di Renata Pompas. Quando la pittura abbandonò la rappresentazione mimetica del reale considerando il colore significante in se stesso.
Comunemente si fa risalire all’invenzione e diffusione della fotografia l’inizio della pittura non figurativa e realistica. Ma occorre anche ricordare che la nascita di alcuni movimenti esoterici che nei primi decenni del Novecento descrivono le qualità spirituali, comunicative ed estetiche dei singoli colori, spingono alcuni artisti verso l’astrazione. I protagonisti di questa tendenza concentrano la loro attenzione sulle regole del linguaggio visivo, sui principi della percezione, della funzione espressiva della forma e del colore, quest’ultimo considerato non più come riempimento della figurazione, ma come veicolo esso stesso di significati emotivi e simbolici.
Le forme pensiero e l’arte

Importanti rivoluzioni tecnologiche, scientifiche, industriali e sociali producono come reazione la ricerca di risposte esistenziali che compensino il predominio della scienza, che trovano delle risposte nelle concezioni spirituali e mistiche dei gruppi esoterici. Tra questi la Teosofia di Helena P. Blavatsky e di Annie Besant, e l’Antroposofia di Rudolf Steiner (che staccatosi dalla Teosofia fonda un proprio movimento di pensiero). Queste correnti attribuiscono ai colori particolari proprietà spirituali, generative di Thought-Forms, cioè di concretizzazioni di energie mentali, descritte nel libro omonimo di Annie Besant e Charles Webster Leadbeater come energie create dai pensieri e dai sentimenti, che assumono nello spazio pattern e colori significativi, visibili ai chiaroveggenti. Così per gli autori un’alta spiritualità si manifesta con il blu lapislazzuli, la simpatia con il verde smeraldo, l’inganno con il verde marcio, un forte intelletto con il giallo ocra, la depressione con il grigio scuro. Inoltre il libro descrive la relazione tra i colori e le forme: il rosso è associato al triangolo acuto come segno d’ira, il rosato all’ovale come pensiero d’amore, il giallo al cerchio come amore irradiante.
Questi fermenti spirituali e spiritualistici influenzano il cammino degli artisti che l’affermarsi della fotografia ha svincolato dalla rappresentazione veristica, indirizzandoli verso espressioni soggettive o astratte in cui il colore assume una valenza autonoma, come mostrano gli scritti della prima generazione di astrattisti, che condurranno in seguito alla radicalizzazione del monocromo assoluto. Il fermento delle avanguardie artistiche che attraversa tutto il Novecento e si caratterizza per le sperimentazioni estreme, le posizioni ideologiche e le invenzioni più ardite, conosce una fertile stagione nella Russia del primo ventennio del secolo.
Wassily Kandinsky

Tra i maestri delle nuove concezioni teorico-artistiche sul colore il russo Wassily Kandinsky (1866-1944) nel 1911 riduce la figuratività alla sua essenza e produce un corpus teorico in cui il colore ha un ruolo molto importante, anche se nel suo percorso artistico procede verso l’astrazione senza mai raggiungere il Color field. Artista di statura internazionale e cultura raffinata, come molti suoi connazionali si interessa alla Teosofia, partecipando anche direttamente ad alcune conferenze di Rudolf Steiner. Durante la Rivoluzione Russa svolge un importante ruolo nella riforma del sistema scolastico delle Scuole d’Arte e della sezione psicofisica dell’Accademia delle Scienze Artistiche. Dopo essersi trasferito alla Bauhaus di Weimar nel 1911 pubblica Lo spirituale nell’arte, in cui teorizza il rapporto tra la forma e i colori, attribuendo a questi ultimi una proprietà mistica e morale, conscio anche della lezione di Goethe. Al rosso attribuisce una proprietà calda e un’azione eccitante che può intensificarsi sino a diventare dolorosa; al blu un’azione di allontanamento dallo spettatore e una direzione verso il proprio centro, che richiama l’uomo verso il sovrasensibile; non nasconde la sua avversione verso il verde in cui non vede alcun movimento, alcuna nota di gioia o di tristezza, ma un effetto di tedio; al giallo attribuisce un ruolo attivo, un movimento verso lo spettatore, un irraggiamento che fluisce disordinatamente in tutte le direzioni. Anche Kandinsky associa colore e forma: il giallo al triangolo, il rosso al quadrato e il blu al cerchio.
Kazimir Severinovič Malevič

Il connazionale Kazimir Severinovič Malevič (1879-1935) si interessa alle filosofie orientali, allo yoga, alle dottrine esoteriche diffuse nel suo ambiente e in particolare alla componente teosofica presente nei libri di Uspenskij e, dopo un esordio simbolista, neoimpressionista e cubo-futurista, elabora l’idea radicale che l’arte debba abolire la rappresentazione dell’esistente e dell’oggettività e sviluppare un linguaggio autonomo. Nel 1915 fonda il gruppo Suprematismo, che promuove un’arte anti-naturalista e anti-sentimentale, basata sulla supremazia della pura sensibilità, sulla liberazione dell’arte dal mondo oggettivo, sull’uso del colore puro e della forma geometrica elementare, le cui tesi sono pubblicate nel saggio “Dal Cubismo e dal Futurismo al Suprematismo. Il nuovo realismo pittorico”. Nei suoi quadri suprematisti Malevič dipinge rettangoli, righe e croci di vario colore che dispone con un ritmo obliquo e musicale su fondo bianco, colore dell’energia luminosa che rivela la forma, un ruolo importante lo svolge anche il rosso, ma è sempre il nero a dare vigore e sostanza alla nuova oggettività. Malevič sostiene l’inconciliabilità del visibile con la realtà suprema e afferma che la strada irreversibile verso la libertà spirituale assoluta è quella tracciata dal materialismo marxista; scrive che: “La realtà non sta nella natura ma nella superficie figurativa. Essa è tale cioè solo nel momento in cui le cose rappresentate hanno perso ogni natura reale: peso, mobilità, spazio e tempo”. Nel 1915 dipinge il famoso Quadrato nero su fondo bianco in cui il nero è il colore inflessibile che si oppone alla luminosità rotonda del Sole, simbolo della tradizione conformista e sentimentale. Questo quadro rappresenta il grado zero della pittura figurativa, di cui spiega: “Were humanity to draw an image of the Divinity after its own image, perhaps the black square is the image of God as the essence of His perfection”.
Nel 1919 dipinge un’opera ancora più estrema, il monocromo Bianco su Bianco, che descrive come: “Un volo verso la libertà, verso il bianco e l’infinito”: l’essenzialità e la purezza spinte fino al vuoto e al silenzio, silenzio con cui Malevič dichiara conclusa l’esperienza Suprematista e per circa un decennio si dedica principalmente all’insegnamento, diffondendo le sue idee presso i suoi fedelissimi studenti.
Piet Mondrian

Radicale è anche il percorso che compie il pittore olandese Piet Mondrian (1872-1944) passando dai quadri figurativi con influenze simboliste, all’astrazione. Figlio di un severo calvinista Mondrian si interessa ai testi teosofici, nel 1909 si iscrive alla Società Olandese di Teosofia ed elabora un originale pensiero filosofico sociale della forma e del colore. Mondrian cerca nell’oggettivazione dei rapporti formali e cromatici del quadro “una bellezza purificata e un’arte purificata (…) espressione vivente e veridica dell’equilibrio universale”, come annoterà in seguito nelle sue riflessioni sull’arte. Nel 1916 fonda, insieme a Theo Van Doesburg e Bart van der Leck il Neoplasticismo e lo descrive come “Arte teosofica nel vero senso della parola” (…) “che deve neutralizzare le proprietà descrittive delle forme, creando una bellezza indipendente dalla vita concreta” perché “l’arte vive nella luce e considera solo ciò che si rivela come immagine”. Nelle sue opere più radicali Mondrian persegue la perfezione attraverso leggi matematiche di relazione tra spazialità geometrica e i tre colori fondamentali – giallo, rosso, blu – che dipinge con campiture piatte in spazi ortogonali organizzati per rapporti numerici di valore, dimensione e posizione, separati da linee ortogonali nere su fondo bianco. Questa riduzione cromatica si basa non solo sulle teorie cromatiche pittoriche coeve, ma risponde alla teoria steineriana che suddivide la manifestazione cromatica in sette colori esoterici: “3 colori splendore” e “4 colori immagine”. Dove mentre i “colori immagine” rappresentano l’aspetto percepibile, l’immagine esterna della loro essenza, quella dello “spirito” per il bianco e quella di “ciò che è morto” per il nero. I “colori splendore” risplendono invece in se stessi, sono “le nature attive del colore, la veste esteriore di un essere” e sono: “il giallo, splendore dello spirito; il rosso splendore del vivente e l’azzurro, splendore dell’animico”. Mondrian al contrario di Kandinsky e Malevič, conduce una vita ritirata e solitaria e non insegna, ma le sue idee vengono pubblicate su manifesti, riviste e libri ed esercitano un’importante influenza sull’arte del Novecento.
Johannes Itten

Altri due importanti teorici del colore astratto sono lo svizzero Johannes Itten e il tedesco Josef Albers, chiamati in Germania a insegnare alla Bauhaus rispettivamente nel 1919 e nel 1925, i cui insegnamenti sono seguiti ancora oggi.
Johannes Itten (1888-1967) è un pittore che quando arriva alla Bauhaus di Weimar esercita una forte influenza sugli studenti: personaggio carismatico e affascinante che pratica il mazdeismo , veste una particolare casacca disegnata da lui stesso, mangia cibi particolari e ha lo studio nel parco di Weimar nella cosiddetta Casa dei Templari, un edificio gotico progettato da Goethe. Prima delle lezioni fa fare ai suoi studenti degli esercizi di concentrazione e di respirazione per trovare il giusto ritmo. Per Itten i colori, liberi dal referente, parlano un proprio linguaggio autonomo in base ai loro valori estetici, comunicativi e numerici. Attribuisce a ciascuno dei 6 colori principali un valore basato sulla luminosità e derivato da Goethe: al giallo 9, all’arancio 8, al rosso 6, al viola 3, al blu 4, al verde 6. Quindi li organizza in diagrammi finalizzati a un uso progettuale, stabilendo le leggi ottiche, formali ed espressive di 7 distinti tipi di contrasto: il Contrasto dei colori puri, il Contrasto di chiaro e scuro, il Contrasto di freddo e caldo, il Contrasto dei complementari, il Contrasto di simultaneità, il Contrasto di qualità, il Contrasto di quantità. Le sue lezioni, prima a Weimar (1919-1923) poi a Berlino (1926-1934) e infine alla Scuola d’Arte e Mestieri di Zurigo (1938-1953) della quale diventa anche Direttore, influenzano generazioni di artisti e sono tutt’ora insegnati nelle scuole d’arte.
Josef Albers

Infine troviamo Josef Albers (1888 – 1976) allievo del laboratorio di Colore e di Pittura su vetro di Johannes Itten che nel 1925 diventa a sua volta professore della Bauhaus nella nuova sede di Dessau, dove insegna l’espressività dei materiali, le leggi percettive della visione e gli effetti dell’ambiguità ottica. Nelle sue lezioni insegna come la percezione del colore sia influenzata dalla quantità, dalla forma, dalla materia, dalla luce, dalla distanza, dal volume e dall’interazione con l’ambiente e crea per gli studenti delle esercitazioni basate sull’uso del colore e sulla sua spazialità geometrica. Come artista Albers aderisce ai principi del Neoplasticismo e definisce la sua attività “Arte percettiva” che esclude completamente la soggettività e l’emotività. Lavora con assiduo e ripetitivo impegno sulla legge del contrasto simultaneo, con cui realizza la famosa serie Omaggio al quadrato iniziata nel 1950, basata sulla composizione di tre o quattro quadrati di puro colore inscritti uno dentro l’altro, di cui realizzerà più di 1.000 versioni, definiti dall’artista “piatti per servire colori”. Una riduzione di mezzi che si pone come progenitrice del successivo Minimalismo e quindi del Monocromo. Nel 1933 alla chiusura dell’ultima sede della Bauhaus da parte dei nazisti emigra negli Stati Uniti, dove è nominato docente prima al Black Mountain College (in North Carolina) e poi dal 1950 al 1958 all’Università di Yale nel Connecticut, diffondendo i suoi insegnamenti anche negli Stati Uniti.
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