di Sergio Ragaini. Nei lavori di Michelangelo Pistoletto e Kate Nichols il connuibio tra arte e scienza appare molto forte, sino a vedere questi due mondi che si scambiano e si fondono tra loro. Qui l’artista diviene uno scienziato e la sua arte deriva direttamente dalle proprietà dei materiali utilizzati. Che diventano essi stessi arte.
Nella precedente parte di questo lavoro abbiamo descritto, in termini generali, i rapporti tra arte e scienza. Mostrando come entrambe abbiano nel “senso del bello” il loro punto di forza e il loro motivo dominante. E come l’intuizione artistica e quella scientifica siano, in fondo, molto vicine. Ora entriamo più nel dettaglio del discorso, mostrando come questo rapporto appaia piuttosto evidente nell’opera di alcuni artisti contemporanei. Ne prenderemo in esame due, Michelangelo Pistoletto e Kate Nichols, che ho avuto la fortuna di ascoltare nel recente “Bergamo Scienza 2016”. Entrambi questi artisti hanno saputo tracciare attraverso la loro opera un parallelo molto forte tra questi due mondi. Che forse, grazie ad artisti di questo tipo, tornano ad essere nuovamente vicini, per aprire insieme nuove strade di conoscenza per l’uomo.
Michelangelo Pistoletto: dalla “Mela rigenerata” al “Terzo Paradiso”.
In questo titolo ho unito, assieme, due opere molto rappresentative di questo artista, che in qualche modo ha tracciato il solco dell’unione tra mondi. Due opere che, in qualche modo, sono differenti, ma che, nello stesso tempo, vanno a convergere e sono vicine. La seconda, in particolare, come vedremo, ha anche una decisa connotazione di tipo matematico, che forse fa capire che, con dei simboli matematici sovrapposti ed incrociati, si può fare arte, e come questa arte possa generare grandissime emozioni.
L’opera della Mela rigenerata (sopra), che ha dato anche il titolo all’incontro con questo artista nella bellissima cornice della ex Chiesa di S. Agostino, a Bergamo Alta, esprime proprio questo ricongiungimento. La mela è un simbolo biblico di una certa importanza. Ed appare anche in simboli quali il “pomo della discordia”. Simbolicamente, rappresenta anche la causa della caduta dal Paradiso Terrestre. In qualche modo, l’uomo delle origini era “dentro” la mela, e poteva essere un tutt’uno con la natura stessa. Poi è uscito dalla mela, lasciando il Paradiso Terrestre per affrontare la vita sulla Terra su cui è caduto. E tale caduta potrebbe essere anche l’inizio di un cammino di consapevolezza. Ma anche un distacco dalla natura. Distacco che prosegue ancora oggi. Quella natura che è parte dell’uomo stesso e dal quale l’uomo si è separato, provocando la “spaccatura” nella mela.

Parlavo di cammino di conoscenza: forse, la spaccatura della mela era necessaria per permettere all’uomo di scoprire se stesso, di diventare consapevole di qualcosa del quale prima non era a conoscenza. Una spaccatura che, nello stesso tempo, ha permesso all’uomo di allargare i suoi orizzonti, e di ritrovarsi rinnovato. Vista come rapporto tra arte e scienza, la spaccatura nella mela potrebbe essere anche il distacco tra intuizione artistica e scientifica. Ma anche, in un certo senso, la riscoperta della scienza, il viaggio verso il positivismo, che, se da una parte ha tolto valore alla natura, attribuendo ad essa solo un valore strumentale, dall’altra ha permesso l’espansione della tecnologia, e un fiorire di scoperte scientifiche.
Il Paradiso ritrovato
Ora, l’epoca moderna ha portato ad un ricongiungimento con l’arte. Non a caso, la fisica moderna supera il positivismo, riproponendo un modello di realtà molto più soggettiva, dove è l’osservatore che determina la realtà e dove lo scopo della scienza non è descrivere le cose, ma rivelarle oltre le apparenze.
Ecco che la mela viene rigenerata e lo strappo ricucito. Non per tornare alla mela di prima, ma per portare qualcosa ci completamente diverso, per dare origine e vedere la nascita di qualcosa di completamente nuovo. Preludendo, così, all’altra opera presentata nella serata di Bergamo, secondo me collegata a questa: il Terzo Paradiso.
Questo simbolo non è altro che l’unione di due infiniti. Due infiniti che si intersecano al centro. Così facendo, si ritorna nel finito. Un finito, tuttavia, che conserva, intenso, il sapore dell’infinito. Il Terzo Paradiso, in un certo senso, è il nuovo paradiso di cui anche qualcuno parla. L’uomo cade dal Paradiso ed inizia un cammino sulla Terra. Passa, quindi, da uno stato di totale inconsapevolezza ad uno di parziale consapevolezza. Uno stato di sofferenza. A questo punto, non potendo più tornare come prima, deve proseguire verso una superconsapevolezza, tornando quindi nel Paradiso, che però non sarà più quello di partenza, ma un nuovo Paradiso ritrovato.
Dentro l’infinito
Qui la mela rigenerata, qui il terzo paradiso. Un paradiso che non è più quello, inconsapevole, dell’inizio, ma uno completamente nuovo, dove l’uomo, finalmente, diviene protagonista del suo destino, diviene davvero se stesso. Un paradiso che, appunto, si ottiene incrociando due infiniti. Per dire che la realtà è infinita e l’infinito non è altro che qualcosa che continua ad appartenervi. Semplicemente, la realtà è infinito “inscatolato”, è un infinito che entra nel limitato, rimanendo infinito. In fondo, l’infinito è ovunque, tutto l’universo è in un granello di sabbia (e non è solo un modo di dire!). Il Terzo Paradiso è l’uomo che acquista consapevolezza, e diviene protagonista del suo destino, e del suo divenire. Potendo, così ricominciare una vita davvero rinnovata.
A questo punto, arte e scienza tornano assieme, e assieme possono generare qualcosa di completamente nuovo, e dare origine ad un paradiso, che noi stessi possiamo vivere qui, nella nostra quotidianità. Il Terzo Paradiso è il punto finale del cammino dell’uomo, che ha riacquistato quella coscienza di infinito che aveva perduto. E, nello stesso tempo, ha ottenuto il connubio e la totale fusione tra natura e tecnologia.
In questo senso, forse, la mela tagliata è proprio l’uomo che perde la coscienza di infinito; coscienza che viene riacquistata grazie alla sua ricucitura. In questo momento, le porte del Terzo Paradiso si aprono davanti a lui.
Kate Nichols: fare arte con le nanomolecole
Un’artista che, sicuramente, ha avvicinato arte e scienza nella sua opera, è la pittrice statunitense Kate Nichols (a destra), anch’ella presente a Bergamo Scienza 2016. La sua è stata la conferenza conclusiva della manifestazione. Kate Nichols, usando le sue parole, ha saputo “diventare una scienziata”, almeno in un certo senso. Infatti, ha studiato la possibilità di fare arte utilizzando nuovi materiali e nanomolecole. I suoi lavori sono quindi dati dal connubio tra creatività artistica e ricerca scientifica.
L’incontro ha saputo tracciare non solo un parallelo tra arte e scienza, ma è anche riuscito a mostrare come questi due mondi non solo non sono differenti, ma addirittura possono compenetrarsi, e tra di essi può esserci un vero scambio reciproco. Kate Nichols ha fatto notare, a questo proposito, come l’arte sia stata, in passato, parte integrante della formazione della scienza e come determinate strutture “hi tech” oggi presenti siano state sviluppate proprio dall’arte.
L’incontro, introdotto da Emanuela Daffra, dell’Accademia Carrara di Bergamo, il cui intervento è stato parte integrante della trattazione, ha subito posto l’accento sulla parola “tecnologia”, che deriva dal greco tèchne, vale a dire “arte”. Sin dall’antichità, spesso gli artisti erano valenti scienziati. Leonardo è forse l’esempio più noto, ma anche personalità come Piero della Francesca e Fra Galgario possono essere citati ad esempio. Sempre più oggi i materiali non sono qualcosa che semplicemente serve per fare arte, ma ne divengono il motore stesso.
Lo spettatore, parte attiva dell’opera d’arte

Importante, ed è stato sottolineato da entrambe le relatrici, è il punto di vista dell’osservatore che, da puro spettatore, diviene, con il suo stesso guardare, osservare, parte attiva del processo artistico. E, in questo, appare molto evidente il riferimento alla meccanica quantistica, dove, appunto, l’osservatore influenza la realtà.
Una realtà artistica che, come sottolineato dalla stessa Nichols, non è più qualcosa che descrive la realtà, ma che la crea ed è fatto per “rivelare l’invisibile”. Emanuela Daffra farà notare che, oggi, l’arte non descrive più le forme della natura, ma i suoi processi. Forse in questo, si potrebbe andare ancora oltre, affermando che l’arte è in grado di creare questi processi, dando origine a nuove realtà, possibili o ipotetiche, che però possono diventare facilmente tangibili.
Arte, chimica e fisica, una realtà non separata
Nella classe dove Kate Nichols insegna, lo sviluppo artistico e lo studio della chimica e della fisica non sono visti in maniera separata, ma costituiscono un tutt’uno. Spesso, infatti, è proprio dalla proprietà degli elementi stessi che lo sviluppo artistico prende forma.
Le nanoparticelle permettono questo. Per nanoparticelle si intendono quelle particelle dalla dimensione che varia tra 1 nm (nanometro, vale a dire un miliardesimo di metro) e 1 micron (vale a dire un millesimo mi millimetro, cioè un milionesimo di metro). Queste particelle hanno proprietà incredibili, e le loro forme e dimensioni possono essere in qualche modo “gestite” da chi osserva.
Sin dall’antichità queste sono utilizzate per creare particolari effetti.
Vetro + metallo, effetto cangiante

Un esempio, ancora risalente all’antichità, è il vetro dicroico. In esso vengono incorporate particelle di metallo, che conferiscono al vetro stesso un aspetto cangiante a seconda della luce. Gli effetti mostrati su una coppa diatreta, che appariva rossa o marrone a seconda del tipo di illuminazione, lo dimostrano chiaramente. Lo stesso effetto si ritrova anche in alcune vetrate di chiese, dove la luce stessa, ma anche il punto di vista, è in grado di modificare la percezione del colore delle vetrate stesse.
Ancora torna l’elemento “punto di vista”: e anche qui la similitudine con l’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica, dove l’osservatore stesso è in grado di influenzare un esperimento semplicemente osservando, trova il suo pieno riferimento.
Kate Nichols, proprio per evidenziare le caratteristiche delle nanoparticelle, ha portato la sua ricerca nell’utilizzarle “in sé” e non per rappresentare qualcosa. In questo, si va ad affermare che il materiale non è più un veicolo di forma, ma è la forma stessa dell’arte. Il materiale, quindi, è in grado di rappresentare una realtà di per sé, e non di essere solo combinato per descriverne una. Ancora di più: il materiale può essere visto come “la realtà stessa delle cose”. E questo appare davvero notevole e forse incredibile. Tuttavia, è forse il più forte punto di contatto tra arte e scienza.
Nanoparticelle, canovacci astratti
Le nanoparticelle, come si diceva prima, possono essere davvero “cangianti”. E nel loro stesso modo di essere guardate ed illuminate, possono, attraverso quell’effetto che si definisce “risonanza plasmatica di superficie”, essere in grado di riflettere la luce in maniera differente a seconda dell’angolazione. Quindi, le nanoparticelle contengono una realtà che prende la forma della persona che guarda. Sono non “un’opera d’arte”, seppur bella ed interessante, ma molte possibili opere d’arte. Sono dei canovacci quasi astratti, che l’artista stesso concretizza. E che l’osservatore plasma, attraverso la sua osservazione, vedendo in essi la realtà che vuole vedere. Quell’arte strutturale, che va alle radici della forma e del colore, contiene tutte le forme e i colori possibili.

Qui, l’analogia è sicuramente con le assiomatiche moderne della matematica. Infatti, mentre nelle assiomatiche classiche i concetti primitivi e gli assiomi erano fissati in base a verità ed evidenza, nelle assiomatiche moderne questi sono arbitrari, purché non contraddittori. Di conseguenza, i concetti divengono “vuoti” di significato. Ma non vuoti nel senso di “senza significato”, ma nel senso di “con tutti i significati possibili”. Una cosa non ha un significato in sé, ma è solo una definizione, che però ne può contenere molte altre. Un cerchio, ad esempio, è solo un concetto, ma che può contenere tutti i modelli che ne soddisfano la definizione.
Nell’arte di Kate Nichols può valere la stessa cosa: si tratta di strutture che non hanno una forma naturale ben precisa, ma dove qualsiasi forma può essere data da chi osserva.
In fondo, ricollegandosi a quanto si diceva prima, un processo non ha una sola forma, ma ne ha tantissime. O, meglio, può dare origine a tantissime forme. Quindi, in questo senso, l’arte di Kate Nichols può, a seconda di come la si osserva, generare forme e percezioni. Si tratta, quindi, di “arte che genera strutture” e non di arte che le rappresenta. E queste strutture dipendono strettamente da chi osserva.
In fondo, il messaggio di tutto questo è quello di un’osservazione che genera realtà. Anche questo concetto è strettamente correlato con la fisica moderna. Un’arte che non ha una precisa connotazione, ma ha la connotazione che l’osservatore stesso gli darà. Un qualcosa di “vuoto”, ma nel senso di “pieno di tutto quello che noi stessi sapremo infondere in quel qualcosa”. E questo, sicuramente, rende l’arte qualcosa di sublime, perché l’osservatore stesso contribuisce, per dirla con le parole della stessa artista, al processo di decodifica.
Il materiale diventa forma d’arte

Talvolta, in questa arte, è il materiale stesso, senza lavorarlo, che dona l’orientamento artistico. Qui, l’oggetto in grado di generare questo, è la cellulosa batterica di una particolare alga, l’acetoracter xilinum. In questo caso, è proprio questo oggetto a prendere forma, in modo da donare molte forme. Anche qui si ritrova il processo dell’arte stessa, il processo che diviene esso stesso la struttura vitale di un’opera, quella struttura che ognuno vedrà a modo suo, in maniera diversa. E questo è notevole e dona qualcosa di bellissimo.
In quella corrente artistica, l’opera di Kate Nichols si pone come un tassello importante sulla strada che unifica l’arte e la scienza. E che dona interscambio ai due campi.
Finché sarà la scienza stessa a diventare arte. In quel momento, libera da rigidità e schemi troppo strettamente precostituiti, saprà donare all’uomo le sue cose più belle, e raggiungere le punte di espressione più luminose, parlando davvero di noi, e di quello che siamo. E trascinandoci verso un futuro sempre più risplendente, che ci attende all’orizzonte. E, soprattutto, dentro di noi.
Per saperne di più:
*Il sito web di Kate Nichols è: http://www.katenicholsstudio.com/
*Il sito web di Michelangelo Pistoletto è: http://www.pistoletto.it
e http://www.cittadellarte.it
*Il profilo di Kate Nichols sul sito di “Bergamo scienza” è all’indirizzo: http://www.bergamonews.it/2016/10/16/kate-nichols-dipingo-con-le-nanotecnologie-ma-mi-ispiro-a-leonardo-da-vinci/235413/
*Per chi capisce l’inglese, può essere interessante il video di Kate Nichols “Science for Art, Art for Science”, all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=Qf9CQfJqNNQ
*Sul Terzo Paradiso segnalo due video su Youtube:
https://www.youtube.com/watch?v=AZQaj7r6Px0 (circa 3 minuti)
https://www.youtube.com/watch?v=AZQaj7r6Px0 (Scuola Normale Superiore, Pisa, 14 dicembre 2012)
*Un video sulla Mela Rigenerata: https://www.youtube.com/watch?v=mWf3NEg3Jys
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