Non è di mia competenza

woman-mountaintopQuante volte abbiamo sentito dire questa frase? Quante volte – ammettiamolo – ci è scappata in famiglia, in azienda o in un negozio dove lavoravamo? Ai miei occhi di formatore e comunicatore si tratta di una patologia vera e propria. Non solo questa è una frase psicologicamente limitante, ma porta con sé un universo di significati che spesso riducono concretamente la serenità della coppia, in famiglia o le performance di un’intera attività commerciale.
Il tema vero è proprio quello del gruppo, con una distinzione forte fra Team-Building, che è materia dei leader e significa capacità di costruire intorno a sé e mantenere un gruppo di lavoro e Team-Working, che invece è pane quotidiano di qualsiasi gruppo di lavoro in qualsiasi attività imprenditoriale (per esempio, una famiglia o un gruppo di lavoro orizzontale).

Quando 1+1 fa 3
Questo “lavorare in team” ha assunto un significato superiore a qualsiasi aspettativa fino a pochi anni fa. Per questo motivo, con un gioco intellettuale non difficile, vi chiedo lo sforzo di visualizzare una famiglia come un gruppo di lavoro. Niente di più e niente di meno. Se il titolare di un negozio e il suo dipendente valgono come la somma dei propri singoli valori, quello non è un team di successo. Perché tanto vale che stiano a casa e facciano ognuno il proprio lavoro, senza avere anche gli oneri di costruire un team (perché di oneri si tratta), di gestirlo e farlo durare.
Dunque, qual è un team di successo che si possa vantare di essere tale? team.di.successoÈ quello in cui l’unione di un titolare, per rimanere nel nostro facile esempio, e il suo dipendente sviluppano nel lavorare insieme un’armonia tale, che il valore del loro risultato professionale sia superiore alla somma dei singoli fattori. Con un’immagina matematica facilmente comprensibile, il team che funziona è quello in cui 1 + 1 fa 3 e non solamente 2. Bello da dirsi, ma difficile da farsi. Certo, perché questo si realizzi bisogna trovare le risorse giuste (ecco l’importanza del selezionatore in un’organizzazione di lavoro), saperle motivare con un ingrediente che i due studiosi americani Elton e Gostick hanno definito Engagement e, poi, farlo durare nel tempo, la vera sfida di ogni imprenditore.
In tutto questo capirete facilmente quanto conti saper comunicare. Ancora una volta nei nostri ragionamenti si torna lì, alla consapevolezza di come si comunica, di come si utilizza il più potente mezzo a nostra disposizione. Ancora una volta è il come che conta ancora prima del cosa.
La dinamica fortemente limitante in cui una risorsa di un’attività commerciale si sente accusare di una colpa che non sente propria e scarica su altri l’accusa è quanto di più comune si possa trovare sia in famiglia che in azienda. È giusto che quella risorsa si comporti così? Dal punto di vista della formazione comportamentale no e cercherò di spiegarlo.

Assunzione delle responsabilità e migioramenti
Se la premessa dell’1+1 = 3 viene accettata, la singola risorsa umana non potrà più essere considerata come un’isola a sé stante all’interno di un’organizzazione, ma sarà parte integrante di quell’organizzazione. Mantenendo però le proprie peculiarità personali, che evitano a quell’azienda di diventare una fabbrica di automi uguali gli uni agli altri. Come si può concretizzare questo “sentirsi parte” di un’organizzazione? Assumendone il punto di vista, sposandone i valori, partecipando attivamente alla creazione di quella cultura che pare oggi essere la skill principale di chiunque voglia essere protagonista.
Business people holding each others hands in a circleA quel punto, allora, la cartaccia buttata per terra dal cliente maleducato di un bar verrà raccolta con tanta solerzia dal dipendente del bar quanto dal suo proprietario. Fin qui la teoria. Sugli aspetti di miglioramento si può lavorare portando a casa risultati egregi. È sull’assunzione delle responsabilità che, invece, quasi tutte le organizzazioni complesse fanno acqua.
Ripeto, fin qui la teoria che già ci viene in aiuto con una visione che parla di organismo unico e non di titolari e dipendenti. Passando poi alla pratica, siamo consci che molte teorie e molte strategie saltino, ma l’obiettivo di una famiglia o di un’attività commerciale non è e non dev’essere quella di essere perfetta, se no andrà incontro a molte frustrazioni e fallimenti. Al contrario, il faro che guiderà i titolari e i dipendenti dovrebbe essere quello di sentirsi tutti parte della stessa realtà, quella di un bar con i lavabi ben asciugati. Vi rendete conto di che effetto avrebbe sul dipendente se la prima volta il titolare si alzasse le maniche di camicia e si mettesse ad asciugare i lavabi senza proferire verbo?
Comunichiamo, gente. Non è mai abbastanza!

Per saperne di più:
“Conduci la tua vita!”, il libro di Roberto Rasia dal Pol, è sul sito http://www.LikeNOone.com (a 12€, comprese spese di spedizione).

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Conduttore e formatore. In 15 anni ha presentato più di 500 eventi delle più importanti aziende. Dopo il diploma di attore teatrale conseguito a Genova, nel 1999 si è trasferito a Milano, dove per 10 anni ha lavorato a Radio24. Ha condotto 800 ore di programmi tv sulla piattaforma SKY, collaborando con Mediaset e RAI. Tiene corsi di formazione dedicati al Public-Speaking, alla Vendita Efficace e alla Manipolazione Linguistica. Giornalista dal 2002, è autore di "Toys for Boys" (Swan Group ed.), "Tre cose che" (12punt6) e "Occhio, ti manipolo!" (Gaffi ed.). Siti web: http://www.robertorasia.it/ e www.LikeNOone.com