atteggiamento vincente
La figura autoritaria che nelle nostre aziende era la normalità fino a qualche decennio fa, ora sta lentamente tramontando per essere sostituita da un’autorità molto più partecipativa, quindi autorevole, che sviluppa fiducia e che mantiene molteplici e continui contatti con i propri collaboratori. Sebbene la crisi attuale consenta il consolidamento di alcune sacche di autoritarismo, l’andamento è ormai irreversibile ed il concetto di autorevolezza appare quello vincente perché produce più risultati organizzativi e miglior fatturato.

Ciò obbliga i manager ad una crescita personale continua, perché con questo tipo di autorità non può barare, occorre essere autentici e coerenti, altrimenti i collaboratori se ne accorgono immediatamente. Da qui la necessità di formarsi per esprimere al meglio le proprie qualità di leadership, rendendosi conto che mai come in questo momento le regole dei sacri testi relative all’organizzazione e alle risorse umane sono richieste. Tali testi dicono che circa l’80% del tempo dovrebbe essere utilizzato per relazionarsi con i propri collaboratori, lasciando il 20 rimanente a studiare nuove procedure, trovare nuovi sbocchi dell’attività, realizzare economie. In pratica il lavoro del manager dovrebbe essere quello di far lavorare gli altri, poiché il suo è prevalentemente di tipo organizzativo. Questa percentuale è acora oggi generalmente rovesciata ed i manager si trovano per oltre l’80% del proprio tempo a svolgere delle mansioni pratiche, cioè ad operare sul campo, mentre il venti per cento rimanente viene dedicato ai propri collaboratori, a migliorare procedure, identificare gli obiettivi strategici dell’azienda stessa. Così facendo il lavoro diventa sempre più complicato perché sempre meno organizzato.

Una formazione continua

Giovanni Tonon, formatore e creatore di Skylleyd.

Ecco perché nel nostro Stato, Paese di individualisti nati con il DNA dell’Italia dei Comuni, siamo tendenzialmente poco organizzati e famosi per essere dei creativi, figure che per definizione sono persone che lavorano meglio da sole. Sembra che in generale il far lavorare gli altri si identifichi poco con la nostra cultura e mentalità, mentre i lavori artigianali calzino a pennello con le nostre abitudini.
«La tecnologia ci viene in soccorso», afferma Giovanni Tonon, formatore e creatore di Skilleyd, che ha creato una webapp applicabile a differenti tipi di aziende, che permette di ottenere più risultati attraverso una formazione continua, quali sviluppare auto-consapevolezza dei propri stili di leadership, sperimentare modelli di management in modo coinvolgente e divertente, sviluppare un piano d’azione personalizzato. «In un periodo come questo», prosegue Tonon «ottimizzare tempo, risultati ed essere coinvolgenti permette di ottimizzare la formazione». Una nuova ed autentica leadership autorevole.

Per saperne di più:
Laura Teruzzi: Spiritualità in azienda

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Operatore Olistico Supervisor S.I.A.F- IT. nº LO 196 S - OP, formatore sia per privati che per aziende, scrittore e conferenziere. Laureato in Economia, per 13 anni è stato dirigente d’azienda. Ha creato il metodo “be happy now!” nel quale ha messo a disposizione la sua esperienza iniziata nel 1976. In esso sono insegnate tecniche pratiche abbinate ad un percorso personale profondo finalizzate ad aumentare il proprio livello di felicità. L'ultimo suo libro è "Essere felcici ORA!" (ed. Tecniche Nuove). Website: https://www.francobianchi.eu/