Una vita a colori

autumnL’estate finisce e le ore di luce diminuiscono, ahinoi. Ma la nostra vita può continuare a rimanere colorata. In questi mesi caldi, una volta di più, abbiamo tutti sentito la stanchezza di fine stagione, in negozio, in azienda e tra persone comuni. L’estate, diceva qualche buontempone, non è una stagione, ma uno stato d’animo.
Inizierò da questa simpatica provocazione per fare un ragionamento insieme a voi. Per via dell’aumento delle ore di luce e dell’allungamento fisiologico delle giornate, l’estate viene spesso associata alla leggerezza, al sorriso, alle vacanze (soprattutto in Italia dove ad agosto si ferma più di metà Paese contemporaneamente) e, in definitiva, ai colori.
Ecco, oggi, alle porte dell’autunno, vi propongo una maliziosa associazione fra il colore e un modo di essere. Diversi anni fa, in un convegno, suddivisi le aziende fra grigie e colorate. Per aziende grigie intendevo organizzazioni più o meno strutturate, in cui sciocchi e ottusi processi Bureauimposti dal di fuori governavano l’organizzazione, macchiavano l’anima degli uomini e, in definitiva, erano in grado di demolire anche la più robusta motivazione di una risorsa umana. Per aziende colorate, invece, intendevo strutture in cui i tanti processi necessari a qualsiasi organizzazione venivano creati ad hoc sulle esigenze dell’azienda stessa, su suggerimento di alcune risorse umane illuminate e venivano essi stessi riforniti proprio da quella motivazione umana che era, è e rimarrà sempre il carburante più potente che sia possibile concepire in azienda.

Una vita grigia o colorata?
La vostra vita o la vostra attività è grigia o colorata? La domanda non è poi così semplice. È manichea, innanzitutto, nel senso che impone la necessita di schierarsi, di dividersi tra “funziona” e “non funziona abbastanza”. Ma ancora una volta, come tante volte suggerito da queste pagine, non è la risposta che conta, ma conta farsi la domanda.
Tornate con la memoria a quando eravate motivati (ammesso che oggi non lo siate più). Cercate di ricordare quel livello di eccitazione perenne con il quale trascorrevate al lavoro e a casa la vostra giornata. Gli occhi sempre veloci e attenti ai dettagli, che cercavano di carpire tutti gli stimoli presenti intorno a voi. Provate a sentire sulla vostra pelle quelle sensazioni, quegli odori, quelle percezioni anche cinestetiche che coinvolgono spesso tutto il nostro corpo a iniziare dalla pelle.
Indian_pigmentsSono pronto a scommettere che, se riusciste in questo momento a chiudere gli occhi e tornare davvero a quei momenti, indipendentemente dal fatto che siano avvenuti un mese fa o dieci anni fa, sono certo che le immagini con cui ricordereste quelle sensazioni sarebbero a colori! È vero o no? Non è un caso, anzi. Eppure non è così scontato. La verità è che la nostra mente ha una predilezione particolare per i colori. Ne viene attratta in modo straordinario, tanto che da diversi anni è in voga l’analisi precisa, per esempio, dei colori con cui noi ricopriamo il nostro corpo attraverso i vestiti che indossiamo. Lo sapevate che esiste la Image Consultant anche conosciuta come Consulente d’Immagine? È una professionista che si occupa di studiare il vostro look in base a ciò che dovete fare. Qual è il colore più azzeccato per un colloquio di lavoro? E per una difficile negoziazione con un cliente ostico? I colori accesi simili al rosso risultano aggressivi alla percezione cognitiva della mente altrui, mentre i colori vicini al verde, beige e marrone sono molto più gentili. Questo solo per fare un esempio, il più banale. Se volete approfondimenti, chiedete alla mia amica Elisa Bonandini di Image Consulting, che mi segue a questo proposito in qualche evento live particolarmente complesso.

Sapete come vi percepiscono gli altri?
E voi? Vi siete mai chiesti che impatto abbia una persona entrando per la prima volta in casa vostra o nel vostro ufficio? Quali sono i colori che percepisce prima? E quelli che si affacciano alla sua mente dopo? Come vi vestite al mattino quando andate a lavorare? Potevate immaginare che anche questo dettaglio avesse un’importanza a livello di business?

Melanie Griffith, Harrison Ford e Sigourney Weaver in "Una donna in carriera", di Mike Nichols (1988).
Melanie Griffith, Harrison Ford e Sigourney Weaver in “Una donna in carriera”, di Mike Nichols (1988).

Ecco, queste sono solo alcune delle domande che ognuno dovrebbe porsi. Queste riflessioni servono per stimolarvi a pensare oltre il vostro giardino mentale, a buttare uno sguardo al di là della propria situazione. Non solo perché altrove possiamo trovare sempre risposte utili e stimolanti anche per il nostro business, ma anche e soprattutto perché distogliere lo sguardo dalle proprie cose serve per tornare su di esse con uno spirito rinnovato, più critico e più creativo. Anche queste valutazioni cromatiche fanno di una persona una realtà colorata anziché grigia.
Ma andiamo oltre. C’è un altro ingrediente fondamentale che può contribuire a rendere speciale una persona come voi: la capacità di proiettarsi sulla soluzione e non sul problema. Tempo fa, girava su Linkedin una vignetta gustosa che recitava: “Se non mi porti una soluzione, anche tu fai parte del problema.” Spesso la differenza la fa la capacità di ridere e far ridere, un’attività chiave per ogni buon comunicatore. Mi preme sottolineare qui l’utilizzo della risata liberatoria di fronte a un amico, un cliente o a una platea.

Far ridere, nella vita e sul lavoro
Saper far ridere è sicuramente una skill di pochi. C’è chi è dotato naturalmente di una carica comica e chi la conquista con enormi sacrifici e tanto lavoro su se stesso. La risata è stata studiata anche da un punto di vista psicologico e addirittura Sigmund Freud scrisse un saggio sulla barzelletta. Far ridere il nostro interlocutore è fondamentale per instaurare con lui un transfert positivo ed efficace. È molto utile durante la captatio benevolentiae, quel momento delicato in cui un oratore salta sul palco e ha pochissimi minuti, se non secondi, per conquistare la fiducia del pubblico. È stato studiato, infatti, che farlo con una risata aumenta incredibilmente la sua efficacia. Ecco spiegato il motivo per cui in molti provano a far ridere il pubblico appena iniziano a parlare. C’è un’unica controindicazione: non c’è cosa peggiore di un comunicatore che cerca di far ridere il pubblico e non ci riesce. Non viene percepito come simpatico e c’è il rischio che il pubblico diventi ostile.
ale.BergonzoniRicordo un incipit straordinario del grande paroliere Alessandro Bergonzoni (a destra). Appena entrato in scena in teatro, con il suo modo di parlare fintamente apatico e già divertente di per sé, disse: “Grazie, grazie. Devo confessare di essere molto felice di essere qui questa sera al Teatro Duse di Genova, anche perché avevo lo spettacolo ed essere a Livorno in piazza sarebbe stata una cavolata.” La platea, neanche a dirlo, gli diresse il primo di numerosissimi applausi lungo tutta la serata. Il para-verbale con cui l’aveva detto, cioè il modo vocale, certo aveva giocato una buona parte, ma l’effetto ridicolo di quanto disse era dovuto alla paradossalità del contenuto, vista la situazione, l’orario e il luogo.

Imparare a ridere
La risata, insegnano gli autori di Zelig, è un’equazione precisissima, fatta da un contenuto, dal modo di dirlo e dal ritmo. Ecco, il ritmo comico è quanto di più difficile da raggiungere. C’è chi è fortunato e ne è dotato alla nascita. Tutti noi abbiamo amici che definiamo “naturalmente simpatici” e che se raccontano un semplice aneddoto fanno ridere. Se lo raccontiamo noi ad altri amici, ci guardano con occhi storti.
Si può imparare a far ridere? Sì, effettivamente esistono anche dei corsi.
Il mio amico Cesare Gallarini, grande regista teatrale, che con grande pazienza nel 2004 mi ha diretto nel mio spettacolo Non c’è più l’ironia di una volta! al Teatro San Babila di Milano, ha tenuto per anni dei corsi di comicità, nei quali insegnava proprio questa difficilissima arte.
Ridete, fate ridere. O, per lo meno, cercate la risata. Vi aiuterà a colorare tutto quanto intorno a voi. E gli altri se ne accorgeranno subito! Comunichiamo amici, non è mai abbastanza!

Per saperne di più:
Roberto Rasia dal Polo, Conduci la tua vita! (il libro si trova a prezzo scontato su www.LikeNOone.com
Sito web: www.RobertoRasia.it

 

Melanie Griffith, Harrison Ford e Sigourney Weaver in "Una donna in carriera".
Melanie Griffith, Harrison Ford e Sigourney Weaver in “Una donna in carriera”, di Mike Nichols, 1988.

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Conduttore e formatore. In 15 anni ha presentato più di 500 eventi delle più importanti aziende. Dopo il diploma di attore teatrale conseguito a Genova, nel 1999 si è trasferito a Milano, dove per 10 anni ha lavorato a Radio24. Ha condotto 800 ore di programmi tv sulla piattaforma SKY, collaborando con Mediaset e RAI. Tiene corsi di formazione dedicati al Public-Speaking, alla Vendita Efficace e alla Manipolazione Linguistica. Giornalista dal 2002, è autore di "Toys for Boys" (Swan Group ed.), "Tre cose che" (12punt6) e "Occhio, ti manipolo!" (Gaffi ed.). Siti web: http://www.robertorasia.it/ e www.LikeNOone.com