Nell’immenso e affascinante meccanismo cosmico delle entrate e uscite da questo mondo, vi sono persone che “non devono” morire. Il loro compito si deve svolgere a tutti i costi e anche in quei momenti in cui pensi siano gli ultimi della tua vita, talvolta accade qualcosa all’improvviso che ribalta la situazione a tuo favore, salvandoti. L’uomo deve essere in grado di riconoscere i segnali o le voci che giungono nitide nella sua mente e soprattutto dare loro ascolto senza pensarci o perdere tempo. Esattamente come accadde tanti anni fa al papà di una mia carissima amica di nome Elisabetta.
Salvato in extremis
Pietro Reggio nasce a Savona del 1925, prematuro. I medici annunciarono ai genitori che non si sarebbe potuto salvare. Il medico condotto della famiglia Reggio tentò un’operazione disperata e costruì una specie di incubatrice con dei bottiglioni in vetro e del cotone cercando di salvare la vita al bimbo. Passarono così ore angoscianti sostenute dalle preghiere della famiglia di Pietro. La tenacia del medico fu premiata e infatti il bimbo si salvò. Pietro ebbe una vita in piena salute senza mai ammalarsi (merito dell’incubatrice?). Oggi ha 90 anni, una bella età. Ma il suo destino aveva in serbo altre sorprese per lui e, nonostante i suoi anni più belli fossero stati segnati dalla terribile esperienza della guerra, Pietro si rende conto dei doni che aveva ricevuto anche in quei terribili mesi. A soli 18 anni fu preso dai tedeschi e deportato sia in Germania che in Polonia nei campi di concentramento, dove accaddero fatti straordinari che gli salvarono la vita.
Il primo accadde durante la sua prigionia in Germania, dove lavorava in una fabbrica installata nel campo di concentramento. Un giorno il campo venne bombardato dagli aerei americani e i tedeschi, per salvare la forza lavoro della fabbrica, ordinarono a tutti i prigionieri di rifugiarsi in un altro capannone. Pietro, in quello stesso momento, sentì una voce che gli disse di non andare in quel rifugio, ma di scappare in mezzo alla campagna. Pietro aveva paura di andare all’aperto, pensando che lì sarebbe stato più facile morire; ma la voce fu talmente insistente che lui seguì l’indicazione. Dopo pochi secondi, il rifugio dove si erano recati tutti gli altri fu bombardato e perirono tutti. Nessuno si salvò. Osservando il capannone che saltava in aria con dentro i suoi compagni, Pietro si inginocchiò facendosi il segno della croce in mezzo ai campi.
Un vecchio scarpone perso per strada
Ma le sue peripezie non sono finite. Qualche tempo si trova in campagna in Polonia. Mentre corre a perdifiato insieme a molti altri compagni di lavoro per raggiungere un treno che li avrebbe deportati in un altro campo, Pietro perde uno scarpone molto largo (lo aveva preso da un suo compagno morto), ma nonostante fosse di vitale importanza per non ghiacciarsi i piedi e per berci dentro, lui continua a correre senza darsene cura. Ecco che una voce gli ordina in modo autoritario di tornare indietro e prendere lo scarpone. Pietro non le dà ascolto, ma la voce insiste in modo perentorio e gli ordina di fermarsi e di tornare a recuperare lo scarpone. Rendendosi conto che con il piede scalzo avrebbe presto avuto seri problemi, decide di tornare indietro sui suoi passi alla ricerca dello scarpone mentre i compagni salgono sul vagone. Dopo pochi secondi appare un bombardiere americano e colpisce il treno: tra boati e fiammate, muoiono tutti. Inebetito, con in mano lo scarpone ritrovato, Pietro osserva l’enorme esplosione in mezzo ai campi e si salva ancora una volta.
Nella fabbrica dove lavorava, i kapò mettevano sulle stufe le pentole contenenti il loro cibo per riscaldarlo. Una mattina dovettero abbandonare in fretta e furia la fabbrica a causa di un’incursione aerea nemica. La confusione è grande e mentre tutti scappano, un kapò prende Pietro e lo rimanda indietro alla fabbrica per recuperare la sua pentola lasciata sul fuoco. Pietro si rifiuta, non ci vuole andare, lo supplica di non mandarlo, ma il kapò lo minaccia con la pistola in pugno: se non ci fosse andato, lo avrebbe ammazzato lui stesso. Pietro sente la voce che gli dice di andare e, con il cuore in gola, corre più forte che può a recuperare la pentola. Entra in fabbrica e sente un enorme scoppio; il rifugio dove tutti erano andati, incluso il suo aguzzino, era saltato in aria uccidendo tutti. Pietro non solo si salvò la vita ma, con calma si sedette a terra e, nascosto, si fece una bella mangiata imprevista.
Predestinazione e libero arbitrio
In questa straordinaria storia si può cogliere un messaggio importante. Noi abbiamo il libero arbitrio e possiamo prendere le decisioni che desideriamo. Se Pietro non avesse ascoltato il suo animo più profondo, probabilmente non avrebbe dato retta a quelle voci e sarebbe morto da molto tempo. La ragione, la logica, i condizionamenti e gli altri esseri umani ci portano sempre lontano dalla nostra vera essenza a noi solo conosciuta. Quando l’agire è dettato dal sentire, non sbaglieremo mai strada. La vicenda di quest’uomo, oggi novantenne, è l’esempio più bello che si possa immaginare che quando diamo retta ai messaggi che ci vengono trasmessi, siamo protetti e non abbiamo nulla da temere. La volontà divina si allinea con quella terrestre e tutto si svolge secondo il programma. Le incredibili vicende che hanno salvato la vita a Pietro, dimostrano inoltre che occorre avere fiducia in ciò che sentiamo e non lasciarsi trascinare altrove per insicurezza o debolezza. Anche quando la scelta dettata dal sentire in prima battuta risulta infelice o errata, occorre resistere e attendere lo svolgere degli accadimenti. Non esistono errori ma solo esperienze. Tutto è esperienza e i percorsi dolorosi sono forieri di finali con la luce e la beatitudine, ovunque essi portino. Allinea il tuo corpo fisico con quello mentale e infine quello spirituale. Volerai come mai avresti immaginato.
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