Strani episodi cui ha assistito l’autore di questo articolo: alcuni animali a contatto con persone che stanno praticando una tecnica di respirazione sembrano entrare in stato modificati di coscienza.
Da molti anni pratico il Rebirthing Transpersonale e quindi ho avuto modo di assistere migliaia di persone e di svolgere centinaia di seminari. Per chi non lo sapesse il Rebirthing Transpersonale consiste in una prolungata e ininterrotta respirazione circolare che produce sensazioni profonde, sblocchi energetici, catarsi, profondi stati di serenità e consapevolezza. Si pratica da sdraiati a occhi chiusi, sia in sessioni individuali sia in gruppo. Ho scritto libri e articoli sull’efficacia del metodo mettendo a fuoco principalmente gli aspetti bioenergetici, filosofici, spirituali e terapeutici della respirazione, congiunta all’autoindagine secondo le prospettive della Psicologia Transpersonale.
Ma qui intendo semplicemente raccontare come ho visto interagire degli animali con questa respirazione in tutte le occasioni in cui è stato possibile un incontro.
Il gatto che faceva yoga…
Il primo animale che mi ha mostrato reazioni abbastanza impressionanti è stato un gatto che avevo in casa a Milano. Anni ‘80, ero tornato dall’India dove avevo appreso questa tecnica e facevo le mie sedute da solo. E Abraxas, il mio bel gatto nero, quando ero al culmine della pratica veniva a distendersi sul mio corpo con le zampe anteriori e posteriori distese e si irrigidiva tutto allungando il corpo al massimo (una posizione che non ho mai visto in nessun gatto malgrado la lunga frequentazione di felini) e intanto faceva rumorose fusa tanto da vibrare tutto, mentre mi fissava con occhi spiritati come se partecipasse a chissà quali sensazioni.
In nessun altro caso l’ho mai visto assumere quella posizione né comportarsi così, tanto che quel suo partecipare alle mie sedute mi aveva colpito. Pensavo di avere un gatto che aveva particolare sintonia con me, ma in seguito mi accadde un altro fatto strano che confermava una particolare relazione tra la respirazione e i gatti.
Un cerchio adatto… per partorire
Svolgevo i seminari didattici in un centro spirituale tra le colline del Monferrato, dove c’era una gatta che viveva attorno all’ashram in giardino e non entrava quasi mai all’interno dell’edificio. Una mattina, mentre una trentina o più di persone era sdraiata in cerchio a respirare con musica ad alto volume al piano superiore, vidi che la gatta era salita su da noi e stava facendo il giro della grande sala. Non avevo mai visto la gatta salire al piano superiore, tantomeno in mezzo a quella baraonda di respiri e musica ad alto volume. Scavalcò con attenzione e grazia i corpi di tutti i partecipanti che non si accorsero di lei e solo dopo un’accurata ispezione di tutti i presenti se ne ritornò in giardino.
Notai che sembrava particolarmente interessata a quanto stavamo facendo, ma non diedi peso alla cosa. Nel pomeriggio però assistemmo tutti a un fatto davvero inusuale. Era una splendida giornata e decidemmo di fare la condivisione delle esperienze del mattino all’aperto; seduti su stuoie disposte in cerchio nel prato, ci accorgemmo che la gatta che di mattina era venuta a “conoscerci” si accovacciò esattamente al centro del nostro cerchio. Poco dopo incominciò a muoversi in modo strano e con stupore ci accorgemmo che era venuta a partorire proprio lì in mezzo a noi… stava mettendo alla luce tre gattini… Un etologo considererebbe questo un comportamento impensabile. È noto come le gatte si nascondano nel posto più sicuro per partorire e come per questo sia sempre difficile trovare i gattini appena nati… Dopo averci sentito respirare trovava forse che il luogo più sicuro e protetto era al centro del nostro cerchio?
Una cavalla molto curiosa
In campagna in Emilia, dove avevo delle proprietà, nelle belle giornate svolgevo i seminari all’aperto in un boschetto nel parco, dietro al vecchio palazzo di famiglia. Degli alberi secolari creavano un ampio spazio ombroso molto suggestivo e le persone del gruppo si sdraiavano in cerchio uno accanto all’altra con le teste verso il centro dove era stato scavato un dhuni (focolare indiano).

Per il parco durante il giorno si aggirava Scrambler, un’imponente cavalla irlandese mezzo sangue che una volta aveva avuto doti agonistiche ma che, ormai anziana, faceva una vita di tutto riposo dedita per lo più a pascolare libera tutto il giorno. Malgrado l’età aveva mantenuto il suo carattere focoso e schivo e se vedeva gente sconosciuta si allontanava in qualche angolo remoto del parco.
Al mio primo seminario, quando tutti sono presi dalla respirazione, vedo la cavalla sbucare dal folto della vegetazione e avvicinarsi al gruppo con grande interesse. Punta in particolare una signora che, ignara di quella presenza, continua assorta nella suo viaggio interiore. Pensando che, se avesse aperto gli occhI e si fosse trovata avanti quel testone che incombeva su di lei, quasi ad annusarla, si sarebbe spaventata, ho usato quello che è sempre stato il metodo infallibile per attrarre la cavalla: offrile una fetta d’anguria. Mi avvicino con la rossa fetta di cocomero… la cavalla si volta a guardare, ci pensa due secondi poi torna a fissare la persona che respira, la scena si ripete tre volte, ma dopo la terza sbirciata all’anguria sceglie di restare a fissare la signora in iperventilazione. Conoscendo la cavalla, se mi avessero raccontato questo suo comportamento non avrei potuto crederlo.
Altri animali… imprevidibili
In un’altra occasione tra le partecipanti c’era una signorina che aveva portato con sé il suo cane. Durante il seminario il cagnetto nero si sdraiò vicino alla padrona e a un certo punto si mise a respirare intensamente, con la pancia all’aria e gli occhi chiusi; e ogni tanto d’improvviso si scuoteva balzando su in modo comicissimo come litigasse con qualche invisibile presenza. Sempre nello stesso giardino in tanti anni non avevo mai visto uno scoiattolo, anzi, credevo non ce ne fossero proprio: invece durante un seminario uno scoiattolo si avvicinò sul ramo più vicino a noi. Rimase a lungo immobile con aria curiosa a fissare il gruppo che respirava.
Un’altra volta nei pressi di Sondrio, in un bosco vicino alle case a bassa quota, fu un capriolo (animale notoriamente molto schivo) a venire vicinissimo a guardarci respirare.
Molto più impressionante fu quanto mi capitò con un gruppo in India. Si era sulle colline dell’Himalaya in un ashram sperduto nella jungla. Ci sono molti animali selvatici attorno ma molto raramente si avvicinano all’uomo. Aquile, avvoltoi e altri rapaci si vedono volare alti nel cielo ma sempre lontani. Un giorno, con un gruppo decidiamo di respirare su di un ampio tetto. Un albero spoglio tende i suoi rami pochi metri da noi e appena il gruppo s’immerge nella respirazione, odo un gran sbatter d’ali e vedo che una grossa aquila è venuta a posarsi sul ramo che ci sovrasta. Il mio stupore si accresce quando vedo che nel giro di un quarto d’ora una varietà di altri rapaci di diverse specie e dimensioni si allineano sui rami come su dei trespoli a fissarci immobili. Un avvoltoio dal collo rosso e spelacchiato, una specie di grande falco scuro con un collare chiaro, una poiana marroncina e non ricordo gli altri. Mai ho visto tanti rapaci assieme neppure allo zoo! Poi come sono venuti a uno a uno se ne vanno. Nelle settimane successive siamo tornati a respirare sul tetto, ma, come se avessero soddisfatto la loro curiosità, non siamo stati più visitati da qui grandi volatili.
Certamente gli animali sentono qualcosa di cui l’uomo, schiavo del chiacchierio mentale, non è più cosciente. Da queste e altre esperienze simili mi pare sia evidente che quando entriamo in contatto con il nostro essere profondo, superando il mondo concettuale che ci imprigiona, il mondo animale pare stabilire un diverso contatto con noi: e ciò dimostra come possiamo realizzare un rapporto molto diverso con la Natura. Quando ci apriamo a essa, la Natura ci sente e ne sono un esempio mistici come San Francesco o Ramana Maharshi, che avevano una rapporto intimo e diretto con gli animali.
Il legame tra uomo e animale per Elémire Zolla
Da questo mio semplice racconto faccio un notevole salto di livello per riflessioni del legame tra uomo e animale citando le parole sagge ed erudite di Elémire Zolla che traggo da Filosofia Perenne e Stato Naturale.
“Ogni allenamento mistico insegna a rattenere la partecipazione a ciò che ci scorre davanti agli occhi, ci sfiora la pelle e ci colma l’olfatto. Si vorrebbe non farsi coinvolgere, anzi assimilarsi all’indifferenza del gatto, nel suo stato normale. S’inarca, si lecca, si atteggia in modo coerente e faceto; «è lui che gioca con me o sono io che gioco con lui?», domandava Montaigne.
In breve, l’animale ha una vita interiore più schietta dell’umana e quando subisce lo scatto della furia, non se ne compiace, non rinvanga il carico dei ricordi né fantastica. È naturalmente esente dal senso di colpa, salvo, raro caso, il cane avvilito dalla consuetudine con l’uomo. Nella Repubblica Platone afferma che l’uomo la cui natura funzionasse con la finalità armoniosa del cavallo sarebbe eccellente.

Impedisce d’intendere questa verità non un pensiero riflessivo ma uno sbarramento possente e inerte: l’”istinto”. L’etimologia della parola indica “ciò che si suggerisce”, quad instinguitur. Un significato che non dovrebbe mettere in ombra l’uguaglianza fra psiche animale e umana. L’unico fattore di distinzione umana sta nel compiacimento, quintessenza del vizio. Se l’istinto è una propulsione cieca, si applicherà all’esecuzione dell’artista rifinito, dell’artigiano entusiasta, del guerriero furibondo, del danzatore rapito, dell’innamorato. Ogni allenamento mira a rendere identici a fiere. La felicità completa altro non è che una condizione bestiale e la stessa ragione, quando sia assimilata, scatta per istinto: la giustificazione d’una sentenza è affidata a un giudice diverso da chi l’ha emanata.
Dire che agli animali comanda l’istinto, denota soltanto che si affidano a uno slancio abbandonato cui l‘uomo normale mira con tutto il cuore; sulla lapide di Lord Byron a Newstead, il suo amato cane terranova è descritto «bello senza vanità / forte senza insolenza / coraggioso senza ferocia», dotato di tutte e virtù, ma privo dei vizi umani.
L’animale è prossimo all’Uno più dell’uomo, perciò si trae profitto dalla sua osservazione; tutta la civiltà sciamanica è un tentativo di assimilarsi a esso e quando Bodhidharma introdusse lo zen a Shao Lin nel 527, insegnò ai discepoli l’imitazione fedele delle fiere, fino all’identificazione con le gru, trasformandoli in campioni di lotta. In Occidente Orfeo è il capostipite di chi s’accosta alle bestie e ne trae profitto, osservando i loro ingegni schietti e le loro menti aliene dal nostro scoppiettio d’immagini e pensieri”.
Per saperne di più
Elémire Zolla “Filosofia Perenne e Stato Naturale” – edizioni Marsilio
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