di Bruna Meloni. La nostra inviata ha partecipato alla prima uscita pubblica del 44esimo Presidente degli Stati Uniti a Milano dopo la conclusione del suo mandato
Bagno di folla per Barack Obama, accolto e acclamato a Milano come una superstar. L’ex Presidente americano ha scelto il capoluogo lombardo per la sua prima visita all’estero da quando ha lasciato la Casa Bianca. «Perché ormai Milano è la città più in movimento verso la filosofia obamiana»”, ha spiegato il sindaco Beppe Sala. Una filosofia “fatta di forza, sviluppo dell’economia del lavoro ma anche di tanta solidarietà”.
Sicuramente ha ragione il sindaco, ma questo non è il solo motivo. Obama e Michelle hanno sempre dichiarato di amare fortemente l’Italia, la sua arte e la sua cultura e, invitato da Seeds&Chips a parlare di un argomento che gli sta molto a cuore, ha approfittato dell’occasione per visitare le bellezze di Milano (cosa che Michelle aveva già fatto in occasione di Expo).
La visita alla città: il Cenacolo e la Fiera di Rho
Gli impegni sono iniziati, infatti, con la visita al Cenacolo di Leonardo da Vinci, insieme al ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini, seguita da una cena preparata dai superstellati fratelli Cerea del ristorante “Da Vittorio”; e il giorno seguente sono proseguiti con visite al Duomo e Pinacoteca.
Nel pomeriggio alla fiera di Rho per parlare di nutrizione, lotta agli sprechi, sostenibilità e cambiamento climatico: questi i temi del suo speech al summit sul cibo del futuro, sull’innovazione e alimentazione organizzato da Seeds&Chips.
Io ero lì, fra i più di duemila spettatori corsi ad ascoltarlo, in un parterre di tutto rispetto. Posti in prima fila, naturalmente, per Matteo Renzi e Mario Monti, con accanto i ministri Maurizio Martina, Carlo Calenda e Valeria Fedeli. Inoltre Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, il presidente della fiera Giovanni Gorno Temprini, il prefetto di Milano Luciana Lamorgese, Emma Marcegaglia, Giovanni Bazoli, Enrico Cucchiani e molti, molti altri vip; insomma il Gotha della politica e dell’imprenditoria. Tra gli chef abbiamo notato Carlo Cracco, Gualtiero Marchesi e Massimo Bottura.
Una standing ovation da rockstar
Introdotto da Rula Jebreal (a destra), Obama si presenta sul palco accolto da una standing ovation da vera rockstar. Bello, simpatico, molto magro ed elegantissimo nel suo abito blu navy con camicia appena sbottonata augura a tutti buon pomeriggio («…si dice così, vero?») e aggiunge scherzosamente «ops! ho dimenticato di mettere la cravatta». Ha sottolineato che Michelle, prima di lui, era già stata a Milano e ha assicurato che torneranno tutti e due molto presto in Italia.
Ha parlato della sua vita fuori dalla Casa Bianca e della ritrovata libertà – «è stato come vivere dentro una bolla, una prigione, una bella prigione» – e ha scherzato sulla nuova vita domestica: «Mi piace molto stare a casa mia. Sto cercando di convincere Michelle a darmi più spazio nell’armadio e di capire come si usa la macchina del caffè».
Entra poi nel vivo dell’argomento per il quale è a Milano e che, come si avverte, gli sta proprio molto a cuore. Lo fa intervistato da Sam Kass, suo cuoco personale durante il mandato alla Casa Bianca e testimonial della campagna contro l’obesità Let’s Move lanciata da Michelle Obama.
Immigrazione e cambiamento climatico
«L’uomo ha causato danni al pianeta e ora deve risolverli», ha continuato. «A Parigi, con Matteo Renzi (insieme nella foto), abbiamo aiutato a portare il mondo a un accordo molto significativo sul clima. E il cambiamento climatico incide sull’alimentazione e complica la produzione di cibo: e la mancanza di cibo è una delle cause dell’immigrazione».
A tal proposito ha ricordato ed elogiato gli italiani emigrati in America: «Gli Stati Uniti non sarebbero quello che sono senza il contributo di generazioni di migranti italiani, che hanno anche dovuto subire discriminazioni, ma che con fede, convinzione e lavoro duro hanno avuto successo dappertutto e hanno rafforzato il nostro Paese».
Un Barack Obama molto più pacato di quando trascinava le folle con il suo slogan Yes we can ha anche toccato in modo ampio numerosi temi: oltre al clima e ai giovani, anche la guerra al terrorismo e l’impatto della tecnologia sull’industria: «Se molti giovani sono disoccupati canalizzeranno in modo malsano le loro energie», ha aggiunto. La tecnologia nel mondo «sta creando in molti settori dell’economia alta intensità di capitale e meno richiesta di mano d’opera e tutto questo diventerà un problema nel mondo avanzato. È una delle cose che mi preoccupa di più: sono certo che in molti Paesi del Medio Oriente e del sud dell’Asia questo è parte del problema che fomenta la radicalizzazione e il terrorismo».
Ci lascia, dopo quasi due ore, con un «Grazie Milano» che ha nuovamente scatenato gli applausi della platea.
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