di Renata Pompas. A Palazzo Lombardia a Milano è stata inaugurata: “Black Light Art: la luce che colora il buio”, ideazione di Gisella Gellini e Fabio Agrifoglio, progetto luci di Gianni Forcolini e Domenico Nicolamarino, musiche di Irlando Danieli, video-interviste di Gaetano Corica. La mostra è stata preceduta da una giornata di studio presso l’Accademia di Brera, nel corso della quale sono stati approfonditi i temi della luce nera in Arte.
Il nome Black Light (Luce nera) è attribuito alla lampada a ultravioletto, detta anche Lampada di Wood, dal nome dello scienziato inglese che dedicò i suoi studi alla fosforescenza e alle radiazioni ultraviolette, in quanto la lampada emette “una luce che non c’è”, come dice Nicola Ludwing, cioè trattiene la luce visibile e induce sulla materia che illumina effetti di fluorescenza e fosforescenza. A tutti è noto per esempio l’effetto che provoca nelle Discoteche sull’abbigliamento bianco, sulla sclera degli occhi e sui e denti, che contengono fluoro.
Con la definizione di Black Light Art i curatori hanno voluto raggruppare quegli artisti che lavorano con pigmenti fluorescenti e fosforescenti, mostrando le loro opere in una doppia esposizione – alla luce bianca e a quella nera – a partire dalle opere di Mario Agrifoglio, attorno al quale grazie al figlio è stato costruito l’evento.
Occorre però dire che non esiste un vero e proprio movimento di Black Light Art, ma che le possibilità cromatiche di questa commistione tra pigmento e luce nera sono state più volte indagate da gli artisti: basti pensare tra le opere più famose a Ambiente spaziale a luce nera che Lucio Fontana aveva progettato già nel 1949, o a Spazio Elastico che Gianni Colombo aveva esposto alla Biennale di Venezia nel 1986.
Curatori e artisti
I curatori Gisella Gellini e Fabio Agrifoglio hanno voluto integrare la selezione dei pittori che da lungo tempo sperimentano la doppia esposizione – Nino Alfieri, Emanuele Alfieri, Carlo Bernardini, Leonilde Carabba, Claudio Sek De Luca, Giulio De Mitri, Federica Marangoni, Yari Miele, Marco Nereo Rotelli e Olga Serezhina – con altri artisti – Alessio Ancillai, Nicola Evangelisti, Maria Cristiana Fioretti, Daniela Forcella, Sebastiano Romano – a cui hanno chiesto di creare delle opere nuove, concepite per l’occasione espositiva, misurandosi con questa tecnica.
Mario Agrifoglio
Mario Agrifoglio, cui è stata dedicata la centralità della mostra, è stato un artista solitario, che ha condotto sin dagli anni Settanta meticolose sperimentazioni sui fenomeni percettivi generati dalla visione dei pigmenti sotto luce nera, dipingendo opere pittoriche astratte, prive di qualunque forma di associazione simbolica con la realtà, ma piuttosto significanti in se stesse, nel rapporto tra il peso e la qualità cromatica delle singole stesure di colore e alla loro relazione compositiva. I suoi sereni quadri mutano i loro cromatismi quando sono esposti alla luce nera, ma ne mantengono l’equilibrio.
LeoNilde Carabba
Dal 1994 lavora con la luce nera, stendendo i colori acrilici di base per stratificazioni e inserendo sulla tela pigmenti fluorescenti e fosforescenti, foglia d’oro, di rame e d’argento. Le sue opere sono metafore cosmiche che comprendono terra e cielo, natura e cosmo, alberi e stelle, i quattro elementi e la musica, i simboli esoterici di civiltà diverse – teosofia, Mandala, Kabbalah e Bibbia – in una costante ricerca di quell’universale che la luce nera illumina come una rivelazione.
Nino Alfieri
Concentra la sua ricerca sull’immagine dell’energia, con installazioni nelle quali colloca le sue opere – dipinti, sculture e installazioni – sotto una luce con frequenze luminose variabili, per suscitare mutevolezza percettiva in modo che “la dimensione psichica venga coinvolta dalla dilatazione del tempo e dalle trasmutazioni cromatiche delle forme che si rivelano evanescenti nell’oscurità”.
Emanuele Alfieri
Giovane artista che ha studiato a Brera, figlio di Nino, presenta un’opera che alla luce pare essere la visione grafica di una metropoli vista dal cielo, mentre alla lampada di Wood si trasforma in una deflagrazione cromatica.
Maria Cristiana Fioretti
Ha creato un’opera ispirata al terremoto che ha devastato la sua terra di origine e usando per la prima volta colori acrilici fosforescenti e fluorescenti mescolati a brandelli di lana, ha dipinto i colori del paesaggio umbro, in cui l’azzurro del cielo si staglia luminoso sul verde dei campi, e l’ha attraversato con una colata di rosso, come una ferita. Alla lampada di Wood i colori si evidenziano luminosi e lividi, come in un’esplosione pirotecnica.
Federica Marangoni
Fin dall’inizio degli anni Settanta conduce una ricerca sui media tecnologici, combinando la trasparenza del vetro con il video e la luce al neon e si dedica alla sperimentazione del mezzo digitale. Espone un’autoritratto realizzato nel 1971 ritagliando un Perspex speciale reattivo alla luce nera, oggi non più in commercio.
Marco Nereo Rotelli
Fonda la sua ricerca artistica sul rapporto tra scrittura e segno visivo, luce, poesia e movimento; nel 2000 ha fondato il gruppo Art Project, composto da giovani artisti ed architetti, con il quale ha realizzato numerosi interventi e progetti di installazione urbana, in cui la sua scrittura pittorica – fluida, sciolta e segreta – illumina gli edifici e i luoghi modificandone il senso.
Carlo Bernardini
Lavora con materiali che gli permettono di indagare il rapporto tra la luce e lo spazio, usando acciaio inox, pigmenti e fosforo, fibre ottiche e superfici elettro-luminescenti, al fine di sollecitare nell’osservatore una percezione mutevole e illusoria, secondo i punti di vista e secondo gli spostamenti dello spettatore. Attraversa e ridefinisce lo spazio con linee luminose che si addensano in punti di connessione e lo converte – come scrive l’artista – “da contenitore a opera”.
Claudio Sek De Luca
Usa pigmenti fluorescenti su tela e su tavola, per comporre superfici fittamente e graficamente cromatiche, ispirate ai legni di Venezia, dalle gondole alle botti, dalle porte ai diversi materiali vissuti, trasformati dall’opera del tempo e dell’acqua. L’opera che alla luce naturale ricorda le circonvoluzioni lignee, con la lampada di Wood si trasfigura in una concitata dimensione luminosa, da metropoli notturna.
Per finire si ricordano i sei pannelli attraversati da sottili lampi di luce di Nicola Evangelisti, i drappeggi tessili di Alessio Ancillai, le compenetrazioni monocromatiche di Sebastiano Romano, le palle infuocate di Olga Serezina, il grande cuore di Daniela Forecella, le farfalle in volo di Giulio De Mitri e le costellazioni di Yari Miele.
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