
A Palazzo Reale oltre 200 opere rappresentano il corpus storico del suo percorso artistico, organizzato per blocchi di lavori. Una parte è dedicata al tema dell’identità, a partire dai famosi Dichiaro di non essere Emilio Isgrò (1971) e L’avventurosa vita di Emilio Isgrò nelle testimonianze di uomini di stato, artisti, scrittori, parlamentari, attori, parenti, familiari, amici, cittadini (1971), fino al più recente Dichiaro di essere Emilio Isgrò (2008).
Il rapporto tra la parola e l’immagine
La sezione che indaga il rapporto tra la parola e l’immagine mostra un procedere affine alla poesia visiva, di cui Isgrò è stato uno dei massimi esponenti, in cui l’autore cancella l’una e l’altra, per opporsi al loro abuso con spirito critico e ironico.

Come in Jaqueline (indicata dalla freccia) si china sul marito morente (1965), in cui una freccia che indica la collocazione invisibile dell’immagine sottratta alla vista, ma dichiarata. O il divertente Trittico della Rivoluzione culturale (1973), in cui la presenza dei protagonisti storici della Rivoluzione cinese è evocata sotto una stesura uniforme di colore giallo: Chou En-lai (a destra) sorride nel giallo vestito di giallo. Mao Tse-tung (al centro) si desta nel giallo vestito di giallo. Lin Piao (a sinistra) muore nel giallo vestito di giallo (1973). Una modalità originale e unica che rivela il senso nel paradosso fulminante.
Le installazioni più famose

Infine nelle sezione dedicata alle installazioni sono state ricostruite alcune tra le opere più famose, tra cui: Installazione-partitura per 15 pianoforti, immersa nella penombra rischiarata da luci puntate sulle note volanti dei fogli bianchi delle partiture (1979); L’ora italiana, in cui una serie di 20 orologi scandisce il tempo di un’Italia a diversi livelli e velocità (1985), Guglielmo Tell, presentato alla Biennale di Venezia del 1993 a L’oro della Mirandola. Cancellature per Giovanni Pico (vedi Karmanews, articolo di gennaio 2015).
Alla ‘Casa del Manzoni’ Isgrò è intervenuto su 25 volumi (+10) dei Promessi Sposi con una grande installazione e alle ‘Gallerie d’Italia’ ne L’occhio di Alessandro Manzoni l’artista cancella il famoso ritratto di Hayez.
Su tutto emerge la cifra della cancellatura: cancellatura della parola e dell’immagine che nell’atto di cancellare ne evidenzia e recupera il senso e il valore etico, come nel recente Cancellazione del debito pubblico (2011). Un procedere che offre al visitatore “il divertimento e il piacere della conoscenza che” dice Isgrò “sono gli elementi che avvicinano all’arte. L’arte che fa soffrire non mi interessa. L’arte, anche quando parla dei problemi gravi, deve creare leggerezza”.
Per saperne di più:
Vedi anche: Isgrò, i colori della sapienza
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